Nell’autunno del 1942 l’ARMIR, guidata dal generale Italo Gariboldi, contava circa 230.000 uomini e 940 cannoni.
Al sopraggiungere dell’inverno 1942 l’ARMIR era per intero schierato sul corso del fiume Don per un tratto di fronte lungo circa 270 km: da nord a sud il Corpo d’Armata alpino (divisioni Tridentina, Julia e Cuneense con alle spalle la divisione di fanteria Vicenza), il II Corpo d’Armata (divisioni di fanteria Cosseria e Ravenna) ed il XXXV Corpo d’Armata (ex CSIR, divisione di fanteria Pasubio e 298ª divisione di fanteria tedesca), il XXIX Corpo d’Armata tedesco (divisioni di fanteria Torino e Celere, Legione Croata, 62ª divisione di fanteria tedesca e divisione di fanteria Sforzesca.
L’Armata Rossa, dopo aver effettuato una prima offensiva atta ad accerchiare la 6ª Armata tedesca a Stalingrado, ne effettuò una successiva dal 16 dicembre contro le linee tenute dal II Corpo dell’ARMIR. Il primo attacco russo proveniente dal saliente di Verchnij Mamon fu respinto, ma il 17 dicembre i sovietici impiegarono le loro truppe corazzate e l’aviazione, travolgendo le linee della divisione Ravenna, obbligandola alla ritirata. Il 19 dicembre le avanguardie corazzate sovietiche avevano già raggiunto Kantemirovka, a 40 chilometri all’interno delle linee italiane; trenta chilometri più a sud raggiunsero Chertkovo, e il 21 dicembre le due colonne russe provenienti da nord e da est si incontrarono a Degtevo, a circa settanta chilometri a sud di Sukhoy Donets, chiudendo di fatto il XXXV Corpo d’armata italiano e il XXIX Corpo d’Armata tedesco in un’immensa sacca.
Le truppe furono così costrette a cercare una via di fuga dall’accerchiamento a piedi; le divisioni di fanteria dell’ARMIR, composte da migliaia di uomini, finirono in gran parte annientate, falcidiate dalla fame e dal freddo. L’offensiva sovietica non coinvolse il Corpo d’Armata alpino che continuò a tenere le sue posizioni sul Don. La Divisione Julia fu sostituita sulla linea dalla Divisione Vicenza e si schierò, insieme al XXIV Corpo d’Armata tedesco, sul fianco destro, lasciato scoperto dalla disfatta del II Corpo. La Julia si attestò sul fiume Kalitva, dove si dissanguò in continui combattimenti per mantenere il fronte. Intanto sul Don, i sovietici apprestavano la seconda fase dello sfondamento.
Il 12 gennaio 1943 i sovietici diedero il via all’offensiva Ostrogorzk-Rossosch, travolgendo la 2ª Armata ungherese, schierata a nord del Corpo d’Armata alpino. Il giorno seguente investirono i resti delle fanterie italiane schierate sull’esile fronte tra la confluenza Kalitva-Don a nord e Kantemirovka a sud, puntando a ovest su Rovenki, dove erano trincerati i resti della Cosseria, e a nord-ovest sulla città di Rossosch dove era schierato il Battaglione Alpini Sciatori “Monte Cervino” articolato in due compagnie sciatori e una armi di accompagnamento. Il battaglione fu definitivamente annientato. Il 15 gennaio una ventina di carri armati sovietici penetrarono nella città ma furono respinti subendo la perdita di dodici carri. Il 16 gennaio e i giorni seguenti nella difesa del comando Corpo d’Armata Alpino, il “Monte Cervino”, completamente circondato ed esaurito il munizionamento, contrattaccò con bottiglie Molotov e all’arma bianca. Gruppi sparsi di alpini continuarono a combattere cadendo o venendo fatti prigionieri quasi tutti. Di quelli presi prigionieri solamente quindici ritornarono dai campi di prigionia.
Nella primavera del’1943 i superstiti del reparto furono rimpatriati in Italia. Giunti ad Aosta, il reparto fu insignito della Medaglia d’oro al valor militare e poi sciolto.
«Battaglione di alpini sciatori, fusi in un granitico blocco di energie e di arditismo alpino, in dodici mesi di campagna russa ha dato ininterrotte prove di eccezionale valore e di ineguagliabile spirito di sacrificio, Incrollabile nella difesa, impetuoso e travolgente nell’offesa, ha sempre raggiunto le mete indicategli. Nella grande offensiva invernale russa scrive fulgide pagine di gloria. Sostiene per primo l’urto di imponenti masse di fanteria sostenute da unità corazzate che hanno travolto la resistenza del fronte; le contiene con una difesa attiva ed ardita, le inchioda al terreno fino a quando arrivano rinforzi che gli consentono una tregua dopo un combattimento di due settimane compiuto senza soste, senza riparo, in condizioni di clima eccezionalmente avverso. Accerchiato da forze agguerrite di fanteria e blindate, benché ridotto a pochi superstiti in buona parte feriti, congelati ed esausti, sostiene una lotta disperata e col valore di tutti ed il sacrificio di molti, riesce a rompere il cerchio di ferro e di fuoco. in seguito continua a marciare nella sterminata pianura nevosa, supera tutti gli ostacoli che si frappongono al suo andare, tiene in rispetto il nemico che lo incalza, e, sparuta scolta, raggiunge le linee alleate in un’aureola di vittoria uguale a quella delle più alte tradizioni alpine e della Stirpe.» Olkowactka – Quota 176 – Klinowiy – Brody – Jahodnj – Jwanowka – Quota 204 – Kolhos Selenjar – Rossosch – Olikowatka (Russia), febbraio 1942- febbraio 1943.