da “IL NASTRO AZZURRO” n°4-2011
Ci sono eroi che le storie “ufficiali”, di necessità sintetiche, menzionano soltanto a proposito di un episodio specifico per il quale è stata conferita una ricompensa al valore particolarmente elevata: ciò è senz’altro logico, se si tiene conto dell’esigenza di ricordare e fare risaltare atti di coraggi che hanno avuto un riconoscimento formale; ma di contro, comporta spesso la sottovalutazione di altri comportamenti che fanno brillare altrettanto e anche più una personalità. Questo è senz’altro il caso di Giuseppe Brignole, nato a Noli il 6 ottobre 1906, arruolato nella Regia Marina per obblighi di leva e ammesso nel 1928 al Corso ufficiali di complemento, dove conseguì la nomina a Guardiamarina.
Nel 1935, appena laureato in Scienze Economiche presso l’Università di Genova, fu richiamato alle armi per prendere parte ad alcune missioni nel conflitto italo-etiopico e nella guerra di Spagna, e poi per prestare servizio in Africa Orientale dove meritò due Medaglie di Bronzo al Valor Militare sul campo. Il 24 aprile 1940, come tenente di vascello, ebbe il comando della torpediniera Calatafimi con sede a La Spezia: proprio al comando di quella unità, il 14 giugno successivo contrastò una forte formazione navale francese diretta a colpire importanti obiettivi militari e industriali nel Golfo Ligure, guadagnandosi la Medaglia d’Oro al Valor Militare.
Appena pochi mesi più tardi, l’8 settembre 1943, era ancora al suo posto di comando sulla Calatafimi, nel Pireo, quando fu sorpreso dall’armistizio e dalla dura reazione dei tedeschi: l’intero equipaggio, che anche per l’impulso del suo comandante rifiutò ogni forma di collaborazione con i tedeschi e in particolare il passaggio alla marina germanica, fu catturato e avviato verso nord su carri bestiame. Per Giuseppe Brignole, ora appiedato, si apriva un nuovo e non meno impegnativo fronte di guerra: quello di una resistenza disarmata, condotta con le sole armi dell’onore militare e della dignità umana.
Dopo un breve periodo iniziale a Bad Sulza, Brignole finì nel campo di prigionia di Leopoli dove fu nominato fiduciario degli ufficiali italiani. Si trattava di una carica di facciata e con poche possibilità di intervenire concretamente nella vita del campo, ma comunque delicatissima, poiché dall’azione in un senso o nell’altro del fiduciario dipendeva la disponibilità o meno alla collaborazione con i tedeschi di gran parte dei prigionieri. Brignole, che i tedeschi rispettavano molto per i suoi gloriosi trascorsi, divenne subito una punta di diamante della resistenza, muovendosi specialmente in due direzioni: da un lato richiamando i prigionieri all’osservanza della correttezza nei rapporti interpersonali, come in reparto, e alla cura dell’aspetto fisico e dell’uniforme (o meglio, di ciò che restava di essa); dall’altro promuovendo attività culturali (conferenze, lezioni, concorsi di pittura), con l’aiuto dei tanti intellettuali e artisti prigionieri. La conseguenza fu che i prigionieri furono spinti a conservare più gelosamente la dignità del loro rango, ebbero la possibilità di riempire le giornate più utilmente, approfondirono la consapevolezza del giuramento di fedeltà allo Stato legittimo. Circondato di irriducibili della resistenza, Brignole seppe costruire ben presto una comunità cementata degli stessi valori che si richiedono sul campo di battaglia che, per larga parte, negò qualsivoglia adesione alle richieste di entrare nell’esercito della Repubblica Sociale o di prestare attività lavorativa a beneficio dell’economia germanica.
Nel gennaio 1944 fu trasferito nel campo 307 di Deblin e due mesi più tardi nel campo XB di Sandbostel. Anche qui tenne l’incarico di fiduciario, operando in condizioni difficilissime a causa della particolare durezza del trattamento che il comandante tedesco, il capitano Pinckel, si compiaceva di infliggere agli italiani. Alle violenze gratuite si aggiungevano il freddo, il deperimento organico, le malattie e le perquisizioni della Gestapo alla ricerca delle radio clandestine: in quest’ambiente, il nuovo fiduciario seppe imporsi ai tedeschi mediante proteste energiche quanto inutili, ma che intanto alimentavano lo spirito resistenziale: come ebbe a scrivere un suo collaboratore a Sandbostel, il tenente Giovannino Guareschi (proprio il “papà” di Don Camillo e Peppone), Brignole “dava al campo un tono di spavalda italianità”.
Il suo ruolo resistenziale è confermato dal fatto che egli fu forse l’unico internato a cui i tedeschi, dopo l’offerta, di comandi e incarichi importanti, dettero la possibilità di ritornare in Patria senza alcuna adesione formale o sostanziale al regime di Mussolini. Il suo fiero rifiuto, determinato dal senso del dovere e dalla consapevolezza che i compagni di prigionia avevano bisogno del suo esempio, costituisce ancora oggi, un atto di valore disconosciuto, ignorato dallo Stato che nel dopoguerra onorò in lui soltanto l’eroe del mare, giammai quello dei lager.
Nel febbraio ’45 giunse l’ordine di trasferimento a un altro campo, questa volta l’XIB di Fallingbostel. Qui, per due mesi durissimi, Brignole affiancò un ‘altra meravigliosa figura di fiduciario, il tenente colonnello di Cavalleria Alberto Guzzinati: le condizioni fisiche degli internati erano sempre più precarie a causa della fame, e i tedeschi pretendevano prestazioni lavorative che la maggior parte degli ufficiali, appellandosi alla Convenzione di Ginevra, non intendeva fare. Il 13 aprile finalmente, sotto l’incalzare degli Alleati, i tedeschi abbandonarono il lager, che dopo tre giorni fu raggiunto dagli inglesi. Dopo la liberazione, Brignole assunse importanti comandi, inquadrando gli ufficiali in vista del rimpatrio, e fu certamente tra gli ultimi a ritornare in Italia. Egli infatti rimpatriò nel settembre 1945, conseguendo la promozione a capitano di corvetta con anzianità 1° gennaio 1944; fu collocato in ausiliaria nel febbraio 1947, passando poi nella riserva nel 1955 con il grado di capitano di fregata. E’ morto a Genova il 30 luglio 1992.
Va evidenziato che il nome di Brignole, per gli ufficiali internati che lo ebbero come fiduciario, equivalse sempre a dirittura morale ed esempio di lealtà alle istituzioni legittime, fungendo da punto di riferimento sicuro per i più giovani e per gli incerti, a prezzo di gravi rischi personali. Aveva quindi ragione, il colonnello Adolfo Raffo, quando in qualità di comandante del campo di smistamento di Munster gli scrisse, tra le altre cose, in un elogio formale: “Ella ha confermato in dignità e altezza di vita la distinzione che Le viene dalla suprema onorificenza al valore di cui si fregia”.
Qualche anno fa un giornalista ha realizzato una sua biografia (Pier Paolo Cervone, Comandavo la Calatafimi, Marco Sabatelli Editore, Savona, 1990), mentre chi scrive questo articolo gli ha dedicato un articolo su “Rivista Marittima” (marzo 2003). Possiamo oggi senza dubbio affermare che la memoria del comandante Giuseppe Brignole, giustamente onorata per i fatti di guerra, è tuttavia ancora in credito nei confronti dello Stato per l’opera svolta nei campi di prigionia.
Alessandro Ferioli
DECORAZIONI
Medaglia d’Oro al Valor Militare
«Comandante di torpediniera di scorta ad un posamine, avvistata una formazione di numerosi incrociatori e siluranti nemici che si dirigevano per azione di bombardamento di importanti centri costieri, ordinava al posamine di prendere il ridosso della costa ed attaccava l’avversario affrontando decisamente la palese impari lotta. Fatto segno ad intensa reazione, manovrava con serenità e perizia attaccando fino a breve distanza con il siluro e con il cannone le unità nemiche. La sua azione decisa ed i danni subiti dalle forze navali avversarie costringevano queste a ritirarsi. Esempio di sereno ardimento, di sprezzo del pericolo, di consapevole spirito di assoluta dedizione alla Patria. Mare Ligure, 14 giugno 1940 – 19 luglio 1940″
Medaglia di Bronzo al Valor Militare
«Comandante di torpediniera, di scorta ad una pirocisterna, colpita con due siluri e incendiata da aerosiluranti nemici, impartiva rapidamente efficaci disposizioni al fine di arrecare soccorso ai naufraghi dell’unità sinistrata. Nonostante l’opera di salvataggio fosse resa estremamente difficile a causa della benzina in fiamme, riversatasi nella zona di mare circostante, riusciva in breve tempo a trarre in salvo tutti i naufraghi, dimostrando serena noncuranza del pericolo ed elevato spirito di abnegazione. Mediterraneo orientale, notte sul 26 ottobre 1942.»
Medaglia di Bronzo al Valor Militare
«Comandante di torpediniera, ha compiuto numerose missioni di guerra e scorte a convogli in acque insidiate dal nemico. Animato da elevato sentimento del dovere, ha dimostrato in ogni circostanza sereno coraggio, capacità professionali ed elevato spirito combattivo. Mediterraneo, 22 giugno 1942-8 settembre 1943.»