Casette di Rinaldo, una piccola località, una manciata di case contadine che lambiscono le acque del fiume Musone, dislocate tra la frazione di Campocavallo e quella di Padiglione, entrambe ricadenti nel territorio di Osimo. Nella casa colonica della famiglia Guercio, lì poco distante, aveva sede il comando GAP “Stacchiotti”, intitolato ad uno dei quattro osimani trucidati nell’eccidio del ponte di Chigiano di S. Severino Marche il 24 marzo 1944. Il 22 giugno 1944 elementi dello “Stacchiotti” di pattuglia in zona s’imbatterono in una staffetta tedesca a bordo della propria moto: ne nacque un conflitto a fuoco che sorprese i due partigiani del gruppo Augusto Pallotta e Marcello Espinosa, futuro cognato del comandante della Brigata Basso Musone Paolo Orlandini “Millo”. La pattuglia partigiana aprì immediatamente il fuoco ma l’arma, inceppandosi, costrinse la pattuglia alla fuga; Pallotta ed Espinosa, invece, scesi dalla macchina sulla quale stavano viaggiando, ignari di quanto stesse accadendo, furono falciati dai colpi del motociclista tedesco rimasto a terra ferito, che riuscì comunque a mettersi in salvo. I corpi dei due gappisti furono ricomposti presso la camera mortuaria del nosocomio cittadino dove una lunga fila di osimani volle rendere omaggio alle due salme, vestite con la camicia rossa. Un picchetto del GAP “Fabrizi” sorvegliò quel flusso silenzioso di comuni cittadini tanto che i nazifascisti non intervennero nonostante l’evidente segnale di sfida lanciato dai partigiani. La ritorsione si ebbe due giorni più tardi quando tutti gli abitanti delle Casette di Rinaldo furono rastrellati dai reparti tedeschi minacciandoli affinché facessero i nomi dei partigiani che sapevano essere presenti in zona. Durante l’operazione aerei alleati sorvolarono la città e i tedeschi ordinarono ai rastrellati di nascondersi nel fosso che costeggia la provinciale 3 a ridosso della località.
Quando gli abitanti poterono uscire allo scoperto cercarono aiuto in Don Igino Ciavattini che casualmente stava percorrendo quella strada e che conosceva abbastanza bene il tedesco. Il parroco cercò di convincere il comandante a liberare quegli osimani ma dovette limitarsi ad una benedizione e a riprendere la via per Padiglione. I tedeschi a quel punto costrinsero i “casettari” a recuperare della paglia che fecero ammassare dentro le case dei contadini e costrinsero gli stessi residenti ad appiccare il fuoco alle proprie abitazioni. Quel gesto rimarrà sempre impresso nella memoria della città tanto che il primo pensiero dei partigiani e del CNL locale già pochi giorni dopo la liberazione di Osimo, avvenuta il 6 luglio ’44, fu per una celere ricostruzione di quelle case coloniche attivando, la costituente sezione ANPI, una sottoscrizione a favore delle Casette di Rinaldo. Un’altra vittima si ebbe in quella località: Carlo Polverini, mugnaio. Nella notte tra il 24 e il 25 giugno alcuni soldati tedeschi tornarono in quella zona a ridosso della confluenza tra il Musone e il torrente Fiumicello quando si imbatterono nella macchina utilizzata dai due partigiani Pallotta ed Espinosa: chiesero spiegazioni al mugnaio Polverini del perché quel mezzo si trovasse sulla sua proprietà. Il Polverini si dimostrò subito reticente prima tacendo poi negando di essere informato a riguardo, ma i tedeschi, non convinti della versione fornita dal mugnaio, lo ferirono gravemente a colpi di pistola. Il giorno seguente Polverini morì all’ospedale per le ferite riportate.
A queste tre vittime della brutalità nazifascista è dedicato un monumento opera dello scultore osimano Romolo Augusto Schiavoni, artista celebre per gli innumerevoli cippi a ricordo della Guerra di Liberazione da lui progettati in tutto il territorio regionale. Alcune fonti riportano la datazione del monumento al 1976 ma in realtà ne venne eretto uno già nel 1946 che fu successivamente ricollocato poco più a monte per i lavori di allargamento della strada provinciale. L’opera risulta ad oggi incompleta in quanto non venne mai realizzata la fiamma in ferro che avrebbe dovuto sovrastare la lapide. Pochi giorni fa inoltre siamo venuti in possesso di due fotografie dell’epoca che ritraggono la prima inaugurazione del monumento. Nella lapide, oggi quasi del tutto sbiadite, sono incise queste parole:
NEL GIUGNO 1944
QUESTO FECONDO SUOLO
SI BAGNÒ DEL SANGUE DI
CARLO POLVERINI
E DEI GIOVANI PARTIGIANI
MARCELLO ESPINOSA
E
AUGUSTO PALLOTTA
CHE IL PIOMBO TEDESCO ATTERRÒ
UN MESTO E GRATO PENSIERO PER ESSI
O VIANDANTE
UN GUIZZO DI ORRORE NEL TUO PETTO
PER OGNI TIRANNIDE
Il monumento necessiterebbe quindi di un urgente restauro, non solo della lapide, ma dell’intero complesso reso fragile dall’assenza di fondamenta nel terreno agricolo sul quale poggia.