Giovanni Cecini
Intervista a Marzio Lauto, vicepresidente dell’Associazione culturale Stella Errante, che si occupa di viaggi storico-militari.
In relazione a un interesse di nicchia, ma con l’andare degli anni sempre crescente, il turismo attinente alla storia militare è un fenomeno caratteristico di un’esigenza culturale ben precisa, che unisce a sé il ricordo personale dei reduci con la memoria da trasmettere alle giovani generazioni. Ne parliamo con Marzio Lauto, operatore del settore, che da ormai molti anni dedica la sua attività all’organizzazione di viaggi a carattere storico-militare in Italia e all’estero per un’associazione culturale dal nome Stella Errante.
Buongiorno Marzio, come nasce l’idea di Stella Errante?
L’idea di Stella Errante nasce tra un gruppo di amici, nel campo della cultura e delle scienza, con il proposito di organizzare viaggi ed escursioni particolari, con un tema portante, che sappiano trasmettere qualcosa in alternativa alla vacanza tradizionale. Fare quindi didattica in modo piacevole, come può esserlo facendo un viaggio. Metterci dentro, in maniera delicata, non barbosa quella memoria di quanto successo. Si chiama Stella Errante in relazione al nostro Pianeta, perché a differenza delle altre stelle “fisse”, la Terra si muove. Infatti oltre a viaggi di argomento storico e di rievocazione militare, ci occupiamo anche di astronomia, sempre alla ricerca di itinerari e luoghi speciali per conoscere il nostro Pianeta e la Natura che ci accompagna nella nostra vita.
E’ ancora attuale il turismo verso i luoghi di battaglie avvenute ormai 70-100 anni fa?
Direi di sì, perché scopriamo sempre di più che le persone hanno desiderio di trovare nel viaggio un qualcosa di maggior spessore, non la solita confezione prestabilita. Ritrovare qualcosa di personale, qualcosa che ci possa far ricordare o ci farà ricordare un’emozione, un episodio, un avvenimento a noi caro o che semplicemente ci ha colpito. Noi siamo per prenderci il tempo per quello che è, senza forzare la mano in frettolose occasioni, che il più delle volte si rilevano generiche, superficiali e di conseguenza incomplete. I viaggi low cost, quelli mordi e fuggi, spesso sono ricercati per la loro semplicità e per i costi bassi, però una volta che si prova un viaggio di questo tipo, anche e soprattutto per spendere poco, c’è al ritorno a casa il bisogno di trovare un viaggio che possa dare qualcosa di più. E’ tipico andare in vacanza in un posto esotico o addirittura in una località unica nel suo genere e poi accorgersi di non aver saputo cogliere nulla dalla storia o dalle tradizioni del luogo stesso della vacanza.
Cosa accomuna le due facce di Stella Errante, quella più storica da quella astronomica?
La scienza, nelle sue più ampie accezioni, va a braccetto con diversi campi, quindi va a braccetto con la nostra attività, che ha come proposito quello di fare turismo consapevole del dove e del quando. Il dove è espresso dall’astronomia, il quando dalla storia. Noi ci consideriamo come dei sarti che cuciono un vestito su misura, ossia la storia di un viaggio che porti al visitatore prima, durante e dopo un qualcosa di diverso dal convenzionale. In questo la scienza, l’astronomia e la storia hanno forti legami di parentela.
Chi è il partecipante tipo di questi viaggi – se ne esiste – e perché fa questa scelta di turismo, che direi impegnativo sotto ogni punto di vista?
Sono d’accordo. E’ impegnativo durante tutto lo svolgimento del viaggio stesso, perché in breve tempo, nell’arco di una settimana si devono visitare più località. Si concentrano diverse esperienze, che possono appunto essere quelle dei luoghi dei campi di battaglia, spesso distanti da città e dal flusso turistico tradizionale. Ma proprio per questo, la necessità di ripercorrere spazi e momenti, che possano far rivivere a determinate persone il ricordo di esperienze passate, inquadra il partecipante tipo, non tanto dai pochi reduci ormai rimasti quanto dai loro figli e nipoti e dai tanti appassionati di storia con le proprie rispettive famiglie. In questo modo si annoda la storia intima, con delle persone che hanno vissuto gli avvenimenti e tutti gli altri che invece la conoscono indirettamente o ne vengono a conoscere l’esistenza solo in occasione del viaggio stesso. Per esempio negli anni Novanta vi erano molti reduci che intorno ai 70 anni di età, prima di morire, erano interessati a visitare la regione del fiume Don, con la speranza di rivivere le proprie esperienze giovanili. Oggi in parte è diverso. I reduci, per ragioni che potremmo dire anagrafiche, sono sempre di meno e quindi molto spesso sono le stesse famiglie, attraverso l’associazionismo militare, che spinti dal desiderio di scoprire la storia dei luoghi, promuovono un itinerario o una zona, che possa immergerli nei ricordi dei propri cari.
Quali sono le mete più richieste?
Lavorando noi in base alle esigenze di chi ci richiede il viaggio, abbiamo un ventaglio di proposte, che direi inesauribile. Di recente, come in passato, abbiamo avuto molte richieste per la Russia, soprattutto nei luoghi dove hanno combattuto gli italiani, la zona della Normandia per via degli sbarchi alleati, il sacrario di El Alamein. Per quanto riguarda invece la Prima guerra mondiale le località più d’interesse sono Verdun e Redipuglia, non escludendo però l’intera zona del Carso, ricca di spunti interessanti di visita.
Marzio tu sei friulano, che significato ha parlare ancora oggi di Redipuglia?
Io sono di Grado e dalle finestre della casa paterna vedo la scalinata del Sacrario, quindi sono spesso immerso nel clima delle trincee di allora. Noi come Stella Errante collaboriamo con molte delle realtà che si occupando dei luoghi di interesse storico-militare, in particolare con la Proloco di Fogliano-Redipuglia, che gestisce i luoghi della Grande Guerra sul Carso. Il rispetto per il passato e la memoria dei caduti è molto forte in quella zona, che ha sofferto momenti difficili e grandi sacrifici umani e materiali. Per questo hanno sistemato molti spazi, che sono divenute aree espositive e hanno reso visitabili le trincee. D’estate fanno degli spettacoli nelle trincee con rievocazioni in costume. Riescono poi a valorizzare il loro patrimonio storico con visite guidate specifiche secondo richiesta. Forte in me è ancora l’emozione quando mi reco in questi luoghi che ricordano tanta sofferenza.
Parlando di sofferenza, non possiamo sottrarci dall’accennare al dovere della memoria e del ricordo. Quanto sono importanti i concetti di memoria e di ricordo in questo tipo di viaggi?
Entrambi sono concetti che acquistano sempre più valore e noi, che siamo un’associazione dedicata, siamo i primi ad esserne consapevoli. Le vicende umane vanno a cicli e oggi abbiamo la necessità di rapportarci con il recente passato, anche con quello più triste, con quello che, suscitando in noi anche dolore, ci rende sensibili di fronte alle esperienze della guerra e della morte, che nostro malgrado accompagnano la vita umana di tutte le generazioni. Come padre sento che la responsabilità della trasmissione della memoria è fondamentale, anche perché molto spesso i giovani sono in balia di comunicazioni distorte o assuefatti dalla ricerca sfrenata del futuro, dimenticando il patrimonio offerto invece dal passato.
Hai introdotto un elemento fondamentale, parlando di rapporto tra generazioni. Ti chiedo quindi se i giovani partecipano a questi viaggi?
Per esperienza non molti giovani fanno viaggi di gruppo, perché vogliono divertirsi e basta e in maniera quasi individuale. Noi stiamo percorrendo la strada di proporre viaggi di gruppo per i giovani cercando di coniugare un sano divertimento con vari momenti di indagine scientifica e storica. Comunque nei viaggi a tema e di gruppo, che ci vengono richiesti, c’è sempre una buona percentuale di ragazzi giovani, proprio perché trascinati dall’interesse del “tema”, sia esso un’osservazione di un’eclisse solare che la visita ad un sacrario militare.
Quindi le giovani generazioni pur spendendo poco viaggiano con più cervello?
Sì, questa è la fotografia che emerge e noi proprio a quei giovani vogliamo rivolgerci, cioè a tutti coloro che sono interessati a “temi” culturali.
Qual è la vostra risposta a questa esigenza, come operatori professionali del settore?
Mossi da un desiderio didattico, ci siamo dati questa missione, di fare diventare il viaggio una vera esperienza culturale, confrontandoci spesso con il mondo della scuola e delle associazioni.
E le loro reazioni? I giovani si sentono affascinati da quel che voi proponete?
Le loro reazioni sono sorprendentemente positive. I giovani si avvicinano ai nostri viaggi sia perché spinti da un interesse tematico già presente in loro, sia perché attraverso un percorso di attività, come conferenze o lezioni, da noi organizzate come associazione, nasce spontaneo in loro il desiderio di visitare alcune mete.
Con questo modo di viaggiare rafforziamo le sensibilità e le curiosità del giovane nate nella famiglia e nella scuola.
È un filone complesso e delicato che deve essere percorso in maniera saggia.
Le prossime mete? Il turismo storico-militare dove arriverà da qui a dieci anni?
Non vorremmo andare in luoghi nuovi di guerra, anche se ogni giorno leggiamo fatti bellici, che rendono la guerra attuale. Vorremmo tornare nei luoghi tradizionali, anche se ci piacerebbe affrontare il discorso Vietnam, magari visitando Cu Chi, la famosa città sotterranea scavata dai vietcong. Altre mete affascinanti sono quelle legate alle battaglie nordamericane, Gettysburg in particolare. Il proposito rimane sempre quello di proporre itinerari che possano essere di monito, immaginando me stesso a distanza di anni. Da bambino, di guerra ne ho sentito parlare molto, ma per molto tempo sempre in relazione a fatti o luoghi lontani. Mio padre è morto centenario pochi anni fa. Era rimasto orfano a 13 anni. Suo padre era morto in trincea. Io dai racconti sentivo della guerra e pensavo che i conflitti non ci sarebbero più stati, dopo gli esempi abbastanza recenti delle due guerre mondiali appena trascorse. Mi domandavo chi volesse andare a fare la guerra se ci sono ancora delle ferite fresche sanguinanti in famiglia. Eravamo in pace, sarei cresciuto nella pace, mentre consideravo sfortunati mio padre e mio nonno, che avevano vissuto anni tragici, trovarsi dentro quella disgrazia che è la guerra. «Fortunati noi non avremo altre guerre», andavo tranquillo in questo sogno. Invece no, l’uomo se le va a cercare. Dalla tranquillità alla paura, con le armi sempre più sofisticate e distruttive. La guerra diventa normale, anche perché sono sempre gli interessi economici a prevalere. I partecipanti dei viaggi, vedendo gli orrori del Giappone, i luoghi dell’atomica si commuovono, sperando di essere più fortunati, ma vivono comunque nel terrore che qualcosa possa ripetersi e in modo ancora più distruttivo. Se penso quindi a un lasso di tempo di dieci anni, vorrei che le mie figlie e i loro futuri figli e tutte le prossime generazioni potessero non vedere altri scenari di distruzione e di morte come quelli vissuti da mio padre e da mio nonno. Auguro a loro invece di ritornare con rispetto e riflessione sui luoghi delle grandi tragedie del Novecento e riflettere.