EDGARDO SOGNO RATA DEL VALLINO E RENATO BORAGINE – M.O.V.M. DI SETTEMBRE

  

SOGNO RATA DEL VALLINO EDGARDO

Tenente cpl. cavalleria, partigiano combattente

Studente universitario nella Facoltà di giurisprudenza a Torino, si arruolò volontario come allievo uff. di cpl. nell’Arma di cavalleria nel luglio 1935. Frequentato il corso applicativo per universitari presso la scuola di Pinerolo, venne nominato sottotenente nel reggimento “Nizza Cavalleria” nel nov. 1936. Congedato nell’aprile 1937, conseguì nello stesso anno la laurea in giurisprudenza, nel 1938 la laurea in scienze politiche e sociali ed infine, nel 1940, 1a laurea in lettere. Dal gennaio al giugno 1939, richiamato a domanda, fu volontario in Spagna combattendo nel “Gruppo Celere” squadroni di cavalleria. Ricollocato in congedo fu ammesso per concorso nella carriera diplomatica del Ministero degli Affari Esteri. Nuovamente richiamato nel nov. 1942, prestava servizio presso il reggimento “Nizza cavalleria” rientrato a Torino dalla zona di occupazione in Francia, allorché sopraggiunse la dichiarazione dell’armistizio. Passate le linee e raggiunta Brindisi, fu assegnato all’ufficio informazioni del comando Supremo. Frequentato un corso speciale ad Algeri. il 5 dic. 1943 venne paracadutato nei pressi di Biella. Durante i mesi della resistenza organizzò e diresse un rischioso e difficile servizio di informazione, di sabotaggio e di rifornimenti aerei destinati alle formazioni partigiane dell’Italia nord occidentale, dando vita alla “Organizzazione Franchi” così denominata dal suo nome di battaglia. Arrestato più volte, riuscì sempre ad evadere in circostanze romanzesche, tanto che fu posta una forte taglia sulla sua cattura. Dopo la liberazione svolse intensa attività politica; fu consultore nazionale e pubblicista polemico fondando e dirigendo un quotidiano e due periodici a Milano. Abbandonata la lotta politica, rientrò al Ministero degli Esteri nel genn. 1919. E’ stato promosso maggiore cpl. ris. dal 1958. Nominato console Generale ha retto il consolato Generale d’Italia a Washington. E’ deceduto a Torino il 5 agosto 2000.

“Spinto da generoso impulso fin dall’8 settembre 1943, si schierava contro i nazifascisti. Attraversate le linee di combattimento, sollecitava dì compiere una delicata e rischiosissima missione nel territorio italiano occupato dai tedeschi. Aviolanciato nelle retrovie nemiche, sfidava ogni rischio ed in breve tempo dava vita ad una complessa organizzazione clandestina di grande importanza militare e politica. Individuato e attivamente ricercato dalla polizia. nemica, moltiplicava le sue energie e la sua attività contribuendo sensibilmente al potenziamento del movimento di liberazione dell’Italia Nord Occidentale. Due volte arrestato dai nazifascisti, riusciva ad evadere ed incurante dei pericoli sempre maggiori che lo minacciavano, riprendeva con rinnovato fervore la sua audace missione. Per scopi informativi e per accompagnare influenti membri del CLNAI si portata tre volte nell’Italia liberata dopo audaci e fortunose vicissitudini. Caduto in mano nemica in drammatiche circostanze nel generoso e disperato tentativo di salvare un influentissimo membro del Movimento di liberazione, pur conscio di essere irrevocabilmente perduto, manteneva l‘abituale serenità e sopportava virilmente la prigionia ove lo colse il giorno della liberazione alla quale anelava tanto valorosamente contribuito” – Italia Nord Occidentale, 8 settembre 1943 -2 maggio 1945.

Altre ricompense: Cr. g. al V.M. (Madrid, marzo 1939)

 

BORAGINE RENATO

Allievo Accademia Militare di Modena, partigiano combattente

Orfano di un valoroso ufficiale dei bersaglieri, mutilato della guerra 1915-1918 e decorato di M.A. al V.M., iniziò la carriera militare nel nov. 1942, quale allievo dell’Accademia Militare di Modena. Frattanto si era anche iscritto nella facoltà di legge presso l’Università di Genova, che gli conferì poi alla memoria la laurea “ad honorem”. Dopo l’8 sett. 1943 uscito dall’Accademia per chiusura dei corsi si diede alla lotta partigiana e vi si distingueva al comando di una Brigata che operava sui monti dell’Appennino Ligure catturato in combattimento da preponderanti forze nemiche a Bardineto (Savona), per quattordici giorni affrontava col più ammirevole coraggio i tormenti della prigionia. Dopo un sommario processo fu condannato a morte. Sul muro della sua cella nel carcere di Cairo Montenotte lasciò scritto: « Ho sempre amato l’Italia, per lei sono sempre pronto a morire. Un italiano che soffre perché non è compreso. Dio, Patria, Famiglia ».

Già allievo dell’Accademia Militare di Modena, fin dai giorni immediatamente successivi all’armistizio dell’8 settembre 1943, insofferente del giogo tedesco entrava nelle schiere dei volontari della Libertà, diventando in breve comandante di una Brigata partigiana. Accercinato coi suoi uomini da soverchianti forze nazi-fasciste ed alla fine, dopo l’esaurimento delle munizioni, sopraffatto, veniva riconosciuto dai nemici comandante della formazione e sottoposto, come tale, a sfibranti interrogatori e ad atroci torture. Benché consapevole della fine che lo aspettava., nulla, non solo un nome, usciva dalle sue labbra, ma invece la fiera, sempre rinnovata testimonianza della sua fede, per la quale, al termine dei tormenti, sapeva affrontare con serenità il plotone di esecuzione. Fulgido esempio per le generazioni ventura, e persino per i nemici, che furono costretti ad ammirarne lo stoico comportamento, di ciò che possa l’amore per la Patria e per la Libertà. – Cairo Montenotte, 13 settembre 1944