Massimo Coltrinari. Il Potere Continentale. III Haushofer

  
  1. Haushofer (1869-1946)

La geopolitica tedesca rappresenta il tentativo di immaginare la posizione ed il ruolo della Germania nel mondo ed è largamente influenzata dal pensiero e dall’opera di Fredrich Ratzel, il più insigne esponente della geografia politica del Reich a cavallo tra il XIX e XX secolo. Questi, infatti, ha avuto il merito di tradurre le aspirazioni e le pulsioni di una nazione da poco eretta a stato in un insieme teorico coerente e funzionale alla politica di potenza guglielmina[32]. Nelle tesi di Ratzel riecheggiano temi che verranno successivamente ripresi da Haushofer e dalla scuola di Monaco[33]. Prima di tutto il rapporto tra lo stato ed il suolo: “lo stato subisce le stesse influenze di ogni vita umana (…). L’uomo non è concepibile senza il suolo terrestre neppure la più grande opera dell’uomo sulla terra, lo stato”[34]. Soltanto attraverso il suolo lo stato può garantirsi il controllo delle risorse necessarie alla propria indipendenza. Corollario di ciò è la crescita degli attori statuali, cioè la rivendicazione di uno spazio vitale (Lebensraum) e la lotta per il suo dominio, che coniuga la visione biologica dello stato, fondata sulla teorie dell’evoluzione, alla concezione dello “stato potenza” tipica dei politologi tedeschi del XIX secolo.

“E’ nella natura degli stati svilupparsi in competizione con gli stati vicini e il più delle volte la posta in gioco è rappresentata dai territori”[35]. Infine, il problema del poliformismo della Germania che si coniuga con la sua posizione di impero di mezzo, chiuso al centro dell’Europa e minacciato sia ad est sia ad ovest, impero che può sopravvivere solo grazie alla progressiva opera di colonizzazione delle terre di confine. La germanizzazione della Polonia, della Pomerania e della Prussia orientale ravviva il vecchio dibattito sulla Grossdeutschland, comprendente tutti i territori di lingua e cultura tedesca inclusa l’Austria,  e la Kleindeutschland, la Piccola Germania, propugnata viceversa dal realismo di Bismarck quale unica via possibile all’unificazione[36].

La geopolitica di Haushofer è prima di tutto il portato dell’imposizione delle clausole di Versailles ad una nazione uscita dalla guerra con il proprio esercito saldamente attestato in territorio straniero che percepisce la sconfitta e il ridimensionamento come un tradimento della classe politica. La riflessione del generale, che rielabora le tesi di Mackinder del 1919 ribaltando la prospettiva di un’Europa centrale come area cuscinetto svincolata dall’egemonia tedesca, si articola su tre argomenti principali. In primo luogo il concetto di spazio vitale, mutuato dal pensiero ratzeliano, fonte di risorse per l’accumulazione di potenza e prerequisito per l’autarchia, il cui controllo è favorito dalla presenza di consistenti minoranze etno-culturali tedesche al di fuori della Germania[37]. Quindi, l’idea delle dinamiche costitutive delle pan-regioni, macro aggregati territoriali basati sulla pan-idee il pangermanesimo, il panslavismo, il panasiatismo, il panarmericanesimo) che rappresentano le entità geopolitiche sulle quali fondare la riorganizzazione del mondo[38]. La conflittualità tra stati nasce proprio dalle resistenze del mondo anglosassone al dispiegamento delle forze unificanti di ciascun polo geopolitico, raccolte attorno ad attori egemoni: la Germania per la PanEuropa (Africa, bacino del Mediterraneo e Medio Oriente), l’Unione Sovietica per la Pan-Russia (allargata fino al subcontinente indiano), il Giappone per la Pan-Pacifica (Cina, Australia ed Indonesia), gli Stati Uniti per la Pan-America[39].

Ultimo argomento, la contrapposizione tra potere continentale e potere marittimo. Haushofer concorda con Mackinder quando questi afferma che il controllo della World Island corrisponde al dominio del mondo; e, come conseguenza, ritiene che il Patto Tripartito tra Italia, Germania e Giappone (1936), il Patto Molotov-Ribbentrop e il Trattato di neutralità nippo-sovietico (1941) concorrano a realizzare l’unificazione di heartland e la definitiva interdizione delle potenze marittime dal cuore di Eurasia[40]. Quanto una simile costruzione politico-diplomatica fosse fragile lo rivelerà di lì a poco l’attacco tedesco all’Unione Sovietica. Rimane comunque l’idea, tipica del nazionalismo tedesco e totalmente estranea al nazismo, occidentalista e razzista, che il nemico della Germania non debba essere ricercato ad est ma bensì tra le potenze marittime a vocazione globale. Del resto, la questione della ricostruzione unitaria del cuore del mondo, dopo il crollo del muro di Berlino, ha riacquistato una autonoma valenza euristica dal momento che, almeno in prospettiva, ritorna ad essere una eventualità pensabile. Le teorie di Haushofer sembrano influenzare sempre più, in Russia, i circoli militari e diplomatici dei cosiddetti eurasisti, poco entusiasti dell’ordine internazionale liberaldemocratico e favorevoli alla creazione di panregioni  ad andamento meridiano, i quali si contrappongono, pertanto, sia ai nazionalisti slavofili sia agli occidentalisti[41].