Fine del trattato INF e stabilità strategica
di
Antonio Trogu
Con la denuncia del trattato Inf (Intermediate-Range Nuclear Forces) e’ stata inflitto un ulteriore colpo all’architettura di sicurezza e stabilità internazionale instaurata all’indomani della Guerra Fredda. In effetti l’ Inf è, o meglio era, uno di quei grandi trattati che sanciscono la stabilità strategica e sono rarissimi i casi di una loro denuncia.
Il Trattato Inf costituì uno dei principali fattori che condussero al superamento della Guerra Fredda. Nonostante l’INF fosse un trattato bilaterale, esso ebbe un impatto decisivo sulla sicurezza mondiale. Negli anni Settanta con l’iniziò della costruzione di un arsenale di missili a medio-lunga gittata da parte dell’Unione Sovietica la dipendenza dell’Europa Occidentale dalla deterrenza estesa statunitense aumentò considerevolmente. Seguendo la logica della deterrenza, gli USA dispiegarono così un numero ragguardevole di missili nucleari su territorio europeo, avvalendosi del sistema NATO. Al fine di porre un limite alla costosa corsa agli armamenti in Europa, le due superpotenze si trovarono a dover convergere sulla necessità di stabilire un sistema di controllo reciproco. Venne stipulato nel 1987 a conclusione della cosiddetta ‘crisi degli euromissili’ originariamente stanziati dall’Unione Sovietica in Europa orientale, cui la Nato rispose con la decisione di spiegare missili nucleari in quattro Paesi europei tra cui l’Italia (nella base di Comiso in Sicilia).
Una lunga trattativa durata otto anni condusse all’insperata conclusione di un accordo tra Stati Uniti e Unione Sovietica sulla proibizione totale di tale categoria di vettori nucleari e la loro distruzione sotto verifica internazionale, il trattato fu firmato dall’allora presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan e dal leader sovietico Mikhail Gorbacev, un successo senza precedenti che ora rischia di essere gettato alle ortiche. I problemi sono iniziati già a partire dal 2014, quando gli USA hanno accusato la Russia di aver violato le disposizioni del trattato. Queste accuse non hanno mai trovato una soluzione in forma negoziale e, dopo aspre vicissitudini, hanno invece condotto alla fine del trattato.
Secondo gli Usa la Russia avrebbe ricominciato già da tempo a produrre i missili 9M729, ovvero missili nucleari a medio raggio che possono essere lanciati da terra. Secondo gli Stati Uniti, il missile da crociera a propellente solido 9M729 Novator (SSC-8) con un’autonomia stimata di 5500 km è attualmente impiegato, assieme a missili da crociera, nel sistema Iskander-K [1]. Se così fosse, il Novator violerebbe i trattati INF e se venisse lanciato da Mosca potrebbe colpire tutta l’Europa occidentale. Dalla Siberia avrebbe nel raggio la costa occidentale degli Stati Uniti. Le brigate missilistiche Iskander sono schierate nella Transbaikalia, nella regione di Leningrado, nel sud della Russia, in Siria ed a Kaliningrad.
La Russia, che ha confermato l’esistenza del missile nel novembre 2018, afferma invece che con una gittata di 480 km il missile 9M729 non viola il Trattato INF . Il 9M729 Novator è stato equipaggiato con una testata più potente ed un sistema di guida più efficiente del 9M728 e ciò conferisce al sistema d’arma una maggiore precisione nel colpire il bersaglio. Il Ministero della Difesa russo ha rilevato che i missili sono riforniti in fabbrica e consegnati pronti al lancio, con autonomia limitata dai requisiti del Trattato INF.
Secondo Mosca sono i siti di difesa antimissile terrestri Aegis Ashore[2] in Polonia e Romania che costituiscono una violazione americana del Trattato INF. Lo scudo europeo sarebbe in grado di sconvolgere la stabilità strategica in quanto non si tratterebbe di un sistema difensivo, ma parte di un asset nucleare strategico avanzato in Europa orientale.
Per i russi, la natura polifunzionale del Vertical Launching System MK-41 rappresenta una chiara violazione del Trattato sulle forze nucleari a raggio intermedio (INF). Inoltre la Russia ritiene che il programma Prompt Global Strike in fase di sviluppo negli Stati Uniti, sistema d’arma convenzionale in grado di colpire obiettivi in tutto il mondo in meno di un’ora con precisione micidiale, va contro il Trattato INF che vieta lo sviluppo di missili con una gittata compresa tra i 500 ed i 5500km.
Un fattore significativo dell’uscita degli USA dall’INF, a detta dell’allora Presidente Trump, riguardava la Cina che è invece libera di sviluppare i missili proibiti dall’accordo perché non ne fa parte, mettendo gli Stati Uniti in una posizione di svantaggio. La Cina non ha mai aderito al trattato che la costringerebbe a distruggere quasi tutti i suoi missili, le armi che le consentono di dettare legge sul Pacifico e minacciare il potere americano nella regione. Infatti Pechino può installare sul proprio territorio missili a gittata medio-breve in grado di colpire gli alleati degli Stati Uniti nella regione e la base americana di Guam, nel Pacifico occidentale. Inoltre i missili a breve gittata rappresentano anche un deterrente notevole nei confronti delle aspirazioni indipendentistiche di Taiwan.
Secondo quanto dichiarato dal direttore generale del dipartimento controllo armamenti del Ministero degli Esteri cinese, nonostante questa ferma posizione, la Cina resta coinvolta nei processi di disarmo e controllo degli armamenti: ad esempio ha citato il Comprehensive Test Ban Treaty (Ctbt) [3], il trattato sul divieto totale di test nucleari a cui Pechino ha partecipato affinché si arrivasse a conclusione, nonché la convenzione sulle armi biologiche e chimiche (la Cwc). Ma la Cina non ha mai ratificato il Ctbt.
Per quanto riguarda l’Europa è apparsa divisa sin dall’inizio sulla decisione USA di uscire dal trattato INF, salvo accettarla, nei fatti, senza particolari reazioni. La NATO, oltre a impegnarsi a mantenere un deterrente nucleare «safe, secure and effective», ha deciso di focalizzare la sua risposta sul rafforzamento dell’attività di intelligence, sorveglianza e ricognizione, delle capacità di difesa aerea e antimissile e delle capacità militari convenzionali. Ma un potenziamento del dispositivo militare alleato nei Paesi dell’Europa centro-orientale rischia di alimentare il contrasto con la Russia che, come gia’ osservato, nel sistema Aegis Ashore e nella sua presunta capacità dual use convenzionale/nucleare vede la vera ragione della crisi del trattato INF.
Dopo che sia Mosca che Washington si sono ritirate dal Trattato sulle forze nucleari a raggio intermedio del 1987 nel 2019, New START è l’unico accordo sul controllo degli armamenti nucleari rimasto tra i due paesi. Il New Start è rimasto l’unico trattato in corso che riesce a limitare le forze nucleari russe, oltre a rappresentare un’ancora di salvataggio per la stabilità strategica tra le due Nazioni.
Nel mese di Febbraio il parlamento russo ha approvato e il presidente russo Vladimir Putin ha firmato la legge per estendere per cinque anni il New Start: i legislatori russi, con un’azione accelerata arrivata pochi giorni prima della scadenza, hanno approvato l’estensione dell’ultimo trattato sul controllo degli armamenti nucleare Russia-USA rimasto. Il Cremlino ha detto di aver accettato di completare le necessarie procedure di estensione in breve tempo.
Il rinnovo per cinque anni del trattato New Start, stabilisce dei tetti concordati per le testate nucleari ed i vettori strategici delle due potenze. La proroga di cinque anni, che è quella massima prevista dal trattato, darà il tempo per negoziare ulteriori riduzioni che potrebbero questa volta anche includere altri Paesi detentori di armi nucleari.
Nel dettaglio, l’accordo prevede sostanziosi tagli, secondo il testo ufficiale concordato dalle due superpotenze, Stati Uniti e Russia dovranno rispettare il limite di 700 missili, 1.550 testate e 800 lanciatori.
L’accordo consente inoltre di effettuare 18 ispezioni in loco ogni anno che permettono a ciascuna parte di tenere d’occhio le capacità degli altri.
La posizione UE si evince dal COMUNICATO STAMPA 65/21 del 3.2.2021
Proroga del nuovo START: dichiarazione dell’alto rappresentante a nome dell’Unione europea
L’UE accoglie con favore l’accordo raggiunto tra gli Stati Uniti e la Federazione russa sulla proroga del nuovo trattato START per altri cinque anni.
L’UE attribuisce la massima importanza al nuovo trattato START e lo considera un contributo fondamentale alla sicurezza internazionale ed europea. La riduzione degli arsenali nucleari strategici dispiegati, prevista dal nuovo trattato START e rafforzata in particolare dal relativo meccanismo di verifica rigorosa, contribuisce all’attuazione dell’articolo VI del TNP attraverso la riduzione complessiva delle scorte mondiali di armi nucleari dispiegate. Aumentando la prevedibilità e la fiducia reciproca tra i due maggiori Stati dotati di armi nucleari, il trattato limita la concorrenza strategica e aumenta la stabilità strategica.
L’UE sottolinea la necessità di preservare e sviluppare ulteriormente i processi generali di controllo degli armamenti, di disarmo e di non proliferazione. Nel rammentare gli obblighi derivanti dall’articolo VI del TNP per tutti gli Stati dotati di armi nucleari, sottolineiamo che i due Stati dotati di armi nucleari con il più vasto arsenale sono investiti di una particolare responsabilità in materia di controllo degli armamenti e disarmo nucleare. Li esortiamo a intraprendere ulteriori riduzioni dei loro arsenali – comprese le armi nucleari strategiche e non strategiche, dispiegate e non dispiegate – e a proseguire le discussioni sul rafforzamento della fiducia, la trasparenza, la riduzione dei rischi, incluse le misure di riduzione del rischio strategico e nucleare, nonché le attività di verifica, gettando le basi per futuri accordi e relazioni sul controllo degli armamenti ancora più solidi. A tale riguardo, l’UE accoglie con favore la maggiore trasparenza dimostrata da alcuni Stati dotati di armi nucleari relativamente alle loro dottrine e alle armi nucleari di cui dispongono e invita gli altri paesi a fare altrettanto.
Per quanto riguarda la Cina, questa non intende partecipare all’accordo e sostiene che il suo è un piccolo arsenale, incomparabile con quello di Russia e Usa. Pechino ha dichiarato di essere disponibile a entrare in un accordo del genere solo quando Mosca e Washington avranno ridotto il numero di testate al livello di quello cinese. In pratica per arrivare alla parità nucleare fra le tre potenze, Washington e Mosca dovrebbero diminuire il loro arsenale del 90%. La Russia auspica l’adesione di tutti gli Stati con armi nucleari a un New Start allargato ma ha anche detto più volte che non intende mettere pressione a Pechino. Il Cremlino è in cattivi rapporti con gli Usa e l’Unione europea: la partnership strategica con il gigante asiatico gli serve per bilanciare l’ostilità del campo occidentale.
La Cina non ha intenzione di rallentare la propria corsa egemonica, limitandosi in trattati limitanti e limitativi che avrebbero gravi ripercussioni sul potenziamento dell’arsenale nazionale. Lo scenario più probabile, potrebbe essere, come riportato recentemente dal quotidiano del Partito Comunista Cinese una espansione in tempi rapidi dell’arsenale atomico a mille testate, come deterrente “per frenare le ambizioni strategiche degli Stati Uniti”.
Cosa aspettarsi allora dalla proroga del New Start limitato a USA e Russia considerando che e’ comunque un accordo che tende a garantire equilibri nucleari e geostrategici. Stati Uniti e Russia che sono al primo e al secondo posto in termini di volume degli arsenali atomici, rinnovando il trattato si impegnano a ridurre la propria disponibilità di armi nucleari e questo e’ comunque un aspetto positivo. Non si puo’ però sottacere che comunque Cina, India, Israele, Iran e Corea de Nord, che hanno sviluppato missili INF poiché il trattato vincolava soltanto le due superpotenze, non sono interessati ad una versione multilaterale per il futuro del controllo dei missili nucleari a medio-lungo raggio.
[1] Iskander è un complesso missilistico operativo e tattico russo ideato per neutralizzare meccanismi di difesa, posti di comando e hub di comunicazione, aeroporti e fortificazioni avversarie.
[2] Aegis Ashore è la variante terrestre del sistema di armi Aegis della Marina. Ogni sito Aegis Ashore include tre tubi MK 41 VLS con otto celle ciascuno per un totale di 24 intercettori per sito.
[3] Il CTBT vieta qualsiasi esplosione di test di armi nucleari o qualsiasi altra esplosione nucleare. Il Trattato comprende un protocollo in tre parti: Parte I che descrive in dettaglio il Sistema internazionale di monitoraggio (IMS); Parte II sulle ispezioni in loco (OSI); e Parte III sulle misure di rafforzamento della fiducia (CBM).