Gli ignoti sono la grande maggioranza dei Caduti
L’Italia, dopo il 4 novembre 1918, conclusi i naturali festeggiamenti per la felice conclusione del conflitto, si trovò a dover risolvere una marea di problemi militari, sociali e politici di cui non aveva la minima esperienza. I costi sostenuti dalle famiglie italiane presentavano dati drammatici: 680.000 caduti, 984.000 feriti, quasi 200.000 tra mutilati e invalidi. In particolare le famiglie dei caduti in guerra anelavano che ai propri cari fosse data una dignitosa sepoltura nei rispettivi paesi natii.
Nel luglio del 1920, un ufficiale dell’esercito, il colonnello Giulio Douhet, uno dei maggiori artefici dell’aviazione militare italiana, lanciò l’idea di onorare i sacrifici e gli eroismi della collettività nazionale nella salma di un soldato sconosciuto “simbolo della grandezza di tutti i soldati d’Italia, segno della riconoscenza dell’Italia verso tutti i suoi figli, altare del sacro culto della Patria”.
Nel maggio 1921 dopo che le elezioni avevano portato alla formazione di un governo presieduto da Ivanoe Bonomi, nei due rami del Parlamento venne presentata una proposta di legge, che approvata l’11 agosto 1921, affidava al ministro della Guerra il compito di designare ed onorare la salma del caduto senza nome.
Già il 20 agosto, il Ministro Gasparotto, un civile volontario di guerra e pluridecorato al valor militare, fu in grado di emanare le prime disposizioni organizzative circa le “solenni onoranze da tributare alla salma senza nome di un caduto in combattimento sul fronte italiano nella guerra italo austriaca 1915-18”, che, per prima cosa, prevedevano la nomina di una Commissione incaricata di procedere all’esumazione di 11 salme senza nome nei “tratti più avanzati” dei principali campi di battaglia. Le 11 salme dovevano essere sistemate in altrettante casse di legno grezzo, di uguali dimensioni, fatte realizzare a Gorizia.
Il 3 ottobre le ricerche ebbero ufficialmente inizio nel cimitero di guerra nella zona di Rovereto, dove si trovavano i resti di 3800 soldati ignoti. Le stesse operazioni vennero ripetute sul Pasubio, sull’Ortigara, sul Monte Grappa, sul Montello, a Cavazuccherina (oggi Jesolo), sul Cadore, sul Monte Rombon vicino a Caporetto, sul Monte San Marco nei pressi di Gorizia, a Castagnevizza e sul Monte Hermada.
La mattina del 27 le bare vennero sistemate nei cassoni di 11 autocarri e si formò la colonna dei mezzi diretti ad Aquileia. Giunte alla Basilica vennero posizionate ai lati dell’altare, avvolte nel tricolore con sopra un elmetto da fante
La mattina del giorno 28, dopo la solenne celebrazione tenuta dal vescovo castrense, quattro Medaglie d’Oro al Valor Militare si recarono allora presso le madri e le vedove di guerra per accompagnare verso le undici casse Maria Bergamas, madre di Antonio, del 137° reggimento fanteria, caduto sul Monte Cimone ed il cui corpo non fu possibile rintracciare. Il Tenente Tognasso, testimone prezioso di quei momenti così descrisse l’ultimo atto: “trascinandosi a fatica …..trattenendo il respiro giunse di fronte alla penultima, davanti alla quale lanciando un grido acuto…chiamando per nome il suo figliolo…cadde prostrata…abbracciando con passione quel feretro”.
Nel pomeriggio la bara venne trasportata alla stazione di Aquileia e sistemata su di un affusto di cannone ancorato al pavimento della carrozza feretro.
L’indomani iniziò il lungo viaggio verso Roma, facendo tappa nelle città di Udine, Venezia, Bologna, Arezzo. Nel frattempo giungevano nella Capitale le bandiere ed i labari di tutte le unità che avevano preso parte alla Grande Guerra.
Il convoglio giunse a Roma Termini la mattina del 3 novembre, accolto dal re Vittorio Emanuele III, e il Milite Ignoto posto su un affusto di cannone e scortato da Medaglie d’Oro al V.M. fu trasportato in Santa Maria degli Angeli.
Il giorno successivo si formò il grande corteo che percorrendo Via Nazionale arrivò il Piazza Venezia. Il feretro, portato da quattro decorati, salì lentamente la scalinata e venne deposto sulla pietra tombale, sotto la statue della Dea Roma. Il Re pose sulla bandiera che avvolgeva il sarcofago la MOVM che egli stesso aveva concesso con la seguente motivazione:
“Degno figlio di una stirpe prode e di una millenaria civiltà, resistette inflessibile nelle trincee più contese, prodigò il suo coraggio nelle più cruente battaglie e cadde combattendo senz’altro premio sperare che la vittoria e la grandezza della patria”
Entrarono in azione gli argani e la bara contenente le spoglie del Soldato sconosciuto scomparve lentamente dietro alla lastra di marmo che definitivamente si chiuse.
Erano le 10.36 del 4 novembre 1921.