Nota a marfine
Una breve riflessione sul pensiero del Fondatore dell’Istituto Nazionale del Nastro Azzurro permetterà di comprendere come il Valore Militare sia di matrice prevalentemente morale. Risulta superfluo sottolineare il coraggio e la valentia del giovane Ettore Viola[1], Medaglia d’Oro, ma, per dissipare il sospetto diffuso che confonde il concetto di ‘valore’ con quello di ‘bellicosità ferina’, converrà riportare alcuni episodi narrati dallo stesso Protagonista dove il rispetto per l’Uomo e la stima per l’Avversario denotano una visione della vita che, anche nei suoi aspetti più critici, ha in sé i semi potenziali della pace.
In una notte ugualmente fredda e triste, quasi duemila anni prima, era nato il Redentore, ma l’umanità continuava a rimanere sorda al suo insegnamento.
Gli austriaci vollero darci prova di vedere ancora in noi, nonostante tutto, uomini della loro stessa fede religiosa, partecipando a un singolare sciopero d’armi, che durò fino al giorno dopo, e uscendo finanche dalle trincee per abbracciare, in qualche caso, coloro che avrebbero poi continuato ad essere loro nemici.
I superiori comandi presero tutte le misure per evitare il ripetersi di scene così significative ed anche così squisitamente umane. Non so se agli effetti della disciplina militare e degli obiettivi di guerra che bisognava raggiungere, essi fecero bene; so soltanto che se gli uomini che presiedono alla sorte delle nazioni si nutrissero un po’ dei sentimenti che furono comuni ai combattenti italiani e austriaci nel primo Natale di guerra, la pace – grande mito – regnerebbe forse sulla terra.[2]
Il Natale di guerra è un topos legato, nella sua intrinseca contraddizione, agli aspetti emotivi più profondi. La stima del nemico continua però ad essere ribadita anche nel combattimento più aspro, dove la forza morale che sostiene le ondate dell’avversario suscita comunque la solidarietà del Soldato:
Gli austriaci cadevano a diecine, mietuti dall’inesorabile falce della morte; e nonostante il terribile destino, continuavano a venire avanti, ondata dietro ondata.
Benché con l’animo in sospeso per la sorte dei nostri, osservando dalla Rocca non si poteva non simpatizzare per quelle valorose truppe nemiche che davano una così fulgida prova di sprezzo della vita.[3]
La trincea, al termine dei combattimenti, verrà presa dagli Italiani.
Le riflessioni di Ettore Viola e il valore di cui diede prova dimostrano che nel fenomeno bellico può essere vita una manifestazione estrema delle dinamiche che presiedono all’ordine cosmico. Gli equilibri raggiunti molto devono al Valore Militare che connotò le gesta dei Soldati: ricordare le fondamenta di tale equilibrio, di per sé instabile, permette di continuare ad alimentarlo.
[1] Ettore Viola di Ca’ Tasson (Fornoli, 21 aprile 1894 – Roma, 25 febbraio 1986).
[2] E. Viola, Vita di guerra, Roma: Danesi Editore, 1952, p. 50.
[3] Ivi, p. 51.