VITTORIO TRUCCHI E ANTONIO VUKASINA – M.O.V.M. DI GIUGNO

  

TRUCCHI VITTORIO

Capitano cpl., 6° reggimento bersaglieri

Arruolatosi nel 1915, partecipò alla prima guerra mondiale come semplice bersagliere e poi come sottotenente di complemento nel 9° bersaglieri rimanendo ferito sull’Ortigara, nel giugno 1917. Promosso tenente e nominato aiutante maggiore di battaglione, si segnalò ancora, con questo incarico, nei Balcani nell’autunno dello stesso anno. Congedato nel 1920, venne assunto dall’Amministrazione delle Poste e Telegrafi. Promosso capitano nel 1935, e lasciata la reggenza dell’ufficio postale di Forlì, fu richiamato nel gennaio 1941 e destinato al 6° bersaglieri. Al comando della 1^ compagnia del VI battaglione, prese parte prima alle operazioni di guerra svoltesi alla frontiera jugoslava e, dal 22 gennaio 1942, a quelle svoltesi al fronte russo. Dopo la sua morte fu promosso maggiore con anzianità 22 ottobre 1941.

«Ufficiale valoroso ed entusiasta, comandante di una compagnia di bersaglieri schierata a difesa di un importante caposaldo che egli aveva con appassionato fervore munito di considerevoli opere, attaccato da preponderanti forze avversarie si portava nei punti più minacciati, incitando con la parola e con l’esempio i suoi uomini alla resistenza. Accortosi che elementi nemici erano riusciti ad infiltrarsi nelle posizioni dove i suoi bersaglieri erano stati uccisi sulle loro armi piuttosto che cedere, con un pugno di uomini si lanciava al contrassalto per ricacciare l’avversario incalzante ed imbaldanzito del successo iniziale. Primo fra i primi sosteneva coraggiosamente l’impari lotta e ritto su gli spalti della trincea, lanciava tutte le sue bombe a mano sulle orde nemiche. Ferito gravemente persisteva nella disperata difesa e con supremo sforzo continuava il lancio di bombe da lui stesso richieste e sottratte ai pochi superstiti, finché colpito a morte cadeva oltre quella trincea tanto contesa. Le sue ultime parole furono di fede nei destini della Patria e di incitamento alla resistenza.» Fronte russo (quota 331,7), 27 giugno 1942.

Altre decorazioni:

Medaglia di Bronzo al Valor Militare

«Aiutante Maggiore in seconda, sotto l’intenso fuoco nemico compiva difficili, pericolose ed utili ricognizioni. Imbattutosi, durante una di queste, in un gruppo di nemici penetrati in una nostra trincea, con l’aiuto di due soli ciclisti risolutamente lo attaccava e lo metteva in fuga. Percorrendo spesso la linea, fermavasi ove l’avversario maggiormente si accaniva, incitando i bersaglieri e combattendo egli stesso» Pleca, Hesliak-Montenegro, ott. 1917

Croce di Guerra al V.M. (Fronte jugoslavo, sett. 1941)

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VUKASINA ANTONIO

Sottotenente cpl. Fanteria – Quartier Generale Divisione «Zara»

Appartenente a patriottica famiglia zaratina, studente universitario nella facoltà di ingegneria a Bologna, fu ammesso al corso allievi ufficiali presso il 3° reggimento granatieri a Viterbo nel febbraio 1941. Promosso sergente, fu trasferito al 61° reggimento fanteria della Divisione motorizzata Trento allora operante in A.S. (Africa Settentrionale) e dopo avere partecipato all’assedio della piazzaforte di Tobruk ed al successivo ripiegamento verso Agedabia fu rimpatriato nel febbraio 1942 per completare il corso allievi ufficiali a Napoli. Nominato sottotenente di complemento ed assegnato al 20° fanteria, ottenne nel marzo 1943 di essere trasferito al Comando della Divisione di Zara e destinato a reparti speciali che avevano il compito di agire isolatamente nell’entroterra zaratino.

«Volontario di guerra chiedeva ed otteneva il comando di un reparto di formazione avente funzioni particolarmente ardite e con esso partecipava a rischiose azioni. Avuta notizia che una massiccia formazione si apprestava ad occupare le quote circostanti il suo piccolo presidio per attaccarlo, con pronta decisione affrontava la grande minaccia. Dopo aspro combattimento, rimasto ferito ad entrambe le braccia e pressoché circondato, rifiutava di porsi in salvo attraverso l’unica via rimasta ancor libera e ripiegava combattendo con pochi superstiti. Asserragliatosi in una casa, continuava la cruenta lotta rifiutando sdegnosamente ogni proposta di resa finché, esaurite tutte le munizioni, cadeva sul campo trovando nell’ultimo anelito la forza di gridare la sua inesausta fede di dalmata. Sublime esempio di ogni più alta virtù militare e d’ardente fede italiana. Dalmazia, 7 giugno 1943.