LUSENA UMBERTO
Maggiore s.p.e. fanteria, reggimento paracadutisti «Nembo», partigiano combattente.
Figlio e fratello di valorosi ufficiali, fu a sedici anni legionario a Fiume con D’Annunzio. Conseguita la maturità classica nel Collegio Militare di Roma, assolse gli obblighi militari nel 26° reggimento artiglieria da campagna come sottotenente di complemento. Attratto dalla vita militare, entrò nell’ottobre 1926 all’Accademia Militare di Modena e nel luglio 1929 venne nominato tenente in s.p.e. destinato al 73° reggimento fanteria. Passò poi al 30° reggimento ed infine, dal 1935, al 37°. A Cerveteri frequentò il 18° corso di osservazione aerea e conseguì nel febbraio 1938 il brevetto di osservatore dall’aeroplano; fu indi trasferito al 69° gruppo O.A. (Osservatore dall’Aeroplano) a Novi Ligure. Assegnato prima alla 40ª squadra e poi alla 123ª, dopo la dichiarazione di guerra del giugno 1940, combattè sul fronte occidentale meritandosi un encomio dal Comando Superiore dell’Aviazione e dell’Esercito. Nell’ottobre successivo passò al 44° reggimento fanteria e poco dopo ottenne di frequentare a Tarquinia il corso paracadutisti. Trasferito nel novembre 1941 al 121° fanteria Macerata, allora dislocato nei territori già jugoslavi, riprese i suoi voli d’osservazione nella 113ª squadra O.A. Promosso maggiore nel luglio 1942, rientrò al reggimento in Balcania ed assunse il comando di un battaglione del 183° reggimento paracadutisti Nembo. Sopraffatto nella difesa di Roma da formazioni corazzate tedesche all’atto dell’armistizio, piuttosto che cadere prigioniero e cedere le armi, dispose che esse venissero nascoste e dette appuntamento ai suoi uomini a Roma dove iniziò intensa attività clandestina di resistenza.
«Ufficiale superiore di alte qualità militari, al comando di un battaglione arditi paracadutisti rifiutava la resa imposta dai tedeschi e si opponeva valorosamente all’avanzata su Roma di una forte colonna nemica rinforzata da mezzi corazzati. Cessata, per l’incalzare degli eventi, ogni resistenza militare passava alla lotta clandestina organizzando e potenziando le formazioni partigiane, preparando con slancio illimitato animi, volontà e mezzi per il giorno della riscossa. Arrestato per vile delazione, sopportava duro carcere e subiva inumane torture, sopportando nello spasimo della carne martoriata il segreto che, se svelato, avrebbe tradito la causa e i compagni di lotta. Condotto al martirio legato ad altri italiani colpevoli di amare la Patria, cadeva barbaramente trucidato bagnando col suo sangue il sacro suolo delle catacombe dei primi martiri del cristianesimo e lasciando in retaggio ai suoi teneri figli il sublime patrimoni dell’onore e del dovere.» (Roma, Fosse Ardeatine, 24 marzo 1944)
Altre decorazioni: M.B. (Cielo della Balcania, genn.-agosto 1942)
ZAMORANI ALDO
Allievo scuola Militare di Milano, partigiano combattente
Figlio del colonnello di cavalleria Mario, frequentava il terzo liceo nel Collegio Militare di Milano nel 1943 quando sopraggiunse la dichiarazione dell’armistizio. Chiuso il Collegio, tornò in famiglia e conseguì nel gennaio 1944 la maturità classica nel Liceo di Cividale del Friuli. Deciso di partecipare alla lotta clandestina, si aggregò alle formazioni partigiane del Gruppo Divisioni «Osoppo-Friuli» nelle quali ebbe modo di segnalarsi ed essere nominato comandante di distaccamento. Iscritto dal gennaio 1944 nella Facoltà di ingegneria nell’Università di Bologna gli fu conferita alla memoria la laurea «ad honorem»
«Diciottenne metteva il fiore della sua vita al servizio dell’Italia asservita dallo straniero. In combattimenti ed azioni innumerevoli si esponeva fra i primi ai rischi più gravi, modello di cosciente valore e sereno sprezzo del pericolo; due volte ferito ritornava alla lotta, prodigava con giovanile noncuranza la vita nelle più audaci imprese. Con nobilissimo altruismo si offriva per liberare prigionieri e condannati a morte e, mentre in zona fortemente presidiata dal nemico prelevava l’esplosivo occorrente, trovava gloriosa morte, investito in pieno da un proiettile di mortaio. Luminosa figura di giovinetto eroe.» (Passo del Jof, 22 marzo 1945)