Parte II
LO SPIRITO DEL R. VIGLIETTO DEL 26 MARZO
1833
Dott. PIO CARTONI
Se non che ad altre esigenze, manifestatesi lungo il corso di un secolo, e che non si presentavano al tempo del R. Viglietto del 1833, doveva pur corrispondere il nuovo decreto reale.
Il Re Carlo Alberto, istituendo le medaglie al valor militare per premiare con questo distintivo d’onore « le azioni di segnalato valore che avevano luogo nelle nostre armate », non dovette avvertire alcuna necessità di definire il contenuto di queste azioni ardimentose che avrebbero comportato un così alto premio. Le medaglie erano istituite unicamente per i militari in servizio nelle armate e per le azioni valorose che essi avessero compiuto, segnatamente in tempo di guerra: e non esistevano ancora altre decorazioni di analoga natura per meritare generose e coraggiose azioni compiute in altri campi.
E dovette, pertanto, apparire sufficiente che alle espressioni generiche usate nel testo delle disposizioni del R. Viglietto si accompagnasse 1a nota elencazione di casi pratici, allo scopo di dare « una tal quale norma nelle loro preposizioni » ai generali comandanti i corpi d’armata.
Solo più tardi, e specialmente dopo la istituzione delle medaglie al valor civile, fatta col R. Decreto 30 aprile 1851 n. 1168, si cominciarono ad avvertire gli incovenienti della mancanza di una precisazione; e ad essa si ovviò alla meglio lungo i tempi, non senza una penosa oscillazione di criteri ed un alterna vicenda di preponderante considerazione accordata alla intrinseca natura dell’atto, ovvero alla qualità rivestita dall’autore di esso.
Le medaglie al valor civile, infatti, furono istituite non soltanto per atti di pura filantropia a vantaggio di privati; ma anche per atti ardimentosi compiuti a fini di interesse pubblico, quali il ristabilimento dell’ordine pubblico e l’arresto di malfattori.
E nelle direttive segnate dall’Amministrazione, a risolvere singolari conflitti di disposizioni, prevalse talora la considerazione della qualità rivestita dall’autore sulla natura intrinseca dell’azione compiuta; donde la anomalia logica che la stessa identica azione, diretta ad una delle accennate finalità d’interesse pubblico, desse luogo a medaglie al valor civile o a medaglie al valor militare secondochè l’autore fosse un civile od un militare [3].
Nel 1860 (R. Decreto 15 aprile 1860, n. 4072) venne poi la istituzione delle medaglie al valor di marina; e di poi, recentissimamente, la istituzione delle medaglie al valore aeronautico (R. Decreto 27 novembre 1927, n. 2297). Le une e le altre peraltro, destinate a premio di valentia ed ardimento nel campo professionale del mare e dell’aria e quindi poco suscettibili di confusione e di dubbi con i premi del valor militare.
Se non che anche questa ulteriore, necessaria specializzazione di premi al valore contribuiva a rendere opportuna la enunciazione precisa ed esauriente del contenuto intrinseco dell’atto di valore militare per modo di ottenere che le decorazioni fossero conferite non in virtù della divisa, ma « in virtù del fatto che si compie, che dev’essere unicamente, strettamente e decisamente militare »[4].
Anche qui si trattava, in sostanza, di tornare ad ispirarsi agli stessi concetti fondamentali contenuti nelle singole disposizioni del R. Viglietto del 1833 ovvero desumibili dalla elencazione esemplificativa che ad esso è allegata.
A tale fondamentale esigenza provvidero gli articoli 3, 4 e 5 del R. Decreto del 4 novembre 1932:
– designando il contenuto proprio dell’atto di valor militare nell’affrontare scientemente e con felice iniziativa un grave e manifesto rischio personale in imprese belliche, per generoso impulso che vada al si là di ciò che è imposto dal dovere e dall’onore: di guisa che l’atto compiuto possa costituire sotto ogni aspetto
esempio degno di imitazione;
– disponendo inoltre che debba riconoscersi come atto di valor militare in tempo di pace ogni azione la quale, rispondendo alle suddette caratteristiche, sia compiuta in un’impresa strettamente connessa alle finalità per le quali le forze militari dello Stato sono istituite: e ciò indipendentemente dalla condizione e dalla qualità dell’autore.
*
Degli istituti che – non compresi nel R. Viglietto del 1833 – nella materia delle concessioni delle decorazioni al valor militare erano sorti attraverso i tempi, il R. Decreto del 4 novembre 1932 ha rispettato quello della consultazione preventiva di un’apposita commissione sulle singole proposte.
Questo istituto della consultazione di apposito organo, da praticarsi dal Ministero prima di presentare alla Sovrana sanzione le singole proposte di medaglie al valor militare, non esisteva al tempo del R. Viglietto, in cui, le proposte affluendo ad un solo ministero (il «Nostro Ministero di guerra e marina »), era con ciò solo bene assicurata l’unicità del vaglio delle proposte stesse e la uniformità del criterio nelle concessioni.
Sorse esso più tardi, anche in ossequio della sana tendenza, propria dei governi costituzionali, di creare attorno all’amministrazione attiva, corpi consultivi di natura tecnica; e fu variamente disciplinata.
E nel 1887, con R. Decreto del 15 dicembre di quell’anno, vi si provvide con la istituzione di una commissione apposita di nomina del Ministero della Guerra
(che è rimasta immutata nella sua costituzione sino a noi). Ma successivamente
l’istituto della consultazione preventiva degenerò, spezzandosi tra organi vari e molteplici alla dipendenza degli altri ministeri militari (Marina, Aeronautica, Colonie) giungendosi sino al punto di avere tanti organi consultivi diversi, quanto i ministeri.
Il R. Decreto del 4 novembre 1932 ha bene avvertito quanto di danno la molteplicità degli organi consultivi poteva apportare alla uniformità
dell’apprezzamento dei singoli atti al valor militare: ed ha voluto, energicamente e per quanto possibile, riconquistare quella uniformità, che esisteva al tempo del R. Viglietto del 1833.
Non potevasi più, oramai, pensare a riservare la iniziativa delle proposte di decorazioni al valor militare ad una sola delle Amministrazioni militari, costituendo così un regime di monopolio inammissibile. Ma potevasi bensì disporre che la funzione consultiva fosse affidata ad un unico organo militare in cui fossero debitamente e sempre rappresentate tutte le amministrazioni militari. Il che ha fatto il R. Decreto del 4 novembre 1932, seguendo così anche i voti autorevolmente espressi nelle discussioni parlamentari, per assicurare il più possibile la uniformità dei criteri nelle concessioni [5].
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Un’altra importante riforma introdotta col R. Decreto del 4 novembre 1932 e diretta invece a spazzar via un istituto di cui non era traccia nel R. Viglietto del 1833, e che aveva posto in tempi successivi profonde radici nell’ambiente militare, sebbene fosse un portato di dottrine inconciliabili con le esigenze di un sano senso di disciplina in genere e con quello della disciplina militare in ispecie.
Lo abbiamo accennato in principio.
Contrariamente al senso austero del dovere militare – che comporta, meglio che ogni altro dovere civico, la piena e generosa dedizione di sé, anche se oscura ed ignorata, sino al massimo dei sacrifici rappresentato dalla immolazione della vita – mediante la deviazione del concetto di distintivo d’onore, attribuito dal R. Viglietto del 1833 alle decorazioni al valor militare, verso quello, tanto meno nobile, di ricompensa dovuta come corrispettivo esattamente commisurato ad un’attività personale, erasi venuta affermando la idea di un diritto ad ottenere la ricompensa stessa.
Donde, in tempi in cui ogni parvenza di diritto del cittadino era oggetto di cure fin troppo meticolose da parte dei pubblici poteri, la necessita di ammettere, come naturale conseguenza, la più ampia facoltà di reclamo non solo contro le decisioni negative prese sulle proposte di decorazioni al valor militare, ma persino sul grado della decorazione effettivamente concessa con la osservanza di tutte le forme prescritte.
La facoltà di reclamo, ammessa dapprima con qualche cauta limitazione (quale si riscontra in una determinazione ministeriale del 15 luglio 1864 che vietava di dar corso ai reclami che i superiori diretti non avessero approvato), fu poi consentita senza freno di sorta, giungendosi a formulare il principio – molto semplice in verità, ma altrettanto cinico – « in materia di ricompense al valor militare è consentita facoltà di ricorso al Ministero ».
E di tale liberissima facoltà è da tutti risaputo quanto siasi, anche in tempi recenti, usato ed abusato!
Contro tale istituto si era levata nel Senato del Regno la fiera e gagliarda rampogna di un vecchio soldato, il quale, con argomenti validissimi – quello, segnatamente, del rispetto dovuto ai valorosi morti in combattimento i quali con suprema ingiustizia, a differenza dei sopravvissuti, non possono rivendicare con il reclamo le loro benemerenze – ne aveva minato le basi [6].
Il R. Decreto del 4 novembre 1932 – lo abbiamo detto – ha spazzato via inesorabilmente la facoltà di ricorso, che offriva così agevo1e adito all’inquinamento de1 costume militare, alimentando mire ambiziose ed egoistiche. Ma ciò ha potuto fare solo perché esso è tornato ad attribuire alle decorazioni a valor militare il prevalente carattere di distintivo d’onore, come era nello spirito del R. Viglietto del 1833.
D’altronde il R. Decreto del 4 novembre 1932 ha mantenuto intatte ed ha migliorato le formalità procedurali – compatibili con le esigenze dell’organizzazione militare – che meglio possono garantire il più equo e spassionato apprezzamento di ogni azione valorosa. Le proposte. infatti, passano attraverso il vaglio di tutte le autorità gerarchiche e, giunte all’autorità centrale, sono sottoposte al parere di un organo consultivo tanto più autorevole e competente perché sarà l’unico depositario della tradizione.
Ma, al pari della cura, d’intonazione quasi paterna, che il R. Viglietto poneva perché nessun caso degno di decorazione sfuggisse all’apprezzamento del superiore, il R. Decreto del 4 novembre 1932 ha d’altro canto solennemente riaffermato tra i doveri del comandante di corpo quello di vigilare perché ogni indebita omissione di proposta sia evitata; ed ha, poi, consentito che l’autore di un atto di valore abbia facoltà di chiedere, nelle forme dovute, se sia stato fatto luogo alla relativa .
Il che – mentre non contrasta con la soppressione della facoltà di reclamo, la quale implica censura dell’operato dei superiori e manifestazioni di malcontento – ripara per quanto possibile alle omissioni, involontarie o dovute a cause di forza maggiore, probabili e relativamente non infrequenti specie tra le vicende belliche.
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Ad ottenere di dare onore ai decorati e di suscitare, con la concessione delle medaglie al valor militare, una nobile gara di emulazione tra i dediti « al mestiere delle armi », il R. Viglietto del 1833 aveva provveduto con mezzi adeguati alle condizioni dei tempi e cioè con la inserzione del nome del decorato e della motivazione della concessione all’ordine del giorno della divisione e con la pubblica consegna, in forma solenne, delle medaglie, alla presenza di tutti gli ufficiali, bass’ufficiali e soldati sotto le armi. Un barlume di pubblicità all’esterno dell’ambiente militare derivava allora solo dalla facoltà concessa al decorato di continuare a far uso delle insegne anche dopo che avesse terminato il servizio militare o per circostanze di famiglia o per tempo finito.
La costituzione delle grandi masse della forza in congedo illimitato, avvenuta dipoi per la sempre maggiore estensione dell’obbligo militare, destinate a rappresentare la parte numericamente maggiore dell’esercito mobilitato, avrebbe dovuto nei tempi più vicini a noi far sentire la necessità di dare la massima divulgazione alle gesta dell’eroismo militare, perché tutto il popolo ne potesse trarre esempio ed incitamento ad imprese egregie ed, anche, perché tanto maggiore onore ne derivasse agli autori di esse.
Senonché (triste portato dei tempi, anche questo) ben poco si fece in passato, se se ne toglie la inserzione delle concessioni non più limitata all’ordine del giorno della divisione, ma resa di pubblica ragione a mezzo del Bollettino Ufficiale dei ministeri militari, mezzo questo non certo idoneo, di per sé, a recare fuori dell’ambiente militare, alla portata di tutta la nazione, la cognizione dei fatti eroici.
Il R. Decreto del 4 novembre 1932, per il miglior raggiungimento degli accennati intenti del R.Viglietto del 1833 – di dare il massimo onore al decorato e di suscitare la più larga emulazione – ed in conformità delle direttive proprie del Regime Fascista, per la salda preparazione delle schiere dei militari in congedo illimitato e per la maschia educazione delle giovani generazioni, ha invece prescritto obbligatoriamente la divulgazione più ampia possibile delle concessioni delle decorazioni al valor militare.
La pubblicazione sui bollettini ufficiali è mantenuta; ma ad essa è aggiunta quella, più solenne ancora, sull’organo ufficiale dello Stato, che penetra sino nei più remoti angoli del territorio nazionale. Ed, inoltre, si prescrive per ogni concessione la comunicazione particolare al comune di nascita del decorato, con l’obbligo dell’affissione nell’albo pretorio e della inserzione nelle pubblicazioni eventuali dell’amministrazione comunale; e si ordina, infine, a questa di usare ogni altro mezzo ritenuto opportuno per portare il fatto a conoscenza della popolazione.
E ci piace di confidare che, a questi provvedimenti ufficiali per assicurare la divulgazione, altri ancora se ne aggiungeranno per private, felici iniziative delle associazioni dei militari in congedo e delle opere assistenziali giovanili del Regime.
Non si può poi passare sotto silenzio, prima di chiudere queste note, la disciplina legale data del R. Decreto del 4 novembre 1932 alla materia del passaggio di proprietà delle insegne e dei brevetti e della riversibilità del soprassoldo delle medaglie al valor militare in caso di morte del decorato e nel caso di concessioni fatte
alla memoria di valorosi deceduti.
Il R. Viglietto aveva posto solo il principio che, alla morte del decorato, le medaglie rimanessero proprietà della famiglia ed il soprassoldo di medaglia fosse corrisposto alla sua vedova o, in mancanza, ai figli purché minori di 15 anni. E nulla disponeva per le concessioni alla memoria: a riguardo delle quali erasi dipoi provveduto, malgrado la grave portata giuridica della materia, con semplici disposizioni ministeriali.
Il R. Decreto 4 novembre 1932 ha nettamente distinto i due casi: della morte del valoroso, successiva alla concessione e della concessione fatta alla memoria del valoroso già deceduto.
Nel primo caso, quanto alla proprietà delle insegne e dei brevetti, ha prescritto che
essa sia regolata dalle comuni disposizioni di legge sulle successioni, per accordare, così, il più ampio rispetto alla volontà del defunto, del cui patrimonio giuridico le insegne stesse e i brevetti sono entrati a far parte; nella certezza che niuno meglio di lui possa essere giudice del modo migliore di assicurare la gelosa conservazione delle insegne del suo valore. Quanto alla riversibilità del soprassoldo delle medaglie, il R. Decreto del 4 novembre 1932 non ha ritenuto possibile lasciarla ad libitum del de cuius; e, per l ’analogia che essa presenta con la materia delle pensioni – tutta e
sempre regolata da disposizioni di legge – ha disposto che, in via normale, sia
devoluta alla vedova od agli orfani fino all’età maggiore. Ma ha pure ammesso che si
continuino ad applicare le speciali disposizioni emanate in materia per i decorati morti per causa di servizio di guerra o attinente alla guerra; le quali consentono, in mancanza della vedova o degli orfani, la riversibilità anche a favore di altri prossimi congiunti.
Nel secondo caso, delle concessioni fatta alla memoria dei valorosi deceduti, per l’assegnazione in proprietà delle insegne e dei brevetti, non potevasi evidentemente fare riferimento alle comuni disposizioni di legge sulle successioni; giacché niuno può vantare diritti succcessorii a ciò che non faceva parte dcl patrimonio giuridico del defunto. Epperò il R. Decreto del 4 novembre 1932 ha istituito tutto un sistema speciale che trae ispirazione da un principio affermato nel R. Viglietto di assicurare alla famiglia la proprietà delle decorazioni; sopperendo peraltro anche alla eventualità che manchino prossimi congiunti del defunto la cui memoria vuolsi onorare con la decorazione. Ed ha così stabilito che la proprietà delle insegne e dei brevetti sia attribuita anzitutto alla vedova; ovvero al primogenito degli orfani; ovvero al padre; ovvero alla madre; ovvero al maggiore dei fratelli. Mentre, in mancanza di tali congiunti prossimi, che possono ancora rappresentare la « famiglia» del decorato defunto, la proprietà delle insegne e dei brevetti passerà al corpo, cui egli apparteneva, se militare, od al suo comune di nascita, se estraneo alle forze militari dello Stato. Per l’assegnazione dcl soprassoldo delle medaglie concesse alla memoria, il R. Decreto 4 novembre 1932 ha poi disposto che essa spetti a quegli stessi congiunti cui sarebbe spettata la riversibilità, se la decorazione fosse stata conferita mentre il valoroso era in vita.
Il R. Decreto ha pure regolato in via definitiva 1’altra delicata materia della faco1tà di fregiarsi delle insegne di decorazioni al valor militare concesse alla memoria – il che esclude in ogni caso la facoltà di fregiarsi delle decorazioni concesse in vita al decorato – disponendo che essa sia accordata alla vedova, o al padre o alla madre di lui.
Ma su un’altra disposizione del R. Decreto 4 novembre 1932, di altissima significazione morale, ci piace, da ultimo, fermare la attenzione; giacché con essa, è stata colmata una inesplicabile lacuna delle disposizioni preesistenti.
Sempre coerentemente al principio fondamentale che le decorazioni al valor militare sono, soprattutto un distintivo onore, il R. Decreto ha voluto evitare in modo assoluto che persone indegne di essere onorate possano entrarne in legittimo possesso, o possano fruire dei benefici connessi, o possano di esse fregiarsi. Ed ha perciò disposto che per ottenere l’assegnazione delle insegne e dei brevetti delle decorazioni concesse alla memoria, la riversibilità del soprassoldo annesso alle medaglie o l’autorizzazione ad indossare le insegne, sia sempre necessario essere immuni da gravi carichi penali e morali.
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Nel centenario dell’augusto documento che attesta di quale vigile ad amorosa cura circondasse le istituzioni militari il magnanime RE, che col Suo valore e con l’olocausto Suo doveva poi consacrare le prime pagine dell’epopea bellica della indipendenza della Patria, ci inchiniamo riverenti e pensosi.
Come il lacero vessillo, che ha visto le cento battaglie, si ripone e si custodisce gelosamente nel Sacrario delle memorie eroiche della Nazione, e il drappo rinnovellato si affida alle balde schiere delle nuove generazioni per prepararle ai venturi cimenti, così il Fascismo consegna, senza distruggerlo, il venerando documento alla storia e, per innalzare « ancora il già altissimo significato della distinzione azzurra » [7] , vi sostituisce – sotto l’egida del Re vittorioso – le nuove tavole statuarie del valor militare.
E il popolo d’Italia, informato ormai dal Regime alla rinnovata « concezione della vita basata sul dovere, la disciplina, il combattimento »[8], accoglie con virile letizia e con saldo il cuore le nuove provvidenze emanate per dare onore e gloria ai suoi figli migliori.
( a cura di Roberta Bottoni)
La prima parte è stata pubblicata in data 25 luglio 2020
[1]Atti parlamentari. Camera dei Deputati, Legislatura XXVIII, Sessione 1929-31, Stampato n. 1095.
[2]Atti parlamentari. Camera dei Deputati, Legislatura XXVIII, Sessione 1929-31, Stampato n. 1095.
[3]Tale appunto la norma consacrata nella determinazione ministeriale del 28 gennaio 1862.
[4]Discorso di S. E. il Ministro della Guerra, generale Gazzera, al Senato del Regno in occasione della discussione del bilancio della Guerra 1932-33 (Tornata del 19 maggio 1932).
[5]Discorso di S. E. il Maresciallo d’Italia Pecori Giraldi al Senato del Regno nella discussione del bilancio della Guerra 1932-33 (Tornata del 19 maggio 1932).
[6]Discorso di S. E. il Maresciallo d’Italia Pecori Giraldi al Senato del Regno nella discussione del bilancio della Guerra 1932-33. (Tornata del 19 maggio 1932).
[7]Discorso di S. E. il Ministro della Guerra, generale Gazzera alla Camera dei Deputati, nella discussione del bilancio della Guerra 1933-34 (16 marzo 1933)
[8]Dal « Messaggio del Duce » del 23 marzo dell’anno XI E. F..