CARLO EMANUELE BUSCAGLIA – MORTE DI UN TITANO

  

Nel corso dell’anno 2010 nel nostro periodico sono state pubblicate delle significative testimonianze che si ritiene opportuno riproporre. 

Durante la prima decade di luglio 1944 il 132° gruppo, proveniente da Gerbilli, si schierò su Campo Vesuvio: un aeroporto di fortuna nelle vicinanze di Ottaviano (Napoli). Le infrastrutture logistiche consistevano essenzialmente in una grande tendopoli. I lavatoi e le latrine erano buche nel terreno a fianco delle quali si trovavano grossi secchi d’acqua. Sull’ampio piazzale erano parcheggiati una trentina di bombardieri Martin A30 Baltimore di costruzione americana. La pista era una striscia di lava compressa larga una quindicina di metri e lunga circa due chilometri, fiancheggiata da alberi ad alto fusto, sicché i piloti, memori della naturale tendenza all’imbardata del Baltimore, la ritennero subito maledettamente rischiosa. Ma i tempi obbligavano ad un supino rispetto delle direttive emanate dal Comando Alleato, sicché essi dovettero accettare la situazione.

Per i voli di addestramento, gli istruttori erano il capitano Giulio Cesare Graziani e il tenente Crespi. Entro due settimane diversi piloti iniziarono a volare da soli. Dall’altra parte del campo, si era intanto installato il 28° Gruppo Baltimore, al comando del Maggiore Paolo Moci, che condivideva gli attendamenti con un reparto di caccia americani P-39 Air Cobra. ll 28° non aveva piloti istruttori, quindi avrebbe dovuto attendere tutto il tempo necessario al 132° per completare il suo periodo addestrativo prima di iniziare il proprio.

Il Ten. Col. Renato Roveda, Comandante dello Stormo Baltimore, verso fine luglio, si presentò alla mensa all’ora di pranzo, insieme a un maggiore pilota che inizialmente passò quasi inosservato. Attrasse invece l’attenzione di tutti l’abbraccio che costui si scambiò con Erasi appena i due si videro. I tre poi entrarono nella tenda comando. Intanto cominciò a circolare il nome di Buscaglia. Era proprio lui, infatti, l’ufficiale giunto con Roveda: “… il famosissimo asso degli aerosiluranti Carlo Emanuele Buscaglia, appena rimpatriato da un campo di prigionia americano e immediatamente reintegrato nella nuova Aeronautica Italiana. Quando i tre riapparvero, non avevano un’aria distesa. Erasi si sforzava di fare gli onori di casa fingendo indifferenza. Il pranzo si svolse in un imbarazzato silenzio…”. Dopo pranzo, ai tre si aggiunse Graziani e si ritirarono di nuovo nella tenda comando. Poco dopo, Graziani apparve e chiamò i piloti del gruppo all’interno. Il Comandante Roveda prese la parola spiegando “… che Buscaglia gli aveva espresso il desiderio di riassumere il comando del suo glorioso 132° Gruppo e che lui, Roveda, dopo questa nuova ed encomiabile dimostrazione di attaccamento all’Arma, non aveva saputo negargli il favore richiestogli. Erasi, sia pure a malincuore, si era dichiarato disposto a cedere il comando del Gruppo al suo ex comandante, riconoscendo, nella sua eroica persona il diritto di riassumere il comando di quanto giustamente gli spettava. Lui Erasi, sarebbe passato a condurre il 28° in luogo del maggiore Moci…”.

Poi, Roveda chiese se qualcuno dei presenti avesse qualcosa da dire. Il capitano Graziani disse “… di essere stato incaricato dai restanti piloti di esprimere il loro desiderio, e il suo in particolare, di lasciare il 132° per seguire il comandante Erasi ovunque…” lo avessero trasferito. Fu una brutta sorpresa per Roveda e ancor più per Buscaglia: i piloti che avevano combattuto sotto il suo comando ora mostravano di non volervi tornare. Dopo alcuni attimi di imbarazzato silenzio, Buscaglia intervenne affermando che non era necessario sollevare dal comando Erasi. Egli si riteneva onorato “… di prendere il comando dell’altrettanto valoroso 28″ Gruppo presso il quale, ne era certo, avrebbe ricevuto ben altra accoglienza...”. A Roveda non rimase che prendere atto dell’accaduto.

“… Indubbiamente il fatto di essere stato rifiutato dai suoi ex subalterni …”, non era andato giù a Buscaglia. Era stato “… il primo degli eroi nazionali...”, e non si sarebbe mai aspettato un simile atteggiamento da parte di piloti che avevano strenuamente combattuto insieme a lui. Era profondamente amareggiato. Inoltre, ora doveva attendere che il 132°, l’unico gruppo che avesse in organico piloti istruttori, completasse il suo ciclo addestrativo. Non poteva accettare quella spiacevole situazione, quindi decise che avrebbe domato da solo l’infido Baltimore. Per familiarizzarsi col bimotore americano, iniziò a compiere rullaggi in pista dopo il termine dei voli pomeridiani.

Sembra che Erasi ripetutamente si fosse dichiarato pronto a trasferire presso il 28° il tenente Crespi affinché provvedesse all’addestramento dei suoi piloti, ma sembra anche che Buscaglia avesse sempre rifiutato “…sdegnosamente l’offerta affermando che il 28° era in grado di provvedere autonomamente alle sue necessità …” e, imperterrito, continuò il ciclo di rullaggi in pista, ma non si sentiva ancora pronto a tentare il decollo …”. I diciotto mesi di prigionia avevano “…arrugginito non poco le sue capacità di pilotaggio… “.

Buscaglia sapeva bene che il Baltimore aveva una notevole tendenza ad imbardare a sinistra che doveva essere corretta con adeguati e soprattutto tempestivi interventi, altrimenti, una volta innescata l’imbardata, non sarebbe stato più possibile riprendere il velivolo. Buscaglia sapeva tutto questo, sapeva quanto stava rischiando la sera del 23 agosto del 1944 quando spinse a fondo le manette dei motori lanciandolo sulla pista di Campo Vesuvio. Il rombo dei motori divenne sempre più forte fino a sembrare un ruggito rabbioso. L’intrepido Buscaglia aveva ancora una volta sfidato il destino. Purtroppo, questa volta perse la sfida.

Il colonnello Carlo Unia, nella sua Storia degli Aerosiluranti Italiani cosi descrive la tragica fine di Buscaglia: “Tornato in Italia per combattere, per non essere considerato un aviatore finito, aveva fretta di volare, di sfidare nuovi cimenti. Menomato nel fisico (non nello spirito) per le ferite riportate, arrugginito per la lunga inattività, non era il pilota di prima, ma non volle sentir ragioni da chi gli consigliava prudenza. Rifiutava l’umiliazione dei doppi comandi. Mentre gli altri si trovavano a mensa, la sera del 23 agosto, alle ore 20,00, volle partire da solo su un Baltimore che non aveva ancora alla mano, velivolo di cui tutti inizialmente diffidavano perchè di difficile pilotaggio. Durante il rullaggio imbardava a sinistra, strappava di prepotenza da terra il velivolo che per la scarsa velocità ricadeva pesantemente incendiandosi. Buscaglia nell’urto venne sbalzato fuori. Trasportato all’ospedale inglese di Napoli, in fin di vita, sopravvisse per un giorno senza perdere conoscenza, ma non si ripetè il miracolo del 12 novembre 1942. Si chiudeva cosi il 24 agosto l’epopea Buscaglia e l’Aeronautica Italiana perdeva uno dei suoi aviatori più valorosi.”

ridotto da “Campo Vesuvio” di Raimondo Luzzetti

MOTIVAZIONE DELLA MEDAGLIA D’ORO AL VALOR MILITARE CONCESSA AL MAGGIORE PILOTA CARLO EMANUELE BUSCAGLIA

 Comandante di un Gruppo di aerosiluranti, fiaccola d’eroismo e maestro dell’arma nuovissima, in trentadue vittoriose azioni di siluramento tra uragani di ferro e di fuoco, confermava lo spirito guerriero dell’italica gente, infliggendo alla marina nemica la perdita di oltre 100.000 tonnellate di naviglio. Alla testa dei suoi gregari, dopo aver compiuto con ardimento e perizia inimitabili un’azione con risultati brillantissimi contro navi angloamericane, alla fonda in una base dell’Africa del Nord, ripeteva, il giorno appresso, l’attacco. Sulle vampe della violenta difesa contraerea, sotto la mitraglia rabbiosa di numerosi caccia che gravemente colpivano il suo velivolo, incendiandolo, si lanciava come folgore sull’obiettivo prescelto e, a distanza ravvicinata, mentre un’ala dell’apparecchio era già consumata dal fuoco, sganciava il siluro contro un grosso piroscafo che, colpito, si incendiava”

Cielo del Mediterraneo, maggio-novembre 1942