Giovanni Riccardo Baldelli
(Progetto 2020/1)
La storia di una Forza Armata non è fatta solo di eventi bellici e delle storie degli uomini che vi hanno fatto parte, ma comprende anche lo studio della sua struttura organica nei diversi momenti che hanno attraversato la sua esistenza. Il Regio esercito alla fine del 1° conflitto mondiale costituiva un apparato bellico considerevole-le, strutturato su svariate grandi unità e reparti che avevano combattuto una guerra particolare, soprattutto per gli aspetti pedoclimatici dell’ambiente operativo. La forza armata dovette far fronte, in tempi abbastanza brevi, a causa di ragioni economiche e sociali, alla smobilitazione della massa dei combattenti alle armi. Il concetto dell’uomo solo al comando avvenuta con l’avvento del fascismo, si rifletté anche sulle forze armate italiane e, in particolare sul Regio esercito, in quanto Mussolini avendo avocato a sé, per la quasi totalità del ventennio, i poteri di ministro, esercitò i propri poteri per prendere alcune decisioni o avallare provvedimenti ordinativi che avrebbero influito in modo negativo sulla condotta della seconda guerra mondiale. In circa venti anni, dal 4 novembre 1918 al 10 giugno 1940, il Regio esercito fu attraversato da diversi riordini organici che non migliorarono l’efficienza globale dello strumento militare terrestre, in quanto si tenne poco conto degli ammaestramenti del primo conflitto mondiale, dello sviluppo tecnologico.
La situazione operativa al novembre del 1918
Il 2 novembre 1918, alla vigilia dell’armistizio di Villa Giusti, il Regio Esercito era strutturato su due grandi masse:
- la massa operante, la più imponente, con una forza complessiva di 2.232.976 uomini, così suddivisi:
- 607 Ufficiali;
- 150.909 tra Sottufficiali e Truppa;
- la massa territoriale, su 811.438 uomini tra:
- 888 Ufficiali;
- 550 Sottufficiali e Truppa,
operanti nei presidi, depositi e nei vari Enti territoriali.
Per un totale complessivo di 3.044.141 uomini.
Le forze della massa operante nei vari scacchieri erano così distribuiti:
- il 91,1% al fronte italiano (circa 2.000.000 di uomini);
- il 2,3% al fronte francese (circa 50.000 uomini);
- il 4,4% al fronte albanese (circa 100.000 uomini);
- il 2,2% al fronte macedone (circa 50.000 uomini).
La massa operante, strutturata su Armate, Corpi d’Armata, Intendenze, Divisioni e unità minori, era costituita da:
- i combattenti poco più di 1.500.000 uomini (circa il 67%);
- i complementi di pronto impiego, circa 50.000 uomini (circa il 2,23%);
- i complementi non ancora disponibili all’impiego operativo, all’incirca 50.000 uomini (circa il 2,23%);
- le truppe varie e servizi su 550.000 uomini (circa il 24,18%).
La forza territoriale che si divideva in presidi, depositi ed enti vari del territorio ed inquadrata in unità minori, faceva capo ai Comandi della Circoscrizione Militare Territoriale, operante già dal 24 maggio su 5 Comandi di Divisione e 12 Comandi di Corpo d’Armata Territoriale, dipendenti dal Ministero della Guerra
La situazione organica al novembre del 1918
Analizzando la struttura dell’esercito alla data della cessazione delle ostilità si può notare come:
- le Armate avessero connotazione organica diversa l’una dall’altra a seconda del compito affidatole;
- le Intendenze d’Armata erano dirette e coordinate dall’intendenza generale;
- i Corpi d’Armata fossero su struttura binaria.
Per le divisioni di fanteria la grande unità tattica per antonomasia era ordinata su:
- comando di divisione;
- quattro compagnie mitraglieri divisionali;
- due brigate di fanteria su due reggimenti e tre battaglioni ciascuno, per un totale di dodici battaglioni;
- otto-dieci batterie artiglieria da campagna;
- un gruppo artiglieria pesante campale (eventuale);
- quattro compagnie del genio di cui una compagnia collegamenti;
- una sezione sanità;
- una sezione sussistenza;
- due autosezioni.
Alla fine del 1918 il rapporto tra artiglieria e fanteria, pur avendo raddoppiato il numero delle artiglierie, non era arrivato nemmeno ad avere una batteria per ogni battaglione di fanteria. Si stava quindi delineando l’ipotesi di ridurre il numero di battaglioni di fanteria ed aumentare quello delle batterie di artiglieria. Questa filosofia di incremento delle artiglierie era dovuto al fatto che, sulla base delle esperienze riscontrate durante la guerra, era stata dimostrata la necessità che le fanterie impegnate in combattimento dovessero essere sostenute da masse di fuoco sempre più imponenti.
Tra le grandi unità divisionali la divisione bersaglieri, esistente durante la guerra, ma non più alla fine del 1918, aveva analoga struttura a quella di fanteria mentre organici differenti si potevano riscontrare:
- nella divisione alpina[1], che essendo destinata all’impiego in terreno montano aveva una struttura complessa ed abbastanza pesante:
- comando di divisione;
- quattro compagnie mitraglieri divisionali;
- due raggruppamenti alpini composti ognuno da due gruppi[2];
- un raggruppamento artiglieria da montagna;
- un battaglione zappatori;
- una compagnia telegrafisti;
- unità di supporto logistico.
- nella divisione d’assalto, che in ragione della sua connotazione non disponendo di proprie unità di supporto logistico, come pure il Corpo d’Armata d’assalto, per tutto quello che concerneva il sostentamento, i trasporti e i servizi sanitari, si riforniva appoggiandosi sugli organi logistici esistenti nell’area in cui era destinata ad operare.
La divisione aveva una composizione basata su:
- un comando di divisione;
- un raggruppamento su tre gruppi, ciascuno ordinato su tre battaglioni d’assalto;
- nella divisione di cavalleria, costituente, caso unico, una unità tattica e logistica in possesso di elevata autonomia e, logicamente, per gli standard dell’epoca, mobilità.
L’Ordinamento Albricci
Con il Regio Decreto n. 2143 del 21 novembre 1919 venne emanato l’Ordinamento Albricci, che prese il nome dal suo relatore ed estensore, Ministro della Guerra dal 24 giugno 1919 al 13 marzo 1920.
Il provvedimento ordinativo si ispirava all’Ordinamento Spingardi del 1910, ideatore del progetto e ministro della Guerra pro-tempore, il generale Paolo Spingardi, che era stato concordato di concerto con il capo di stato maggiore il generale Alberto Pollio.
L’ordinamento approvato con la legge 17 luglio 1910 n. 515 prevedeva un’intelaiatura su:
- dodici Corpi d’Armata;
- venticinque Divisioni Territoriali;
- quarantotto brigate di fanteria su due reggimenti di fanteria e granatieri;
- novantasei reggimenti fanteria di linea e di granatieri;
- dodici reggimenti bersaglieri;
- otto reggimenti alpini;
- ventinove reggimenti di cavalleria;
- trentasei reggimenti artiglieria da campagna;
- un reggimento artiglieria a cavallo;
- due reggimenti artiglieria da montagna;
- due reggimenti artiglieria pesante campale;
- dieci reggimenti artiglieria da fortezza;
- sei reggimenti genio;
- un battaglione specialisti del genio.
Ritenuto insufficiente dallo stesso Pollio, che auspicava un incremento del volume organico della forza bilanciata[3] fino a circa 300.000 uomini, quello proposto da Spingardi era un esercito che cercava letteralmente di sopravvivere con conseguente demoralizzazione dei quadri e dispendio di finanze pubbliche. L’esigua forza del personale a disposizione per l’addestramento delle unità, in rapporto al loro numero, faceva sì che, ad esempio, nei reggimenti di fanteria il numero degli elementi disponibili per l’addestramento era di circa quindici soldati per ogni compagnia.
Era in buona sostanza un esercito sottodimensionato sotto il profilo degli organici e sotto finanziato per quanto attiene la disponibilità finanziaria, con evidenti ripercussioni sulle dotazioni degli equipaggiamenti e degli armamenti. L’organico fu poi incrementato a ridosso del primo conflitto mondiale quando i Corpi d’Armata furono portati a quattordici, le divisioni di fanteria furono incrementate a trentacinque e nella struttura furono comprese una divisione di bersaglieri e quattro divisioni di cavalleria.
Rispetto all’Ordinamento Spingardi l’Ordinamento Albricci, però, incrementava il numero delle unità, in ragione dell’espansione demografica e del territorio ottenuto dopo il conflitto mondiale, introducendo alcune innovazioni per lo più ereditate da Cadorna ed ottenute, oltre che dall’evoluzione dei mezzi d’impiego, dalle lezioni apprese durante la Grande Guerra.
Le maggiori novità portate dall’Ordinamento Albricci furono:
- la costituzione di un gruppo carri armati;
- l’espansione del Corpo Aeronautico;
- la creazione delle nuove specialità dei radiotelegrafisti, degli automobilisti e dell’artiglieria contraerei,
d’altro canto, il provvedimento comportò:
- la riduzione delle armi a cavallo e della componente a traino animale;
- lo snellimento dell’organizzazione militare mediante il decentramento di organi e servizi.
- l’abolizione del Corpo di Stato Maggiore sostituito dal Servizio di Stato Maggiore (da colonnello a capitano).
- la costituzione:
- di cinque Comandi designati d’Armata in luogo dei quattro esistenti in precedenza, nelle seguenti sedi: Torino, Milano, Bologna, Firenze e Napoli;
- dell’Ispettorato generale dell’Esercito;
- degli Ispettorati Generali delle armi di fanteria, cavalleria artiglieria e genio;
- della Commissione Suprema per la Difesa dello Stato;
- del Consiglio degli Ispettori (nuovo organo consultivo);
- di un Ispettorato Aeronautica, alle cui dipendenze erano posti i raggruppamenti aeroplani, i gruppi aerostieri e dirigibilisti;
- del Corpo Automobilistico, su una direzione Centrale automobilistica e quindici centri (uno per ogni Corpo d’Armata).
- del Corpo del treno;
- di sei brigate bersaglieri;
- di quindici comandi di brigata di artiglieria di Corpo d’Armata;
- di sette comandi di gruppo Legioni Carabinieri;
- di un gruppo carri armati (strutturato su un reparto carri d’assalto, un reparto autoblindomitragliatrici ed un deposito);
- di un reggimento di artiglieria autoportata (strutturato su un comando, cinque gruppi ed un deposito);
- di un reggimento genio radiotelegrafisti (strutturato su un comando, cinque battaglioni ed un deposito);
- di un reggimento di genio specialisti, per trasformazione del preesistente battaglione (strutturato su un comando, cinque battaglioni ed un deposito);
- di tre raggruppamenti aeroplani (uno da caccia, uno da ricognizione e uno da bombardamento);
- di due gruppi aerostieri e un gruppo dirigibilisti;
- di quindici centri automobilisti (uno per Corpo d’Armata);
- di quindici gruppi treno al posto delle compagnie treno di artiglieria (32) e delle compagnie treno genio (9);
- la diminuzione:
- delle divisioni (da tre a due), delle brigate (da otto a sei) e dei reggimenti di cavalleria (da ventinove a sedici);
- dei reggimenti di artiglieria da campagna a traino animale (da trentasei a trenta)[4];
- dei reggimenti di artiglieria pesante (da dodici a sei) e da costa (da dieci a quattro)[5];
- l’incremento, oltre che dei comandi designati d’Armata:
- dei Comandi di Corpo d’Armata (da dodici a quindici);
- delle divisioni[6] di fanteria di linea (da venticinque a trenta);
- delle brigate di fanteria di linea (da quarantasette a cinquantatré);
- delle brigate alpine (da tre a quattro);
- delle Legioni Carabinieri (da dodici a ventidue);
- dei reggimenti di fanteria di linea (da novantaquattro a centosei);
- dei reggimenti alpini (da otto a nove);
- dei reggimenti di artiglieria da montagna (da due a tre), strutturati su un comando, tre gruppi e un deposito;
- dei reggimenti di artiglieria pesante campale (da due a quindici), strutturati un comando, quattro gruppi e un deposito;
- dei depositi scuola contraerei (da due a tre), strutturati su un comando e cinque reparti;
- dei battaglioni genio zappatori e genio telegrafisti (da sei a quindici);
- dei comandi di Distretto Militare (da ottantotto a centotrenta);
- il mantenimento dei livelli ordinativi precedenti al 1° conflitto mondiale:
- della brigata granatieri;
- dei reggimenti granatieri (2);
- dei reggimenti bersaglieri[7] (12);
- del reggimento artiglieria a cavallo, ordinato su due gruppi anziché quattro;
- del reggimento genio pontieri-lagunari;
- del battaglione genio minatori;
- del battaglione ferrovieri;
- la soppressione:
- del reggimento genio zappatori;
- del reggimento genio telegrafisti;
- il mantenimento del Corpo invalidi e veterani.
Il sostegno logistico alle unità e agli enti territoriali secondo l’ordinamento Albricci prevedeva il:
- Corpo Sanitario con relativo Ispettorato, 15 direzioni di sanità e 15 compagnie per ogni comando di Corpo d’Armata, gli ospedali militari e una farmacia centrale militare;
- Corpo di commissariato militare, con un ispettorato dei servizi di commissariato, 15 compagnie di sussistenza e stabilimenti vari (molini, panifici, stabilimenti per la produzione di gallette e carne in scatola, magazzini viveri e casermaggio);
- Corpo di amministrazione;
- Corpo veterinario.
La formazione di base e di specialità del personale era poi assicurata:
- dalle Scuole militari, quali:
- i Collegi militari;
- le Scuole di reclutamento;
- le Scuole di Applicazione;
- le Scuole centrali, costituite per l’addestramento pratico degli Ufficiali;
- dal Corso superiore tecnico d’artiglieria;
- dagli Istituti superiori di cultura militare;
- dalla Scuola centrale di educazione fisica.
Vennero poi mantenuti:
- l’Istituto Geografico Militare;
- il Tribunale supremo di guerra e marina;
- i Tribunali militari (15, uno per ogni Corpo d’Armata);
- i reparti di punizione e Stabilimenti militari di pena, su un Comando, quattro compagnie di disciplina un carcere militare e un reclusorio militare, completavano l’ordinamento del Regio Esercito.
Caratteristica dell’Ordinamento Albricci, rispetto a quelli del passato, fu un alleggerimento della struttura militare, ottenuto mediante un preciso decentramento di organi e servizi per il Corpo d’Armata e la soppressione dei reparti e servizi ritenuti non necessari. Si passò poi dai servizi a traino animale al traino meccanico e, di conseguenza, fu attuata anche una notevole riduzione delle unità a cavallo.
L’ordinamento comportò anche:
- la riduzione della forza bilanciata a 210.000 uomini;
- la riduzione della ferma ad un anno, riducibile, poi a otto mesi;
- la sanzione del principio dell’obbligatorietà del servizio militare per tutti i cittadini, salvo rarissime eccezioni.
L’ordinamento Albricci raccolse, quindi, alcune delle principali indicazioni apprese dall’utilizzo dei carri armati e degli aeroplani che, durante la fase finale della guerra mondiale, avevano restituito il primato all’azione offensiva.
L’Ordinamento Bonomi
L’ordinamento Bonomi dal nome dell’estensore, Ministro della Guerra come visto in precedenza in due fasi temporali di poco distanti l’una dall’altra, entrò in vigore il 22 aprile 1920.
L’ordinamento Bonomi comportò la riduzione del numero:
- dei comandi designati di Armata (da cinque a quattro);
- dei Corpi d’Armata che scesero da quindici a dieci,
ma non fece alcuna menzione agli ispettorati d’arma, della sanità e del commissariato.
I provvedimenti riduttivi attuati nei confronti dei comandi di Corpo d’Armata provocarono principalmente la contrazione del numero:
- dei reggimenti bersaglieri;
- dei reggimenti dell’artiglieria da campagna;
- dei reggimenti di cavalleria;
- dei battaglioni genio zappatori;
- dei battaglioni del genio telegrafisti;
- dei centri automobilisti;
- degli altri organi logistici inseriti in seno agli organici di queste grandi unità.
Concretamente l’ordinamento Bonomi rispetto all’ordinamento Albricci comprendeva i seguenti elementi:
- Stato maggiore dell’esercito e comandi di grandi unità, su: quattro comandi designati d’Armata (una in meno), dieci Corpi d’Armata territoriali (cinque in meno), trenta divisioni (ventisette di fanteria e tre alpine) e una divisione di cavalleria (una in meno). Venne mantenuto anche il Servizio di Stato maggiore per gli ufficiali dal grado di capitano a colonnello;
- arma dei carabinieri Reali, su: un Comando generale, sette comandi di gruppo legioni, ventidue legioni, una scuola allievi ufficiali e una scuola allievi sottufficiali;
- arma di fanteria, oltre alle divisioni sopraelencate prevedeva: un comando brigata granatieri, con due reggimenti, cinquantuno comandi di brigata di fanteria di linea (2 in meno) e centodue reggimenti (4 in meno), due comandi brigata bersaglieri (4 in meno) e quattro reggimenti (8 in meno). I reggimenti bersaglieri rimasero sempre dodici e si procedette a scioglier con gradualità le brigate di fanteria Udine, Treviso, Piacenza, Catanzaro e Gaeta. Non era previsto nessun comando di brigata alpina (ne erano previsti inizialmente quattro), ma includeva nove reggimenti alpini. Concludeva l’ordinamento dell’arma un gruppo di carri armati[8]. Parimenti all’ordinamento Albricci nell’ordinamento Bonomi non erano previste le unità di fanteria d’assalto, comunemente dette arditi, che nel corso del conflitto avevano fornito ottime prove;
- arma di cavalleria;
- arma di artiglieria;
- arma del genio;
- arma aeronautica, permaneva ancora all’interno dell’esercito anche se assumeva, variandone il nome precedentemente assegnato di Corpo Aeronautico, il rango di arma con una struttura più razionale contraddistinta da lievissime riduzioni organiche.
Ne facevano quindi parte: un comando superiore di aeronautica (in luogo dell’ispettorato), due comandi di aeronautica (uno ciascuno per aerostieri-dirigibilisti e l’altro per gli aviatori), un raggruppamento aeroplani da caccia (su tre gruppi e dieci squadriglie), un raggruppamento aeroplani da bombardamento (un gruppo da tre squadriglie), un raggruppamento aeroplani da ricognizione (su tre gruppi e dodici squadriglie), un gruppo aerostieri (uno in meno), un gruppo dirigibilisti, un comando scuole, una direzione dei servizi di armamento ed in più il servizio fotografico. La nuova arma, con poche riduzioni ordinative, risultava quindi strutturata in maniera più razionale di quanto lo fosse nel precedente ordinamento Albricci.
- Servizi logistici, che annoveravano:
- il Corpo automobilistico, che prendeva in toto le veci del soppresso e anacronistico Servizio del treno;
- il Corpo sanitario militare;
- il Corpo di commissariato militare;
- il Corpo di amministrazione;
- il Corpo veterinario;
- le Scuole militari;
- Enti territoriali vari che comprendevano:
- i Distretti militari, il Corpo invalidi e veterani, l’Istituto geografico militare, i Depositi di allevamento cavalli, il Tribunale supremo di guerra e marina, tribunali militari, i Reparti di punizione e stabilimenti militari di pena.
L’ordinamento Gasparotto
Nel corso dei lavori la Speciale commissione consultiva analizzò nel particolare l’eventuale attuazione della Nazione armata, un concetto che potesse consentire alla popolazione di affrontare con meno sacrifici la coscrizione obbligatoria e le spese militari, conciliando, al tempo stesso, le esigenze sociali ed economiche con quelle della difesa nazionale.
Nel concetto di Nazione armata, elaborato dalla commissione la ferma sarebbe stata unica per tutti ed avrebbe avuto una durata di sei mesi e, in presenza di casi particolari, sarebbe stata ridotta ulteriormente a due mesi; la chiamata del contingente di leva sarebbe stata effettuata tre volte all’anno (1° marzo, 1° luglio e 1° novembre) e la forza bilanciata sarebbe dovuta essere al massimo di 150.000 uomini circa.
Luigi Gasparotto, membro della sinistra liberale, con la nomina a ministro della guerra nell’estate del 1921 divenne il più discusso dei ministri del primo dopoguerra, anche se la sua designazione al posto più alto del dicastero militare venne salutata con manifestazioni di stima.
Il progetto realizzato da Gasparotto, con il quale intendeva dotare l’esercito di un nuovo ordinamento, era da considerare sicuramente non provvisorio e con una durata di almeno un lustro. Il progetto di per sé ambizioso elaborato da alcuni giovani ufficiali del suo staff, non passò per la visione ed approvazione dello stato maggiore centrale presentato in un’ufficiosa intervista concessa al Messaggero a metà ottobre del 1921, che si curò di inviare con un’insolita procedura agli Enti e Comandi della Forza Armata. Successivamente il progetto di riordino della struttura ordinativa dell’esercito fu oggetto di vivaci discussioni anche se non fu mai diramato il contenuto integrale, in quanto che il testo definitivo sarebbe dovuto uscire dai lavori della Commissione consultiva e dal Consiglio dell’esercito.
Il progetto prevedeva, essenzialmente, la suddivisione dell’esercito in due blocchi:
- uno, con il compito di copertura (truppe di copertura), sempre in servizio e dislocato nelle zone prossime alle frontiere nazionali;
- l’altro, di istruzione e mobilitazione (centri di istruzione e mobilitazione), articolato in regioni e zone militari con compiti:
- territoriali;
- d’istruzione premilitare;
- di reclutamento;
- di mobilitazione in guerra delle unità;
- di approntamento e delle predisposizione necessarie per la mobilitazione industriale del paese.
La composizione delle forze di istruzione e mobilitazione prevedeva la ripartizione del territorio nazionale in diciotto Circoli o Dipartimenti, riuniti in regioni militari.
Ogni circolo, a sua volta, avrebbe incorporato tre centri per le varie armi e i vari organi esecutivi dei servizi logistici (stabilimenti e magazzini).
In caso di guerra, ogni centro avrebbe poi provveduto alla costituzione di tre reggimenti di fanteria che, di conseguenza, avrebbero dato vita a cinquantaquattro divisioni di fanteria su base ternaria. Stessa cosa sarebbe poi dovuta avvenire perciò con gli altri centri delle altre armi.
All’atto della dichiarazione di guerra si sarebbero concretizzate poi le seguenti trasformazioni ordinative:
- i comandi di regione in comandi di Armata;
- i comandi di circolo in comandi di Corpo d’Armata;
- i comandi di centro in comandi di divisione.
Nel complesso questa tipologia di ordinamento sarebbe stato in grado di mobilitare nell’ordine:
- sessanta divisioni di fanteria;
- due divisioni di bersaglieri;
- sei brigate alpine ciascuna su due reggimenti.
L’esercito permanente avrebbe dovuto essere strutturato su dieci comandi di Corpo d’Armata su base binaria (su due divisioni di fanteria anziché tre), ciascuna su:
- tre reggimenti di fanteria;
- un reggimento di artiglieria.
Il progetto Di Giorgio
Nel 1925 il generale Antonio Di Giorgio nominato ministro della guerra il 30 aprile 1924, preparò un nuovo progetto di riordinamento dell’esercito che nelle intenzioni avrebbe dovuto rappresentare un avviamento della Nazione armata.
Con tale progetto si intendeva:
- abolire l’intelaiatura di pace dell’esercito (dieci Corpi d’Armata e trenta divisioni secondo quanto previsto dall’ordinamento Diaz);
- approntare in pace solamente i quadri e i materiali necessari, andando così ad incidere sulla forza bilanciata e nella fattispecie sulle unità di fanteria;
- garantire le frontiere con un adeguato sistema di copertura;
- preparare tecnicamente l’esercito per la guerra con il minor disagio dei cittadini e minor dispendio di risorse finanziarie, in modo tale che alla mobilitazione, però, tutte le forze del paese avrebbero potuto e dovuto essere inquadrate in un numero considerevole di grandi unità.
Nel dettaglio, i concetti informatori dell’ordinamento Di Giorgio furono:
- l’iscrizione dei militari di leva in due categorie:
- la 1a categoria, con una durata massima della ferma di 18 mesi;
- la 2a categoria, sottoposta ad una ferma di 3 mesi, sarebbe stata composta da elementi con determinate condizioni familiari o in possesso di determinati requisiti;
- il cambio di denominazione dei reggimenti in Centri, di cui:
- una parte sarebbe stata tenuta in efficienza in un determinato periodo dell’anno;
- l’altra, nel restante periodo dell’anno, sarebbe stata impiegata quale scuola degli allievi Ufficiali di complemento e dei Sottufficiali e per i corsi di aggiornamento per gli ufficiali di complemento congedati.
Ciò avrebbe comportato la difesa dell’ordine interno e la preparazione tecnica dell’esercito, con minore disagio nei confronti dei cittadini e un maggior risparmio finanziario per le casse dello stato;
- la tenuta, costante, in efficienza delle truppe alpine, allo scopo di avere delle forze pronte di copertura alla frontiera alpina;
- l’abbandono del traino animale per tutte le artiglierie e la contestuale adozione del traino meccanico;
- il mantenimento del traino animale delle artiglierie someggiate e da montagna;
- la ricostituzione del Corpo di Stato Maggiore della carica di CASMRE e degli Ispettorati delle armi e dei servizi;
- l’aumento del numero degli ufficiali per assicurare un buon addestramento alle truppe, riunendo in un corpo specifico gli ufficiali appartenenti al Ruolo tecnico di artiglieria.
L’ordinamento Diaz
Nel periodo intercorso tra l’ordinamento Bonomi e l’adozione dell’ordinamento Diaz[9] (Regio Decreto n. 12, circolare n. 15 del 7 gennaio 1923) i provvedimenti ordinativi più importanti che vennero intrapresi furono:
- la costituzione di diciotto battaglioni mobili territoriali autonomi per il supporto alle esigenze territoriali dell’Arma dei Reali Carabinieri[10];
- la definizione dell’organico e delle attribuzioni del Comando Superiore dell’Aeronautica;[11]
- l’istituzione di una commissione per l’ordinamento dell’educazione fisica e della preparazione militare del paese[12];
- la definizione del numero dei generali;
- la formazione di un nuovo reggimento di cavalleria.
Il mandato di Armando Diaz, quale ministro della guerra, durò dal 31 ottobre 1922 fino al 30 aprile 1924 quando rassegnò le dimissioni
I punti fondamentali dell’ordinamento Diaz quale ministro della guerra furono:
- la forza bilanciata di 250.000 uomini;
- la durata della ferma di leva portata a 18 mesi, che avrebbe garantito le esigenze del tempo di pace e assicurato la presenza alle armi di un contingente istruito di un’intera classe di leva;
- la struttura di pace rapportata in base al numero delle unità in guerra ed idonea, come suggerito dal consiglio dell’esercito, ad inquadrare rapidamente, ordinativamente ed efficacemente tutte le forze nazionali per il massimo sforzo militare;
- la disponibilità di adeguati nuclei opportunamente preparati per costituire unità moralmente e tecnicamente preparate;
- la disponibilità di un numero di quadri che potesse far fronte alle minime esigenze dettate dal tempo di pace e a quelle delle unità di mobilitazione, completando i ranghi, all’emergenza, con il richiamo del personale congedato;
- lo sviluppo delle scuole ufficiali di complemento e sottufficiali;
- le procedure dettagliate volte a ridurre i tempi di mobilitazione.
Altri aspetti importanti nel nuovo ordinamento proposto da Diaz, che non devono essere dimenticati furono:
- l’affidamento del comando dell’esercito ad un Ispettore generale, nominato dal re su proposta del Consiglio dei ministri, carica vacante ma pronta, come ipotizza Ceva per un ministro della guerra ritenuto scomodo dal vertice politico. Nel frattempo, la direzione dell’esercito è di competenza del Consiglio dell’esercito, epurato dai giovani Generali che vi erano stati introdotti da Gasparotto;
- la riforma della Commissione Suprema di Difesa, nuovamente definita mista in quanto ha carattere interforze e si avvale della consulenza del consiglio dell’Esercito e del comitato degli ammiragli e del nuovo Comitato per la preparazione della mobilitazione nazionale.
Analizziamo, di seguito, nel dettaglio le più importanti ed innovative figure, a nostro modesto avviso, e i consessi introdotti dall’Ordinamento Diaz: l’Ispettore dell’esercito, il Consiglio dell’esercito, la Commissione Suprema di Difesa e il Comitato per la preparazione della mobilitazione nazionale.
L’ordinamento Diaz teneva ancora in notevole considerazione l’elemento umano, ma si prodigava nel dare il giusto peso alla meccanizzazione delle truppe e della loro applicazione sui campi di battaglia.
Infatti nelle intenzioni allusive del suo estensore il nuovo provvedimento avrebbe dovuto porre maggiore considerazione sull’elemento uomo tenendo il massimo e realistico conto del valore dei mezzi meccanici e della loro pratica applicazione. Presupposto fondamentale era quello di disporre di adeguati nuclei opportunamente preparati per costituire le varie unità. I nuclei preposti all’inquadramento erano ritenuti indispensabili per poter adunare in unità efficienti, sia sotto il profilo tecnico e sia morale, tutto il personale alle armi e quello richiamato in servizio. Questa mescolanza di personale alle armi sarebbe stata in grado di ottenere, in tempi brevi, un’amalgama che sarebbe stata invece difficoltosa in altre situazioni, in ragione:
- della tipologia dei mezzi tecnici in dotazione;
- della relativa specializzazione necessaria per poter condurre e far funzionare i mezzi messi a disposizione.
La costituzione di questi nuclei sarebbe stata effettuata con delle rinnovate procedure di mobilitazione, tali che avrebbero permesso il rapido approntamento della nazione in armi secondo quanto dettato dalle esigenze militari. Nel caso in cui si fosse rinunciato al sistema dei nuclei di inquadramento e di conseguenza alla costituzione ex novo delle unità sul piede di guerra, ciò avrebbe comportato il rallentamento della costituzione di unità efficienti e il ritardo nella radunata, nello sfruttamento dei trasporti ferroviari e delle caratteristiche del territorio di confine.
L’ordinamento Diaz era un primo esperimento per creare un rapporto sinergico tra il mondo militare, l’industria, il complesso del mondo scientifico ed universitario e l’istruzione premilitare in coordinamento con l’educazione civica.
L’ordinamento Diaz, che rimase in vigore fino al marzo 1926, anche se con dei ritocchi, prevedeva inoltre le seguenti innovazioni:
- per l’arma di fanteria:
- la costituzione organica di reparti, necessaria con l’introduzione di nuove armi (mitragliatrici e cannoncini, su tutti) e nuovi procedimenti tattici. Il numero dei battaglioni dei reggimenti, poi, non sarebbero stati costituiti da un numero fisso ma dipendente dalle disposizioni emanate dal Ministro della guerra;
- l’abolizione dell’organizzazione delle truppe alpine in divisioni alpine e la riunione, in raggruppamenti più aderenti alle esigenze della copertura, di una rapida mobilitazione e dell’impiego in guerra;
- la costituzione del reparto carri armati (strutturato su comando, deposito e unità di carri armati)., riservandosi di dare maggiore sviluppo a questa nuova specialità;
- la conservazione dei dodici reggimenti bersaglieri, utilizzandoli per l’impiego quali unità ciclisti per le unità celeri e per la formazione di nuclei dedicati a unità d’assalto, ma abolendo le brigate bersaglieri;
- per l’arma di cavalleria:
- la formazione organica dei reparti in modo analogo a quello previsto per l’arma di fanteria, al fine di conferire una maggiore efficienza tattica e costituire delle grandi unità celeri insieme alle altre armi;
- per l’arma di artiglieria l’adozione:
- di unità leggere someggiate e di obici nell’artiglieria da campagna;
- del traino meccanico, per rendere le unità meno vulnerabili ad attacchi con gas e per consentire un rapido intervento delle artiglierie di medio e grosso calibro nel combattimento;
- per l’arma del genio:
- la riunione delle unità in raggruppamenti di Corpo d’Armata, alle dipendenze dirette di questi comandi, in modo che avessero potuto disporre di quelle specialità di prevista assegnazione in guerra (zappatori, minatori e telegrafisti);
- la costituzione del reggimento radiotelegrafisti, visto il notevole sviluppo ed utilizzo della radiotelegrafia nel combattimento;
- per i servizi:
- la costituzione dei raggruppamenti trasporti di Corpo d’Armata compresi gli specialisti del treno e gli automobilisti), rendendo l’impiego dei mezzi di trasporto più efficace ed economico;
- la creazione di un servizio chimico militare;
- il mantenimento in vita di solamente quei stabilimenti militari necessari alle esigenze di mobilitazione, facendo altresì ricorso a contratti esterni all’amministrazione per il mantenimento logistico;
- per le scuole e gli istituti di formazione:
- la trasformazione degli enti preposti al reclutamento, secondo gli standard in vigore in merito al reclutamento e alla formazione degli ufficiali in servizio effettivo;
- la costituzione delle Scuole centrali delle varie armi per perfezionare l’univocità di preparazione tecnico-professionale degli ufficiali;
- la costituzione in ogni unità di livello Corpo d’Armata delle Scuole Allievi Ufficiali di Complemento e per Sottufficiali;
- la soppressione della direzione delle scuole militari;
- per gli altri enti, in aderenza a quanto stabilito dai Regi Decreti dell’11 gennaio 1923, fu dato corso:
- alla costituzione dell’Ispettorato Generale dell’Esercito (già previsto dall’ordinamento Albricci);
- la composizione e l’indicazione delle attribuzioni del Consiglio dell’Esercito;
- al ripristino e l’ampliamento delle attribuzioni della Commissione suprema mista di difesa;
- al cambio di denominazione dello SMRE in Stato Maggiore Centrale e, di conseguenza, della carica di CASMRE in Capo di Stato Maggiore Centrale.
L’ordinamento Mussolini
A seguito dell’ordinamento Diaz adottato nel 1923 lo stato maggiore dell’esercito aveva iniziato a studiare i processi di mobilitazione ad esso legati. Nel particolare la divisione su due brigate e due reggimenti, per un totale di dodici battaglioni, aveva dimostrato, come anche in guerra, la sua pesantezza e la scarsa manovrabilità. A ciò si aggiungevano, secondo le esperienze della guerra, anche i pezzi di artiglieria che sarebbero dovuti aumentare in ragione di un gruppo di artiglieria per ogni due battaglioni di fanteria, portando a sei i gruppi per ogni divisione. Era quindi necessario procedere ad una drastica “cura dimagrante”, secondo anche il pensiero comune adottato anche in altri eserciti. In poche parole, era necessario ridurre il numero di battaglioni di fanteria, visto che l’introduzione delle nuove armi aveva incrementato anche il volume di fuoco della fanteria. Fu così adottato un compromesso che era già implicitamente espresso dall’ordinamento Diaz: divisione quaternaria in pace e divisione ternaria in tempo di guerra.
Era quindi questo il difetto più grave dell’ordinamento Diaz, ovvero ricercare il compromesso tra l’ordinamento della divisione in tempo di pace, a struttura quaternaria, a quella ternaria del tempo di guerra con conseguente ipotetico caos derivante dalle operazioni di mobilitazione, facendo perdere quella coesione morale e quell’amalgama addestrativa raggiunta dalle unità in tempo di pace.
Nei primi mesi del 1925 fu presentata dallo SMRE al generale Francesco Ferrari, Capo di Stato Maggiore dall’11 aprile al 4 maggio 1925, una relazione nella quale si consigliava l’adozione della struttura ordinativa ternaria. Il Ferrari approvò lo studio senza darne seguito a causa della sua sostituzione con Pietro Badoglio, avvenuta, come già scritto, il 4 maggio 1925. Badoglio approvò la relazione e dispose che il contenuto fosse trascritto in una memoria da presentare a Mussolini, quale capo del governo e ministro della guerra. Mussolini, nell’approvare la memoria si espresse affinché per ogni provincia venisse dislocato almeno un reggimento di fanteria e quelli di supero nell’Italia settentrionale.
I criteri ai quali si ispirava l’estensore della Memoria, il cui contenuto rispecchiava la perfetta sincronizzazione d’intenti tra l’organo tecnico preposto alla pianificazione e l’intento riduzionista ispirato dagli ordinamenti scudo e lancia di Gasparotto e Di Giorgio, erano:
- l’individuazione del numero di unità del tempo di pace doveva essere commisurato allo sforzo che si intendeva compiere al momento della mobilitazione, in quanto avrebbe permesso di poter procedere con rapidità e facilità al loro completamento;
- l’adozione, fin dal tempo di pace, della formazione ternaria da parte delle divisioni, in modo tale da procedere, all’atto della mobilitazione, al loro rapido completamento senza dover per forza ricorrere alla costituzione di nuove unità;
- la definizione del numero massimo di unità, fissato in trenta divisioni di fanteria a struttura ternaria, che secondo gli studi, all’atto della mobilitazione dovevano essere riunite in grandi unità di livello superiore, supporti operativi e logistici compresi. Dal numero delle grandi unità stabilite per il tempo di pace sarebbe dipeso il numero dei reggimenti di fanteria, di artiglieria e dei relativi complementi e supporti.
Le linee fondamentali istitutive che riprendevano le proposte e gli studi dello Stato Maggiore, inserite nel provvedimento legislativo del marzo 1926, furono i seguenti:
- l’adozione della divisione ternaria sin dal tempo di pace, assegnando in organico alla divisione una sola brigata di fanteria (su tre reggimenti, ciascuno su tre battaglioni) ed un reggimento di artiglieria (su quattro gruppi), dando così all’unità il carattere d’inscindibilità dei suoi elementi costitutivi;
- l’intelaiatura dell’esercito di pace basata su trenta divisioni ternarie, con alcune ad organici rinforzati, quale soluzione di compromesso tra gli studi maturati in quel periodo e tendenti ad opposte concezioni di:
- un esercito scudo e lancia, sempre pronto ad essere impiegato, ancorché piccolo ma con un impegno finanziario notevole;
- un esercito a grande intelaiatura;
Fu inoltre stabilito che tutte le unità dovessero avere una struttura identica e, pertanto, diverse unità previste dall’ordinamento Diaz dovettero essere contratte, visto che lo sforzo di mobilitazione non avrebbe consentito la possibilità di inquadrarle nel numero di divisioni di pronto impiego stabilito dal nuovo ordinamento. Da questo conseguì la decisione di procedere allo scioglimento di diverse unità quali brigate e reggimenti di fanteria;
- la durata della ferma pari a 18 mesi, per la quasi totalità degli arruolati, con alcune eccezioni a favore di alcuni incorporati che, per ragioni varie (situazione familiare, servizio premilitare, ecc.), potevano compiere solo 6 mesi di servizio;
- la variabilità del contingente alle armi, fissando la forza del contingente a 18 mesi di ferma e di quello a 6, oltre alla fissazione delle chiamate alle armi, si poteva ottenere:
- un periodo dell’anno di forza massima, durante il quale tutte le unità dell’esercito avrebbero assunto una notevole forza quantitativa e qualitativa, facendo funzionare ogni unità a pieno regime;
- un altro periodo dell’anno con una forza minima, durante il quale la forza alle armi sarebbe stata quella necessaria, sia per le esigenze della copertura sia per la costituzione, presso ogni corpo, di almeno un’unità elementare con cui continuare l’addestramento dei quadri e degli specialisti;
- una forza bilanciata di 250.000 uomini;
- l’intangibilità delle scorte di mobilitazione, alle quali invece si era attinto molte volte in passato, viste le croniche deficienze di bilancio, specialmente per quanto riguardava vestiario e munizioni;
- la suddivisione dell’esercito tra parte metropolitana e parte coloniale (dipendente dal Ministero delle Colonie che provvedeva al suo sostentamento con propri stanziamenti di bilancio).
Le varianti all’ordinamento del 1926
Frutto di un compromesso tra il concetto di nazione armata e quello di esercito permanente, l’ordinamento Mussolini era stato in parte osteggiato dalla stessa corrente che lo aveva caldeggiato, in quanto lo considerava scarso dal punto di vista quantitativo proponendo, negli anni successivi alla sua approvazione un aumento delle dimensioni, nonostante si fosse dimostrato che tale organizzazione risultasse più costosa e
Furono emanati i seguenti provvedimenti ordinativi che si concretizzarono in un incremento del numero delle unità ai vari livelli e delle varie armi e servizi logistici.
L’Arma dei Carabinieri che con l’ordinamento Diaz era stata interessata con un maggior impulso dato al reclutamento, conferendo inoltre un assetto più organico ai battaglioni mobili, fu oggetto nel 1927[13] di alcuni provvedimenti ordinativi che riguardarono:
- l’incremento da ventuno a ventidue del numero delle legioni, riportate successivamente a ventuno nel 1929[14];
- la soppressione dei cinque Comandi di Gruppo di Legioni ed istituzione, al loro posto, degli Ispettorati di Zona;
- l’abolizione del Comando Raggruppamento battaglioni e squadroni;
- l’aumento del numero degli organici degli.
Tra il 1930 e il 1934 fu data esecuzione ai seguenti provvedimenti:
- la costituzione di cinque reggimenti contraerei autocampali in luogo dei centri contraerei;
- il cambio di denominazione, ed incremento da 3 a 4, dei reggimenti artiglieria da montagna in reggimenti di artiglieria alpini (legge n. 1896 del 28 dicembre 1933);
- l’incremento, da tre a quattro, del numero delle brigate alpine, ottenute dal cambio di denominazione dei raggruppamenti alpini attuato a settembre del 1926 con la circolare n. 496 del 2 settembre 1926, G.M. 1926 pagina 1885;
- l’articolazione della specialità genio minatori su due reggimenti;
- l’incremento dei reggimenti pontieri da uno a due;
- il riordino del Servizio specialisti del genio e la soppressione del gruppo aerostieri;
- il ripristino delle sale reggimentali di scherma;
- la costituzione della Scuola di tiro di artiglieria;
- l’istituzione delle scuole militari di Rieti e Moncalieri ed il trasferimento di quella di Spoleto a Roma;
- la costituzione del Servizio tecnico automobilistico;
- la creazione di trenta magazzini foraggi per l’amministrazione militare;
- il riordino del corpo veterinario;
- la costituzione di un magazzino di deposito e transito delle derrate;
- l’assunzione di denominazione delle divisioni che, in buona parte manterranno anche durante il 2° conflitto mondiale;
- il cambio di denominazione dei reggimenti di cavalleria da cavalleggeri in lancieri per il Novara (5°), Aosta (6°), Firenze (7°), Vittorio Emanuele (10°).
- il cambio di denominazione della Scuola contraerei;
- il cambio di denominazione dei Depositi allevamenti quadrupedi in Centri rifornimenti quadrupedi;
- la ridefinizione dell’organico delle scuole, degli organi e degli stabilimenti logistici territoriali, degli organi sanitari territoriali e dei tribunali.
La novità di maggior rilievo fu quella di costituire nel 1930 le divisioni celeri, che non erano le vecchie divisioni di cavalleria, ma delle grandi unità in grado di effettuare autonomamente in determinate condizioni orografiche e meteorologiche, in campo strategico e tattico, una manovra basata non soltanto sulla rapidità e sulla sorpresa, ma su un’adeguata potenza di fuoco anche se limitata nel tempo.
In questo periodo quello che interessava di più a Mussolini era che:
- le forze armate non avessero obbiettivi politici che contrastassero quelli definiti dal governo;
- le spese militari, definitive improduttive, nonostante le bellicose affermazioni ed annunci, non gravassero in maniera eccessiva sulle casse dello stato;
- le forze armate fossero pronte a sostenere le sue dichiarazioni di efficienza dello strumento militare fornendo, al tempo stesso, la cornice ideale ai suoi show di stampo nazional populistico.
L’ordinamento del 1934 (ordinamento Baistrocchi)
L’ordinamento Baistrocchi del 1934 – ministro per la guerra Mussolini, sottosegretario Baistrocchi, CSMG Badoglio, CASMRE Bonzani durante la fase di elaborazione e Baistrocchi all’atto dell’approvazione e dell’emanazione –, confermò quanto già espresso nel 1926, prevedendo:
- il mantenimento della distinzione tra esercito metropolitano e coloniale;
- il mantenimento della distinzione del personale in ufficiali, sottufficiali e truppa;
- il mantenimento della distinzione della gerarchia dei gradi.
Nel particolare l’esercito metropolitano continuò ad essere ripartito nei seguenti elementi costitutivi che per opportuna informazione riportiamo integralmente:
- il Corpo di Stato Maggiore, con tutti gli ufficiali di Stato Maggiore da colonnello a capitano, retto dal CASMRE;
- le grandi unità, di cui vennero:
- mantenuti i quattro Comandi designati d’Armata;
- aboliti i Comandi della Sicilia e della Sardegna;
- aumentati i Corpi d’Armata, portati a tredici (due in più rispetto all’ordinamento del 1926);
- aumentate le Divisioni di fanteria, portate a trentuno (una in più);
- istituiti quattro Comandi Superiori Alpini;
- costituite tre Divisioni celeri;
- l’Arma dei Carabinieri Reali, comprendente:
- sei Ispettorati di zona (uno in più);
- una Scuola centrale;
- venti Legioni Territoriali (una in meno);
- tre battaglioni e uno squadrone;
- uno Squadrone guardie del Re;
- le Scuole Militari, ripartite in:
- Collegi militari;
- Accademia di fanteria e cavalleria;
- Accademia di artiglieria e genio;
- Scuole di Applicazione di fanteria, di cavalleria, di artiglieria e genio;
- Scuola di Applicazione di sanità;
- Scuole Centrali;
- scuola di tiro di artiglieria;
- scuola di guerra;
- scuole allievi ufficiali di complemento;
- scuole allievi sottufficiali;
- l’arma di fanteria, dal quale vennero eliminati i comandi di brigata alpini e la specialità carri armati non più considerata autonoma rientrava nei ranghi dell’arma, comprendeva:
- un comando brigata granatieri;
- trenta comandi di brigata di fanteria di linea (uno in più);
- tre reggimenti granatieri;
- ottantanove reggimenti fanteria di linea (due in più);
- dodici reggimenti bersaglieri;
- nove reggimenti alpini;
- un reggimento carri armati (neo costituito);
- l’arma di cavalleria, ripartita, come nell’ordinamento Diaz in:
- tre comandi di brigata;
- dodici reggimenti;
- quattro squadroni palafrenieri;
Nell’ambito dei reggimenti venne introdotta una novità organica che stabiliva che queste unità dovessero essere costituiti con gruppi di squadroni a cavallo o meccanizzati. Era dunque una lecita ammissione al ricorso al mezzo meccanico in luogo di quello animale tradizionale insito nelle tradizioni dell’arma.
- l’arma di artiglieria, distinta sempre tra:
- arma di artiglieria comprendente:
- servizio tecnico delle armi e munizioni, strutturato su:
- l’arma del genio, nella quale non comparivano più i due reggimenti radiotelegrafisti e il gruppo aerostieri, comprendeva:
- Comandi e unità varie;
- il Servizio studi ed esperienze del genio (direzione servizio studi ed esperienze del genio, istituto superiore delle trasmissioni, officina radiotelegrafica ed elettrotecnica, officina di costruzioni del genio militare, centri vari di studio del genio);
- il Servizio chimico militare, con un reparto chimico e deposito, vari centri esperienze;
- i distretti militari (cento);
- il Corpo sanitario, con tredici direzioni di sanità (due in più), tredici compagnie di sanità (una in più), un istituto chimico farmaceutico militare, ospedali ed infermerie presidiarie;
- il Corpo di commissariato, con tredici direzioni di commissariato (due in più), tredici compagnie di sussistenza (due in più), stabilimenti vari di commissariato;
- il Corpo di amministrazione militare;
- il Corpo veterinario militare;
- il Servizio Istituto geografico militare;
- Centro rifornimento quadrupedi (corrispondenti ai vecchi Depositi allevamenti quadrupedi), la cui denominazione sopravviverà ben oltre il 2° conflitto mondiale.
- il Tribunale supremo militare e i tribunali militari (ridotti a sei unità);
- i Reparti di correzione;
- gli Stabilimenti militari di pena.
Nel 1934 venne costituita la Guardia alla Frontiera (G.a.F.), attiva solo dalla primavera del 1937, quando sarà suddivisa in Settori di copertura, con a capo dei generali di brigata o colonnelli, comprendenti unità di vario tipo e deposito. In considerazione del notevole interesse maturato verso la costruzione di opere fortificate terrestri sia in patria e sia di quelle con la Libia e l’Egitto, la Guardia alla Frontiera ingloberà, con gradualità, un numero maggiore di unità.
Nel 1938 poi saranno infatti:
- costituititi i seguenti reparti:
- un reggimento di artiglieria G.a.F.;
- sette comandi di G.a.F. di Corpo d’Armata;
- riconfigurati, in reggimenti di artiglieria G.a.F., cinque reggimenti di artiglieria d’Armata (già artiglieria pesante);
- articolati i settori di copertura in sottosettori, questi in caposaldi che, a loro volta, verranno suddivisi in postazioni;
- alla costituzione di:
- un Corpo di stato maggiore, formato da colonnelli e tenenti colonnelli di Stato maggiore;
- un Servizio di stato maggiore, composto da maggiori, capitani e tenenti in servizio di stato maggiore;
- a nuove definizioni ordinative, quali:
- l’incremento del numero:
- delle divisioni di fanteria da trentuno a trentatré;
- dei reggimenti di fanteria divisionale da novantuno a novantatré;
- dei reggimenti di artiglieria delle divisioni da trentuno a trentatré;
- la costituzione di reparti speciali e riattamento militari;
- il cambio della denominazione di brigata di fanteria di linea in brigata di fanteria divisionale;
- il cambio della denominazione di reggimento di fanteria di linea in reggimento di fanteria divisionale;
- la costituzione di una officina militare delle trasmissioni;
- il ritocco del numero tabellare del numero degli ufficiali di fanteria e di artiglieria.
La divisione binaria
La guerra in Etiopia e l’intervento del Corpo Truppe Volontarie in Spagna nella guerra civile, oltre a conseguenze politiche e militari di carattere generale ne generarono anche altre di carattere specifico in ambito esercito.
Terminata la guerra d’Etiopia il generale Baistrocchi CASMRE, aveva prospettato a Mussolini l’esigenza di rafforzare militarmente il territorio, al fine di sfruttarne, se necessario, la potenziale capacità strategica.
Baistrocchi, inoltre, aveva avvertito Mussolini sull’eventualità che una guerra futura sarebbe stata senza quartiere, all’ultimo sangue, “lunghissima” e che la vittoria sarebbe andata a chi avesse saputo e soprattutto potuto, meglio prepararsi, resistere, alimentarsi. Di contro Mussolini, esautorò Baistrocchi da entrambe le cariche di sottosegretario di stato e di CASMRE.
Durante la campagna etiopica la divisione ternaria aveva dimostrato in quel contesto operativo, secondo alcune autorevoli fonti, caratterizzato da un terreno fortemente accidentato, di essere pesante, di difficile comandibilità ed altrettanta duttilità di impiego. Pertanto, furono condotti specifici studi volti a progettare una divisione agile, più leggera e facilmente comandabile.
Il maresciallo Badoglio al riguardo alla formazione di guerra della divisione ternaria, riferendosi alle operazioni in Etiopia, nel suo volume La guerra d’Etiopia edito nel 1936 da Mondadori, si era così espresso:
[…]…La nostra divisione ternaria – i cui reggimenti avevano un battaglione mitraglieri ciascuno – si era dimostrata troppo pesante. […] Pesanti […] i troppo complessi comandi […] che la divisione a due reggimenti meglio poteva rispondere se non vi fosse stata sproporzione fra truppe, servizi e comandi. […]
Il pensiero di Badoglio era inerente alla guerra d’Etiopia e non riguardava la divisione ternaria come tale, in quanto era preceduto dalla seguente analisi:
Nel 1938, dopo il confronto diretto dei mezzi italiani con quelli degli altri eserciti e dopo aver assistito all’esposizione di quelli tedeschi nella pianura di Meglemburgo, Mussolini acconsentì all’impostazione del programma di ammodernamento ed al completamento delle dotazioni rimaste sulla carta per oltre un lustro. Nel frattempo lo SMRE, sulla base delle esperienze maturate nella guerra etiopica e in quella di Spagna, al fine di colmare il gap tra la dottrina e l’ordinamento, oltre ad attuare i provvedimenti di:
- completamento e perfezionamento dell’organizzazione militare territoriale;
- costituzione dei comandi di divisione alpina;
- riordino e potenziamento della difesa contraerei, delle specialità del genio e del servizio chimico;
- costituzione del servizio automobilistico,
decretò:
- la costituzione, il 2 giugno 1936, della divisione motorizzata Trento;
- l’inizio della motorizzazione della divisione di fanteria Po e di due reggimenti bersaglieri;
- l’incremento, il 1° settembre 1936, da uno a tre, dei reggimenti di fanteria carrista.
Detti provvedimenti furono sanzionati, unitamente ad altri, però solo nel 1938.
Anche se dal punto di vista materiale il provvedimento di:
- costituire grandi unità motomeccanizzate;
- motorizzare grandi unità di fanteria e reggimenti celeri;
- incrementare le unità carriste,
fu concettualmente un segno indicativo eloquente di una volontà di rinnovamento ordinativo e di un deciso cambio di rotta da quello tradizionale rappresentato dagli elementi fanteria appiedata-cavalleria montata-artiglieria a traino meccanico o animale.
Allo scopo di aderire al concetto organico di alleggerire e semplificare il funzionamento della grande unità, si giunse dunque all’adozione della divisione binaria su due reggimenti di fanteria e uno di artiglieria, che avrebbe permesso di disporre di unità facilmente autotrasportabili e, di conseguenza, facilmente manovrabili.
Non era quindi un solo cambio organico, ma un vero e proprio cambiamento radicale di funzioni di tipo dottrinale.
La divisione perdeva la sua capacità di manovra, lasciando che essa divenisse funzione specifica dell’unità del livello superiore (il Corpo d’Armata), trasformandosi in colonna d’urto e di penetrazione. Non veniva più chiesto, come in passato, a richiedere la manovra da parte della divisione, ma di effettuare la manovra a colpi di divisione. La manovra era quindi affidata all’Armata che avrebbe condotto la manovra a largo raggio, il Corpo d’Armata avrebbe effettuato la manovra a piccolo raggio; alla divisione sarebbero stati affidati i compiti di attaccare, sfondare e penetrare il dispositivo difensivo nemico. Di conseguenza l’equipaggiamento della divisione doveva essere orientato ad un impiego di carattere puramente offensivo ed aggressivo.
infine l’azione attuata dalla divisione binaria avrebbe portato ad avere una divisione quaternaria snodata in due parti. Ciò avrebbe comportato che nel momento in cui si sarebbe dovuto compiere uno sforzo decisivo, la divisione di 1a linea dovesse essere destinata a scavalcare l’altra divisione di 2a linea, con il vantaggio, secondo i fautori dell’adozione della binaria, che la divisione di 2a linea avrebbe potuto giovare oltre che dell’impiego della propria artiglieria anche di quello dell’altra unità da scavalcare. A ciò doveva aggiungersi il vantaggio di disporre di unità di supporto logistico a livello reggimento e divisione completamente motorizzati. Logicamente questo avrebbe comportato un decisivo aumento di fuoco verso la linea di contatto con il nemico e l’arretramento dei servizi logistici. in definitiva l’unità che era stata così progettata avrebbe potuto chiamarsi anche brigata mista, ma solo per ragioni morali le fu assegnato il nome di divisione, in quanto che la forza militare di un paese, per l’epoca, si misurava sul numero di divisioni che era in grado di mobilitare.
Le divisioni metropolitane Assietta, Cosseria e Metauro inviate in Libia, a seguito delle tensioni sviluppatesi tra Italia e Regno Unito nell’estate del 1935, non avevano fornito alcun ammaestramento circa le nuove formazioni di guerra della divisione.
Tali unità erano strutturate su:
- due reggimenti di fanteria, anziché tre, ordinati su tre battaglioni e una batteria da accompagnamento;
- un battaglione mitraglieri;
- un reggimento artiglieria su due gruppi (1 con cannoni da 75/27 a traino animale e uno someggiato con obici da 75/13);
- una compagnia genio zappatori-artieri e parco misto;
- una compagnia trasmissioni;
- una sezione fotoelettricisti;
- un plotone idrico;
- una sezione di sanità;
- cinque ospedali da campo;
- un nucleo chirurgico;
- una sezione di sussistenza con squadra panettieri;
- un autoreparto
Su tutti, il principale sponsor fu il generale Pariani CASMRE che, prima di prendere una decisione in merito promosse, nel 1937, l’adozione di una divisione binaria ma dotata di una maggiore potenza di fuoco rispetto a quella del 1935 di cui:
- sperimentò, sempre nel 1937, l’impiego nel corso delle manovre estive effettuate in Sicilia;
- presentò l’organico, per eventuali proposte correttive, ai vertici militari della Forza Armata, durante un’apposita riunione convocata a Roma nel 1937;
- modificò alcuni aspetti ordinativi ed organici;
- sperimentò l’impiego, ancora una volta, nel 1938 in Abruzzo nel corso delle manovre estive – dopo che la maggior parte dei generali in servizio non aveva mosso critiche o fornito un parere ostativo – presentandola schierata nella sua interezza a Vittorio Emanuele III e a Mussolini che la passarono in rassegna.
La divisione che fu sperimentata in Sicilia nel corso delle manovre estive del 1937 era strutturata su:
- comando di divisione;
- due reggimenti di fanteria (ognuno su tre battaglioni di fanteria e una batteria di accompagnamento);
- un reggimento di artiglieria per divisione di fanteria (composto da tre gruppi ognuno su due batterie);
- un battaglione mitraglieri su tre compagnie;
- due compagnie mortai da 81, ciascuna su sei armi;
- una compagnia controcarro con otto cannoni da 47/32;
- una batteria contraerei da 20/65 su sei pezzi;
- reparti del genio e dei servizi.
Nelle discussioni che si ebbero, di cui tratteremo in seguito, si paventarono diverse soluzioni di:
- eliminare dai ranghi della divisione il battaglione mitraglieri, che rispondeva a funzioni puramente difensive, dotandola invece di un battaglione mortai d’assalto;
- trasformare l’organico dei battaglioni di fanteria in analogia a quella dei battaglioni alpini, al fine di infondere la massima aggressività disponibile;
- assegnare al Corpo d’Armata un battaglione mitraglieri completamente motorizzato, con il quale la grande unità avrebbe avuto a disposizione una riserva di fuoco automatico e consentisse alla divisione di trasformarsi da unità aggressiva a unità in grado capace di azione difensiva tramite l’aumento del volume di fuoco delle armi automatiche messe a sua disposizione;
- stabilire il criterio d’impiego da assegnare ai reparti dotati di mortai d’assalto, che non sarebbero dovuti essere impiegati come semplici armi di appoggio o in caso sporadico, ma a massa durante l’azione d’assalto dei reparti fucilieri.
Se il provvedimento ordinativo poteva essere comprensibile ed accettabile, sempre che fosse stata dimostrata la funzionalità della divisione binaria, quello che invece può lasciare interdetti o per lo meno fornire qualche dubbio, era l’impiego, in maniera isolata o coralmente, di interi reparti forniti di mortai d’assalto da 45 viste le caratteristiche intrinseche dell’arma.
La struttura ordinativa sperimentale adottata alle manovre estive che si svolsero in Sicilia nel 1937, fu modificata secondo questa struttura ordinativa:
- due reggimenti di fanteria, ognuno su tre battaglioni di fanteria e una batteria di accompagnamento con 3 pezzi da 47/32 per battaglione (in totale 6 compagnie di fanteria);
- un battaglione d’assalto su tre compagnie;
- tre compagnie controcarro, ciascuna su tre pezzi, per un totale di nove cannoni da 47/32;
- un battaglione mortai da 81, per un totale di dodici armi;
- un reggimento di artiglieria per divisione di fanteria (composto da tre gruppi ognuno su tre batterie);
- un posto aerologico;
- un battaglione genio costituito su: una compagnia artieri, una compagnia trasmettitori e una compagnia fotoelettricisti;
- una sezione di sanità;
- una sezione di sussistenza;
- una sezione autocarrette;
- una autosezione
In seguito alle indicazioni fornite dalle esercitazioni del 1938 l’organico della divisione venne quindi definito su:
- un comando di divisione;
- due reggimenti di fanteria, ognuno su: comando e tre battaglioni di fanteria, una compagnia mortai da 81 e una compagnia armi di accompagnamento da 47/32 modello 35);
- un reggimento di artiglieria, composto da: comando, un gruppo da 100/17 motorizzato, un gruppo da 75/27 motorizzato e un gruppo da 75/13 someggiato ed una batteria contraerei da 20 mm);
- una compagnia artieri;
- una compagnia mista telegrafisti e radiotelegrafisti;
- una sezione sanità;
- una sezione
Di parere contrario all’introduzione della divisione binaria, in luogo della ternaria, si dimostrò Badoglio.
Il 22 novembre 1937 Pariani convocò per una riunione 65 generali designati d’Armata, allo scopo chiedere il loro parere in merito per procedere con l’adozione del modello di divisione binaria.
Nella riunione il Pariani presentò i vantaggi che la binaria, secondo il suo parere, avrebbe avuto rispetto alla ternaria, ovvero:
- la leggerezza;
- la semplificazione delle funzioni di comando;
- la facilità di impiego;
- l’idoneità al trasporto con conseguente incremento delle capacità di manovra.
Dei generali convenuti alla riunione:
- cinquantaquattro si dichiararono favorevoli al modello di unità così come era stata proposta;
- otto si espressero a favore di una divisione binaria alleggerita;
- un generale esternò la sua posizione a favore della quaternaria o almeno della ternaria;
- quattro furono i generali che, invece, si dichiararono favorevoli all’adozione della binaria e della ternaria, che avrebbero però dovuto essere impiegate in ragione dell’impiego prospettato;
- uno, infine, si dichiarò favorevole alla binaria a patto che la binaria venisse rinforzata con elementi esploranti.
Per quel periodo sarà disponibile il materiale per una piccola parte di esse ed in misura ridotta rispetto alle dotazioni stabilite per la stessa divisione binaria, oggetto di sperimentazione nell’estate del 1938 in Abruzzo.
In particolare:
- la compagnia di accompagnamento, dotata di pezzi da 47/32 mod. 35, sarà sostituita a livello reggimento da una batteria da 65/17;
- la batteria divisionale contraerei da 20 mm, verrà soppressa.
Si rinuncerà poi, per il momento, alla motorizzazione dei servizi dei reggimenti di fanteria, dei gruppi di artiglieria da 75/27 e da 100/17, oltre a quella del reparto munizioni e viveri del gruppo someggiato.
Nel 1940 appurato che a livello divisionale la dosatura della fanteria era scarsa, venne disposta l’assegnazione ad ogni divisione di fanteria di una legione della Milizia Volontaria della Sicurezza Nazionale della forza complessiva di circa 1.300 uomini, ordinata su: comando, due battaglioni Camicie Nere, una compagnia mitraglieri e unità di completamento.
Il raffronto tra i due organici denota un certo incremento di fuoco per il reggimento, ancorché ottenuta con i La trasformazione ordinativa delle divisioni non poteva poi non tener conto dell’ambiente, naturale e operativo, in cui avrebbe dovuto operare portando così all’adozione:
- della divisione alpina, identica a quella di fanteria ma completamente someggiata;
- della divisione celere, con compiti di esplorazione strategica, avanguardia, sfruttamento del successo, azioni aggiranti a lungo raggio ordinata su:
- comando;
- due reggimenti di cavalleria;
- un reggimento bersaglieri;
- un gruppo squadrone carri;
- un reggimento artiglieria;
- una compagnia genio;
- servizi;
- della divisione motorizzata, per l’impiego quale riserva d’Armata o del Comando Supremo per manovra a largo raggio o per azioni a grande distanza, ordinata su:
- due reggimenti di fanteria;
- un reggimento bersaglieri;
- un battaglione mitraglieri;
- un reggimento artiglieria;
- un battaglione genio;
- servizi;
- della divisione corazzata, per l’impiego quale mezzo di manovra o di rottura, ordinata su:
- un reggimento carri;
- un reggimento bersaglieri;
- un reggimento artiglieria;
- una compagnia genio;
Le modifiche più sostanziali furono la costituzione il 1° giugno 1936 del comando di una brigata motomeccanizzata e lo scioglimento del reggimento carri armati di Bologna, in sostituzione del quale furono istituiti il 15 settembre i reggimenti di fanteria carristi 1°, 2°, 3 e 4°.
La dislocazione dei battaglioni fu fatta in ragione di assegnarne uno per ogni Corpo d’Armata.
L’introduzione nell’organico del Regio esercito di grandi unità corazzate è un altro aspetto importante della gestione Pariani quale CASMRE. Dal suo predecessore Baistrocchi ereditava i quattro reggimenti carristi in corso di costituzione e la brigata motomeccanizzata sperimentata da quest’ultimo nel corso delle manovre estive del 1936 condotte in Irpinia.
La costituzione della brigata motomeccanizzata e dei quattro reggimenti di fanteria carrista fu, nel piano pratico, la concretizzazione della nuova policy relativa ai carri armati delineata verso la fine del 1935 dallo SMRE nella circolare 1800, nella quale erano indicati.
- l’allestimento di un carro medio (tipo “M”);
- la progettazione di un carro pesante (tipo “P”);
- la nuova denominazione del materiale distinguendolo in carro di rottura (FIAT 3000 B), in carri d’assalto (L3) se in dotazione alle unità carri inquadrate nei reggimenti di fanteria carrista e in carri veloci (L3) se in dotazione alle truppe celeri.
La denominazione, ancorché non avesse significato una svolta decisiva, rappresentava un passaggio epocale, già intrapreso dai sovietici e dai tedeschi, per quanto atteneva all’impiego dei carri armati. Infatti, costituì il riconoscimento ufficiale del ruolo che i carri avrebbero potuto assumere in una guerra futura e sul primo tentativo di costituire una grande unità, anche se a livello brigata, incentrata sull’impiego delle unità carri in luogo di quelle formate delle altre armi tradizionali.
Con lo stesso provvedimento si sanzionò:
- la costituzione, a far data dal 1° gennaio 1938, del reggimento Guardia alla Frontiera;
- la trasformazione di cinque reggimenti di artiglieria d‘Armata in reggimenti artiglieria G.a.F.;
- il cambio di denominazione dei reggimenti carri armati in reggimenti di fanteria carrista;
- la soppressione dei reparti militari speciali;
- la costituzione dei comandi Guardia alla Frontiera di Corpo d’Armata.
L’innovazione più importante avvenne nel 1937 con la costituzione delle due brigate corazzate e di un altro reggimento carrista.
Ebbero così luce:
- a Siena, la I brigata corazzata Centauro e in seguito il 31° reggimento fanteria carrista, che fu così il quinto reggimento carrista esistente assegnato sempre alla Centauro;
- a Milano, la II brigata corazzata Ariete.
Ogni brigata corazzata alla data di costituzione si articolava su:
- un reggimento carri armati;
- un reggimento bersaglieri autotrasportato;
- una compagnia bersaglieri motociclisti;
- due compagnie controcarri da 47/32 autocarrata;
- una batteria da 20/65 autocarrata;
- una compagnia genio mista.
Nell’analisi dei provvedimenti più importanti attuati con l’Ordinamento Pariani non si possono disconoscere tutti gli elementi:
- negativi:
- l’ipertrofizzazione del numero di comandi e delle grandi unità;
- l’organizzazione complessa di tutto l’esercito;
- l’incremento di 1/3 delle divisioni, diventate più snelle ma indebolite;
- il perdurare a non far aderire le nuove unità, con il nuovo ordinamento binario, alle forme dinamiche di guerra di rapida decisione, a cui si aggiungeva una diminuita capacità difensiva.
- positivi:
- la differenziazione e la specializzazione delle grandi unità in relazione ai compiti operativi;
- una maggiore separazione dei compiti attribuiti ai vari comandi, separando ulteriormente quelli di carattere territoriale da quelli operativi ed addestrativi.
Se la divisione binaria aveva il vantaggio di essere più facilmente manovrabile, ma con minori garanzie di resilienza e resistenza, la guerra dimostrò poi che la manovrabilità dipendeva dalla motorizzazione. L’aver adottato la divisione binaria non incideva quindi sui rapporti di forza, stabiliti dalla disponibilità di materiali ed armamenti moderni e dall’addestramento delle unità, ma era dovuta esclusivamente a motivi di prestigio e propaganda.
In definitiva, si può sicuramente affermare che la nuova divisione a struttura binaria avrebbe avuto rispetto a quella ternaria:
- una maggiore potenza di fuoco con un orientamento di impiego a prevalenza offensivo;
- una minore capacità di fuoco da esercitare nel corso di operazioni difensive;
- una minore predisposizione a muovere in terreno montano.
Che Pariani sia ricordato come il fautore della divisione binaria e di altri concetti quali quelli:
- della teoria dell’acqua, teoria formulata da Sun Tzu e ripresa da Liddell Hart nel 1919, con la quale si esprimeva il paragone che l’attacco, al pari dell’acqua di un fiume in piena, avrebbe proceduto secondo la linea contraddistinta da minore resistenza;
- della guerra di rapido corso, che se applicato scientificamente e con coscienza, diventa evanescente quando le forze morali sono considerate preponderanti se destinate a sostituire quelle materiali in quanto inesistenti.
L’ordinamento 1940 prevedeva, nel dettaglio, per l’esercito metropolitano:
- il Corpo di Stato Maggiore comprendente sempre:
- un corpo di S.M.;
- un servizio di S.M.;
- le grandi unità:
- sei comandi di Armata;
- diciotto corpi d’Armata (compreso il costituendo Comando Superiore delle truppe in Albania),
- un neo costituito Corpo d’Armata autotrasportabile;
- un Corpo d’Armata corazzato;
- un Corpo d’Armata celere;
- un Comando Superiore delle Truppe Alpine;
- cinquantaquattro divisioni di fanteria;
- due divisioni motorizzate;
- tre divisioni corazzate;
- cinque divisioni alpine;
- tre divisioni celeri;
- tre divisioni dell’Arma dei carabinieri Reali;
- i comandi di Zara e dell’Elba e relativi depositi;
- sedici comandi di difesa territoriale;
- ventotto comandi di zona militare;
- gli Istituti militari;
- l’Arma dei Carabinieri Reali, comprendente:
- l’arma di fanteria, dalla quale erano stati aboliti i comandi di brigata:
- un ispettorato d’arma;
- tre reggimenti granatieri;
- centosei reggimenti di fanteria divisionale;
- quattro reggimenti di fanteria motorizzata;
- dodici reggimenti bersaglieri;
- dieci reggimenti alpini;
- sei reggimenti di fanteria carrista;
- le unità della G.a.F. e della Guardia Reale Albanese;
- l’arma di cavalleria:
- tredici reggimenti;
- gruppi di squadroni carri leggeri;
- cinque squadroni palafrenieri;
- l’arma di artiglieria e servizio tecnico delle armi e delle munizioni:
- un ispettorato dell’arma;
- ventuno comandi di artiglieria di Corpo d’Armata;
- cinquantaquattro reggimenti di artiglieria per divisione di fanteria;
- due reggimenti di artiglieria per divisione motorizzata;
- cinque reggimenti di artiglieria alpina;
- tre reggimenti di artiglieria per divisione celere;
- nove reggimenti di artiglieria e un gruppo autonomo della G.a.F.;
- diciotto reggimenti di artiglieria di Corpo d’Armata;
- cinque reggimenti di artiglieria d’Armata;
- cinque reggimenti di artiglieria controaerei;
- un reparto palafrenieri;
- stabilimenti vari.
- l’arma del genio e servizio studi ed esperienze del genio:
- un ispettorato dell’arma;
- diciotto comandi di Corpo d’Armata;
- diciotto reggimenti genio di Corpo d’Armata;
- due reggimenti minatori;
- due reggimenti pontieri;
- un reggimento ferrovieri;
- una officina di costruzioni del genio;
- una officina delle trasmissioni;
- la Guardia alla Frontiera su:
- undici comandi G.a.F. di Corpo d’Armata;
- diversi settori di copertura;
- un reggimento di fanteria della G.a.F.;
- nove reggimenti e un gruppo autonomi di artiglieria della G.a.F.;
- il Corpo Automobilistico e servizio tecnico automobilistico, su:
- diciotto centri automobilistici;
- vari gruppi automobilistici;
- un’officina automobilistica;
- un ufficio autonomo degli approvvigionamenti automobilistici.
- il Servizio chimico, previsto su:
- il Servizio sanitario, su:
- il Servizio Amministrazione;
- il Servizio Veterinario;
- il Servizio dei centri rifornimento quadrupedi e servizio dei depositi cavalli stalloni;
- il Servizio Geografico, corrispondente di fatto all’Istituto Geografico Militare;
- i centosedici Distretti Militari;
- i tribunali Militari che comprendevano:
- un Tribunale Supremo Militare;
- dieci Tribunali Militari territoriali;
- i Reparti di correzione e stabilimenti militari di pena.
Il provvedimento legislativo che sanciva l’ordinamento Pariani non prevedeva, comunque, il livello di comando di Gruppo d’armate, ma la possibilità che si fosse dovuto operare in territorio nazionale su più fronti, portò alla decisione di costituire, in ordine cronologico:
- il Gruppo d’Armate Ovest;
- il Gruppo d’Armate Est;
- il Gruppo d’Armate Sud.
L’ordine di battaglia del 10 giugno 1940
Alla dichiarazione di guerra del 10 giugno 1940 l’esercito italiano, con una forza di 1.634.950 uomini, era così ordinato:
- tre comandi di Gruppo di Armate;
- nove comandi di Armata;
- ventiquattro comandi di corpo d’Armata;
- settantatré divisioni, di cui:
- quarantatré divisioni di fanteria normale;
- tre divisioni autotrasportabili;
- nove divisioni autotrasportabili tipo A.S.;
- cinque divisioni alpine;
- due divisioni motorizzate;
- tre divisioni celeri;
- tre divisioni corazzate;
- tre divisioni della MVSN;
- due divisioni libiche;
- altre unità compresi tre raggruppamenti alpini.
[1] Alla fine del 1918 era in vita una sola divisione alpina la 52a
[2] Il raggruppamento era corrispondente pressappoco ad una brigata mentre il gruppo era paragonabile ad un reggimento, anche se dotati di mezzi per poter vivere e combattere, con una certa autonomia, su terreno montano.
[3] Per forza bilanciata si intendeva la forza media del personale militare alle armi secondo quanto stabilito dal bilancio dello stato. Per rendere più chiara la definizione, una forza bilanciata di 200.000 uomini può permettersi una ferma di 15 mesi, una da 150.000 uomini può essere strutturata su una ferma di 12 o una da 100.000 uomini con ferma da 18 mesi.
[4] L’organico dei reggimenti di artiglieria inquadrati nelle divisioni comprende due gruppi obici da 75/27 modello 1911, un gruppo obici Skoda da 100/17 di preda bellica, un gruppo someggiato da 65/17 di cui è prevista la sostituzione con l’obice Skoda di preda bellica da 75/13. Ciascun gruppo disponeva di tre batterie, di cui una quadro. L’organico del reggimento è su 54 ufficiali, 61 sottufficiali, 767 militari di truppa e 560 quadrupedi.
[5] I reggimenti numerati dal 1° al 6° (da fortezza) e dal 1° al 4° (da costa), più che unità a livello reggimento erano più che altro parchi, in quanto venivano assegnati loro i materiali per la costituzione di diciassette gruppi, al 3° addirittura diciotto. La dotazione d’armamento prevedeva mortai, cannoni e obici di calibro diverso. I gruppi, ordinati su tre batterie di due o quattro pezzi, avevano in dotazione obici da 305 mm, mortai da 260 mm e da 210 mm, obici e cannoni da 152 mm e cannoni da 149 mm. Cfr Vincenzo GALLINARI, op. cit., p. 209
[6] La divisione di fanteria aveva struttura quaternaria su due brigate, da 2 reggimenti ciascuna
[7] Il reggimento bersaglieri si componeva delle seguenti pedine: un comando, 3 battaglioni (con struttura uguale ai reggimenti granatieri e della fanteria di linea) e un deposito. il 1° e il 2° reggimento bersaglieri avevano in organico anche un battaglione ciclisti.
[8] Si componeva di un reparto carri d’assalto, un reparto autoblindomitragliatrici e un deposito.
[9] Regio Decreto del 7 gennaio 1923, n. 12, sull’ordinamento del Regio esercito pubblicato in GURI n. 12 del 16 gennaio 1923
[10] Sulla base di quanto stabilito all’articolo 7 del Regio Decreto del 2 ottobre 1919 n. 1.802 che detta le norme per l’arma dei carabinieri Reali pubblicato in GURI n. 239 dell’8 ottobre 1919, fu stabilita la costituzione di battaglioni mobili di carabinieri Reali per concorrere alla tutela dell’ordine pubblico. Il successivo Decreto Ministeriale circolare n. 273 del 2 maggio 1920, ne definì anche il numero, fissato in diciotto, e la loro dislocazione nelle seguenti città: Milano (due), Torino (due), Alessandria, Genova, Verona, Bologna, Firenze, Ancona, Roma (tre), Napoli (due), Bari, Palermo e Catania. I battaglioni prendevano il nome dalla città in cui avevano sede (es. “Battaglione Mobile Carabinieri Ancona” e si distinguevano con un numero progressivo in caso di unità presenti nella stessa sede (es. “Battaglione Mobile Carabinieri Napoli 2°”).
[11] Decreto Ministeriale circolare n. 61 del 25 gennaio 1921, Giornale Militare 1921 pagine 64-67
[12] Regio Decreto circolare n. 445 del 24 luglio 1921, Giornale Militare 1921 pagine 714-715 e circolare n. 446 del 1° agosto 1921, Giornale Militare 1921 pagine 715-716
[13] Circolare n. 45 del 20 gennaio 1927
[14] Regio Decreto Legge del 26 luglio 1929 n. 1430 Modificazioni all’ordinamento e all’organico dell’Arma dei Carabinieri Reali pubblicata in GURI n. 192 del 19 agosto 1929