Massimo Coltrinari Analisi Parametrale. Un Approccio da Sviluppare. La Prospettiva Politica

  

 

Massimo Coltrinari

Premessa

Partendo da un brevissimo cenno alle prospettive geopoliche con note al potere continentale e marittimo, questo breve elaborato sottoliena l’importanza della geopolitica quale strumento di analisi delle relazioni internazionali. Intende cioè evidenziare come, attraverso le lenti della geopolitica, sia possibile recuperare la dimensione spaziale della politica internazionale de territorializzata dalla semplificazione del mondo diviso in blocchi,  Indicare, quindi, sulla base di quanto è stato elaborato in vari lavori svolti allo IASD (Istituto Alti Studi per la Difesa) e all’ ISSMI (Istituto Superiore di Stato Maggiore Interforze) nel corso degli ultimi anni, un modello di interpretazione basato su fonti aperte, avendo come base lo Stato e le sue capacità, che permetta di affrontare in modo rapito e propedeutico i temi della geopolitica attuali. Attraverso un esempio, quello relativo alla Russia, proporre quello che si può proporre ai frequentatori dei corsi di questo centro come strumento di lavoro propedeutico ai corsi stessi in tema di geopolica.Una proposta che, attentamente vagliata, ed eventualmente accettata può tramutarsi con l’impegno della docenza sia interna che esterna, in una sorta di abbecedario geopolitica ad uso dei frequentatori affinché, per tutte le tematiche geopolitiche del pianeta abbiamo una base di approccio semplice, comune e su dati reali per poter comprendere  i fenomeni della interrelazione tra gli Stati e le relative di maniche consequenziali.

Il presente lavoro, quindi, ha lo scopo di indicare quelle che si potrebbe fare, come suggerimento d ipotesi, per dotare questo Centro di un ulteriore strumento didattico interno, ovvero una ipotesi di studio per la creazione di un Manuale/Atlante  geopolitico, con base lo Stato,[1] ad uso dei Frequentatori dei Master, ed anche del loro aggiornamento postcorso,  al fine di analizzare le macroaree, raggruppanti Stati dei vari continenti del Pianeta in cui si possono articolare, al fine di individuare gli squilibri degli ultimi anni e del presente, nonché i possibili scenari futuri, con un diverso grado di probabilità che si realizzano, in termini di sviluppo, stabilità o instabilità, attingendo da fonti aperte, consolidate ed oggettive.

La prospettiva geopolitica

  1. La prospettiva geopolitica. 2. Il Potere Continentale. 3. Il Potere Marittimo 4. Tutto in divenire

La fine della Guerra Fredda ha travolto l’ordine di Yalta e vi ha sostituito il disordine delle nazioni[2]. Il crollo del muro di Berlino se, da un lato, ha determinato il superamento della semplicità strutturale del sistema bipolare, dall’altro ha decretato la chiusura anticipata del Novecento che, non a caso, è stato definito il secolo breve[3]. Il venir meno di quella forma particolare di sistema di guerra rappresentato dalla contrapposizione mercuriale dei due blocchi, ciascuno espressione di un sistema di valori inconciliabili e dunque alternativi, ha sancito la vittoria del modello di democrazia occidentale rispetto al modello degli stati socialisti. La sconfitta dell’ideologia comunista, tuttavia, non ha significato la fine delle ideologie tout court né, a maggior ragione, la fine della storia[4].

L’istituzionalismo liberaldemocratico, dopo essersi imposto nel ciclo della Guerra Civile Europea sul nazifascismo, ha prevalso nel confronto bipolare sul socialismo sovietico ponendosi, quindi, come unico superstite delle grandi ideologie novecentesche[5]. E, ciò nonostante, è ben lungi dal parlare quel linguaggio universale che Popper, criticandolo, chiama il “mito della cornice”[6]. L’istituzionalismo, ordinista e funzionalista, e le sue espressioni a livello internazionale, le organizzazioni globali e regionali, risentono della comune matrice anglosassone e spesso sovrappongono la loro filosofia a realtà diversificate e del tutto incompatibili. La fine del conflitto tra gli Stati uniti ed Unione Sovietica ha lasciato supporre che la sola esportazione della democrazia fosse al tempo stesso requisito e garanzia di pace rilanciando il ruolo delle Nazioni Unite e, più in generale, dei sistemi inclusivi di sicurezza collettiva. La realtà, viceversa, ha visto un sensibile aumento dei livelli di conflittualità. “Il ritorno della storia”[7] si è realizzato nella forma cruenta dei conflitti etno-identitari e religiosi che hanno dimostrato, ad un tempo, la fallacità dell’idea dell’omologazione istituzionalista e la pressoché assoluta impotenza dell’ONU nella gestione delle crisi (si pensi, per esempio, ai risultati modesti, quando non fallimentari, delle missioni in Somalia, Cambogia e Bosnia).

  1. La prospettiva geopolica

Il termine geopolitica è impiegato per la prima volta nel 1899 dal politologo e sociologo svedese Johan Rudolf Kjellen il quale definisce, in seguito, come “scienza dello stato in quanto organismo geografico, così come si manifesta nello spazio. Lo Stato in quanto paese, in quanto territorio o, in modo più significativo, in quanto impero” [8].

Il generale Haushofer, ordinario di geografia all’università di Monaco, considera la geopolitica quale “base per ogni politica scientifica e per ogni riassetto dello spazio sulla superficie della terra, in particolare per un popolo di grande cultura, duramente colpito e prostrato, situato nel cuore di un continente sovrappopolato e in declino per quanto riguarda la sua importanza nel mondo”, e la ritiene “uno dei rari mezzi per portare a punti di vista  comuni e in uno stesso spazio vitale migliaia di uomini, quanto meno sulle questioni fondamentali di importanza vitale per tutti”[9].

Se è condivisibile la prospettiva della geopolitica che si interroga sui rapporti tra lo spazio e la politica, che indaga sull’influenza del fattore spaziale sull’agire politico, bisogna certamente rifiutare la connotazione scientifica della disciplina che emerge dalle due definizioni. La geopolitica è un processo intellettuale, una “metafisica della competizione per il dominio dello spazio che reinterpreta la storia passata e anticipa previsioni per quella futura”[10], nella quale le direttrici dell’espansione e le minacce alla sicurezza sono determinate in anticipo. Essa unisce “ una schematizzazione geografica delle relazioni diplomatico-strategiche (…) con un’interpretazione degli atteggiamenti diplomatici in funzione del modo di vivere e dell’ambiente – sedentari, nomadi, terrestri, marini”[11].

La geopolitica consente una riappropriazione dell’elemento materiale della politica internazionale insistendo su un fondamento immodificabile, lo spazio geografico, arricchito nel tempo da nuove dimensioni attraverso la verticalization e la nuclearizzazione, che ne definisce il carattere globale.

In che modo, quindi, la geopolitica concorre all’analisi delle relazioni internazionali? L’approccio istituzionalista, come già detto sopra, si basa su un duplice ordine di idee: da un lato, lo sviluppo tendenziale dell’originaria struttura anarchica del sistema in una gerarchia; dall’altro, la convinzione che la diffusione del modello democratico, ipso facto, determina un abbassamento dei livelli di competizione e di conflitto, dal momento che è valido il principio per cui gli stati democratici non si fanno la guerra. Ciò significa abbracciare la prospettiva di uno sviluppo lineare e progressivo delle relazioni internazionali ed adottare una griglia interpretativa basata sul passaggio dal disordine all’ordine che mal si adatta agli eventi di questo inizio di secolo. Di più. La sovrastruttura ordinamentale delle organizzazioni internazionali omologa situazioni riferite ad attori con caratteristiche culturali, etniche e politiche del tutto peculiari, che agiscono in aree geografiche e geopolitiche diversificate spesso con sensibili differenziali economici e tecnologici.

L’istituzionalismo non è attrezzato per spiegare le fasi di regresso perché non tiene conto dell’alterità. “Ben diverso è invece l’approccio  che ipotizzi, come schema d’analisi, un teoria ciclica delle relazioni internazionali. Tale approccio epistemologico si basa, infatti, sull’analisi dei pesi di potenza (…) e in particolare sul grado di concentrazione/diffusione di potenza tanto nelle diverse regioni quanto globalmente” [12]. L’impianto realista permette di mettere a confronto diverse aree geografiche del mondo e di rilevare le discrasie temporali, a livello regionale, rispetto ai trend principali di concentrazione/diffusione di potenza[13]. La geopolitica riacquista la propria importanza interpretativa proprio perché la dimensione spazio-temporale diventa essenziale dopo l’esplosione dei confini dell’Eurasia. Lungi dal determinismo e dal propagandismo del periodo tra le due guerre, essa “riconosce i vincoli oggettivi e le potenzialità dell’azione politica” degli stati rispetto allo spazio in cui operano[14] nella forma primigenia dell’Orso (terra) e della Balena (mare).

  1. I

 

[1] Si può anche prendere in esame in un secondo momento anche il livello al di sotto dello Stato, come la tribù, i clan le minoranze; come si può anche salire a livello superiore allo Stato analizzando le organizzazioni Sovrastatali e la oro incidenza nella macroarea in esame. Così come si può anche prendere in esame l’incidenza nella macroarea considerata  della influenza dei grandi attori strategici sia in essere che emergenti.

[2] P. Lellouche, Il nuovo mondo. Dall’ordine di Yalta al disordine delle nazioni, Bologna, il Mulino, 1994.

[3] E. Hobsbawm, Age of Exstremes, London, Abacus, 1994. In questa prospettiva, al secolo lungo, l’Ottocento, che si estende dal 1789 al 1914, si contrappone il Novecento durato dal 1914 al 1990.

[4] F. Fukuyama, La fine della storia e l’ultimo uomo, Milano, Rizzoli, 1992.

[5] C.M. Santoro, Occidente. Identità dell’Europa, Milano, Franco Angeli, 1998, pagg. 29-32.

[6] Ibidem, pag. 20.Il riferimento è K. Popper, il mito della cornice, Bologna, Il Mulino, 1995.

[7] L. Incisa di Camerana,  Panorama sul terzo dopoguerra, in  “Relazioni internazionali”, n.19, settembre 1992, pagg. 4-11.

[8] J.R. Kjellen, Staten som Lifsfom, 1916, in P.M. Defarges, Introduzione alla geopolitica, bologna, il Mulino, 1994,pag. 22.

[9] K. Haushofer, estratto da un discorso radiofonico, 1931 in P.M. Defarges, Introduzione alla geopolitica, cit., pagg. 22-23.

[10] C. Jean, Geopolitica, Bari, Laterza, 1995, pag. 13.

[11] R. Aron, Pace e guerra tra le nazioni, Milano, Edizioni di Comunità, 1968, pag.232.

[12] C.M. Santoro, I nuovi poli geopolitici, in “Relazioni Internazionali”, giugno 1995, pagg. 1-17.

[13] Ibidem, pagg. 3-4.

[14]  Ibidem, pag. 4.

[15] C. Jean, Geopolitica, cit., pag. 29.

[16] Si ricordi, in particolare, che il Patto di Rapallo riguardava la fornitura di armamenti da parte della Germania e la possibilità per quest’ultima di utilizzare il territorio sovietico per esercitazioni militari. Si confronti Albrecht-Carrié, Storia diplomatica d’Europa, 1815-1968, Bari, Laterza, 1978 ed. E. Di Nolfo, Storia delle relazioni internazionali. 1918-1992, Bari, Laterza, 1996

[17] H. J. Mackinder, Le pivot géographique de l’histoire, in “Stratégique”, Fondationpour les études de Defence Nationale, Paris, n.3, 1992, pagg. 11-29.

[18] P. Moreau Dfargrs, Introduzionealla geopolitica, Bologna, cit., pag. 39.

[19] Ibidem,  pagg. 39-40.

[20] Il termine pivot area viene utilizzato già nel citato Le pivot géographique de l’Ihistoire del 1904; il concetto di heartland è impiegato, al contrario, in Democratic Ideals and Reality; a Study in the Politics of Reconstruction, Contestable, London, 1919 e in The Round World and the Winning of the Peace, “Foreign Affairs”, summer 1943, pagg. 595-605.

[21] P. Moreau Defarges, Introduzione alla geopolitica, cit., pag.40.

[22] P. Moreau Defarges, Introduzione alla geopolitica, cit., pagg. 40-41.

[23] H. J. Mackinder, Le pivot géographique de l’histoire, cit., pagg.11-29.

[24] C. Jean, Geopolitica, cit., pag. 30.

[25] W. J. Mommsen, L’età dell’imperialismo, Milano, Feltrinelli, 1990, pagg. 178-180.

[26] C. Jean, Geopolitica, cit., pag. 31.

[27] Si ricordi, a questo proposito, che il Trattato di Versailles, oltre alle mutilazioni territoriali sul confine occidentale e al drastico ridimensionamento delle forze armate, aveva tagliato in due la Prussia lasciando fuori dai confini nazionali circa due milioni di tedeschi. G. Formigoni, Storia della politica internazionale nell’età contemporanea, Bologna, il Mulino, 2000, pagg. 288-289.

[28] C. Jean, Geopolitica, cit., pag. 32.

 

[29]  H.  J. Mackinder, The Round World and the Winning of the Peace, cit., pagg. 595-605.

[30] Si confronti A. Sterpellone, Le dottrine politiche internazionali dell’età presente, Milano, Marzorati, pagg. 23-47.

[31] C. Jean, Geopolitica, op.cit.,pag. 32.

[32] P. Moreau Defarges, Introduzione alla geopolitica, cit., pag.63.

[33] E. Gasparini Cesari, Karl Haushofer, Il geopolitico del nazismo, in “Rid – Rivista Italiana Difesa”, giugno 2001, pagg.  82-84.

[34] F. Ratzel, Politische Geographie, Munchen & Leipzic, R. Oldenburg, 1897 in Moreau Defarges, Introduzione alla geopolitica, cit., pag. 64.

[35] F. Ratzel, Der Lebensraum, Eine biogeographische Studie, Tubingen, H. Laupp, 1901 in P. Moreau Defarges, Introduzione alla geopolitica, cit., pagg. 64-65. Si noti come Ratzel non affermò mai che la competizione tra gli stati dovesse essere armata e che la conquista di territori dovesse necessariamente avvenire tramite guerre di aggressione.

[36] C.M. Santoro, Studi di geopolitica. 1992-1994, Torino, Giappichelli, 1997, pagg. 167-170.

[37] E. Gasparini Cesari, Karl Haushofer, il geopolitico di Hitler, cit. pagg.88-89.

[38] P. Moreau Defarges, Introduzione alla geopolitica, cit. pag.73.

[39] È opportuno sottolineare come dall’originaria quadri partizione del mondo si arrivi, nel 1941, ad una tripartizione che non comprende più la Pan-Russia considerata in posizione satellite rispetto alla Germania. C.Jean, Studi di geopolitica, cit., pag.34.

[40] P. Moreau Defarges, Introduzione alla geopolitica, cit. pag.75.

[41] C. Jean, Geopolitica, cit. pagg. 34-35. E poco oltre si legge significativamente: “Ora come nel primo dopoguerra, il dramma degli eurasisti è che non dominano mai contemporaneamente sia a Berlino che a Mosco. L’eurasismo sembra quasi una sindrome da sconfitta, in quanto in esso è implicita una richiesta d’aiuto e di rivincita contro le potenze marittime”.

[42] A. T. Mahan, L’influenza del potere marittimo sulla storia. 1600-1783, Roma Ufficio Storico della Marina Militare, 1994, pag.61.

[43] C. Jean, Geopolitica, cit. pag.36.

[44] Ibidem, pagg.36-37.

[45] Per i termini di tale dibattito si confronti A.T. Mahan, Strategia navale, Roma, Forum di Relazioni Internazionali, 1997, pagg. 9-50 (nello specifico: Presentazione, a cura di G. Giorgerini, e Commento, a cura di F. Sanfelice di Monforte).

[46] C. Jean, Geopolitica, cit. pagg.37-38.

[47] C.M. Santoro, I nuovi poli geopolitici, cit., pagg. 8-16. Nel suddetto articolo si parla di modelli egemonico, autoritario, istituzionale-federale e virtuale.

[48] C.M. Santoro, Studi di geopolitica, 1992-1994, cit., “La nuova geopolitica europea”.

[49] Non essendo lo scopo primario di questo lavoro, per ulteriori approfondimenti si invia a G. Lizza, Geopolitica delle prossime sfide, Torino, Utet, 2011.