STEFANO PAOLICCHI, ANDREA MILLEVOI E PASQUALE BACCARO – M.O.V.M. DI LUGLIO

  

STEFANO PAOLICCHI

Sergente Maggiore del 9° Reggimento d’Assalto Paracadutisti “Col Moschin”

Partecipò a varie missioni di pace all’estero (fra cui Iraq e Libano) prima di partire alla volta della Somalia per l’operazione Ibis II coordinata dalle Nazioni Unite. Durante la Battaglia del Pastificio, colpito alla milza in uno dei pochi punti non protetti dal giubbetto continuò il combattimento mirato a liberare dall’accerchiamento alcuni militari italiani, caduti in un’imboscata tesa da centinaia di miliziani somali, che reagirono imprevedibilmente e violentemente a un rastrellamento di armi. Persa conoscenza, venne trasportato all’ospedale di Mogadiscio dove spirò.

«Incursore paracadutista, inquadrato nel contingente italiano inviato in Somalia nell’ambito dell’operazione umanitaria voluta dalle Nazioni Unite, partecipava con il proprio distaccamento operativo al rastrellamento di un quartiere di Mogadiscio. Nel corso dei successivi combattimenti, proditoriamente provocati da miliziani somali, non esitava ad affrontare d’iniziativa e con lucida determinazione una postazione di mitragliatrice che sparava su una colonna di mezzi italiani. Incurante della propria incolumità si portava a distanza di assalto con grande coraggio e spiccata perizia operativa, neutralizzava una coppia di tiratori che gli sbarrava la strada, e durante l’ultimo sbalzo, veniva colpito da una raffica al petto. Nonostante la ferita, con un ultimo estremo sforzo riusciva a lanciare una granata sulla postazione della mitragliatrice costringendola al silenzio. Pur conscio della gravità delle sue condizioni, continuava ad incitare i suoi uomini, perdendo conoscenza nel vano tentativo di rialzarsi per proseguire nell’azione. Soccorso e sgombrato, decedeva all’ospedale di Mogadiscio. Fulgido esempio di elevate virtù, indomito valore, generosità e ardimento sublimate dal supremo sacrificio.» (Mogadiscio, 2 luglio 1993)

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ANDREA MILLEVOI

Sottotenente 8° Reggimento “Lancieri di Montebello”

Nel 1992, durante il servizio militare di leva, prese parte per alcuni mesi all’Operazione Vespri Siciliani. Nell’aprile 1993 firmò la rafferma e accettò di partecipare alla missione ITALFOR Ibis, in Somalia, partì il 26 giugno 1993 e fu assegnato presso la sede del comando ITALFOR di stanza a Balad. Il 2 luglio successivo prese parte all’operazione Canguro 11, un’attività di rastrellamento condotta a Mogadiscio, nel quartiere di Haliwa, presso il quale sorgeva un ex pastificio della Barilla. Era il capo equipaggio di una autoblindo Centauro appartenente al Raggruppamento Bravo, comandato dal colonnello Pierluigi Torelli; pressoché ultimata l’operazione, la colonna di mezzi, già in procinto di fare ritorno a Balad, fu fatta affluire verso l’area del pastificio per fornire sostegno alle truppe del Raggruppamento Alfa, dirette verso il porto vecchio. Raggiunta l’area degli scontri attraverso una strada parallela alla Via Imperiale, alcuni VCC furono circondati da centinaia di civili, i quali misero la zona a ferro e fuoco ed impedirono alla colonna di procedere. In quel frangente, i miliziani somali iniziarono dall’alto a sparare raffiche di kalashnikov sui militari, ormai circondati, tra cui Andrea Millevoi, che venne colpito mortalmente.

«Comandante di plotone blindo pesanti “CENTAURO”, inquadrato nel contingente italiano inviato in Somalia nell’ambito dell’operazione umanitaria voluta dalle Nazioni Unite, partecipava con il 183º Reggimento Paracadutisti “NEMBO” al rastrellamento di un quartiere di Mogadiscio. Nel corso dei successivi combattimenti, proditoriamente provocati da miliziani somali, con perizia ed intelligenza concorreva con le forze alle sue dipendenze allo sganciamento di alcuni carri rimasti intrappolati nell’abitato. Dopo avere scortato un mezzo adibito allo sgombero di alcuni militari feriti, si riportava nella zona del combattimento e incurante dell’incessante fuoco nemico coordinava l’azione dei propri uomini e contrastava personalmente con l’armamento leggero di bordo l’attacco nemico. Per conferire più efficacia alla sua azione di fuoco, si sporgeva con l’intero busto fuori dal mezzo esponendosi al tiro di un cecchino che lo colpiva mortalmente. Cadeva con le armi in pugno offrendo un chiarissimo esempio di coraggio, determinazione, assoluto sprezzo del pericolo ed elevatissimo senso del dovere sublimato dal supremo sacrificio» — Mogadiscio, 2 luglio 1993

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PASQUALE BACCARO

186° Reggimento Paracadutisti “Folgore”

Paracadutista di leva, faceva parte del contingente italiano impegnato in Somalia nella Missione Ibis, nell’ambito della missione umanitaria UNOSOM II. Era effettivo alla 15^ Compagnia Diavoli Neri del 186° Reggimento Paracadutisti “Folgore”. Il 2 luglio 1993, a Mogadiscio, prendeva parte all’operazione di rastrellamento denominata “Canguro 11”, a bordo di un  VCC-1 Camillino. A fine rastrellamento il veicolo ripiegò verso Balad, ma a seguito dell’inasprirsi della battaglia che ne susseguì immediatamente, venne ordinato allo stesso di rientrare a Mogadiscio. Arrivato in prossimità dell’incrocio tra la via Imperiale e la via XI Ottobre, poche decine di metri dopo il Checkpoint Pasta, il veicolo fu colpito da un razzo RPG-7 e il paracadutista, gravemente ferito alla gamba sinistra dall’esplosione, morì dissanguato dopo pochi minuti.

«Paracadutista di leva, inquadrato nel contingente italiano inviato in Somalia nell’ambito dell’operazione umanitaria voluta dalle Nazioni Unite, partecipava con il 186º Reggimento Paracadutisti Folgore al rastrellamento di un quartiere di Mogadiscio. Nel corso dei successivi combattimenti, proditoriamente provocati da miliziani somali, mentre effettuava fuoco mirato da bordo di un veicolo corazzato a sostegno dell’azione condotta dalla propria squadra, veniva inquadrato dal tiro dei cecchini ma, imperturbabile, proseguiva nell’azione. Gravemente ferito a seguito dell’esplosione di un razzo controcarri, che aveva colpito il mezzo corazzato sul quale operava, manteneva, nonostante l’amputazione traumatica di un arto inferiore, spirito saldo e animo sereno, consentendo agli altri paracadutisti di continuare ad operare con immutata determinazione. Soccorso e trasportato presso una struttura sanitaria non sopravviveva alle gravissime lacerazioni subite. Immolava così la sua giovane vita nel pieno adempimento del proprio dovere per un ideale di pace e solidarietà tra i popoli. Purissima figura di uomo e combattente, esempio fulgido di assoluta dedizione al dovere e di elette virtù militari sublimate dal supremo sacrificio.» — Mogadiscio, 2 luglio 1993