Michele Taufer Le forze per operazioni speciali italiane: tra Global Soft Network e Nato

  

LE FORZE PER OPERAZIONI SPECIALI  ITALIANE: TRA GLOBAL SOF NETWORK E NATO

 

INTRODUZIONE

Negli ultimi 15 anni le Forze Armate nazionali hanno visto un sempre maggiore impiego, sia in ambito nazionale che soprattutto in un contesto multinazionale, di una particolare categoria di reparti: quello delle Forze per Operazioni Speciali. Il primo dicembre 2004 ha visto la nascita del Comando Operativo Forze Speciali: comando con lo status di Reparto Incursori paracadutisti interforze. Questa struttura, voluta dall’allora Capo di Stato Maggiore Amm. Di Paola è alle dirette dipendenze dello Stato Maggiore della Difesa con la funzione di Comando di Pianificazione per la condotta delle Operazioni Speciali. Il baricentro delle attività è costituito da 4 Forze definite Speciali:

  • Il 9° Reggimento d’Assalto paracadutisti “Col Moschin” dell’Esercito Italiano;
  • Il Gruppo Operativo Incursori GOI della Marina Militare Italiana;
  • Il 17° Stormo dell’Aeronautica Militare Italiana;
  • Il Gruppo Intervento Speciale GIS dell’Arma dei Carabinieri.

L’azione di questi reparti è coadiuvata da quella di alcune unità definite di Supporto Operativo:

  • Il 26° Reparto Elicotteri per le Operazioni Speciali REOS dell’Esercito Italiano;
  • Il 4° Reggimento Alpini Paracadutisti dell’Esercito Italiano;
  • Il 185° Reggimento paracadutisti Ricognizione Acquisizione Obiettivi “Folgore” dell’Esercito Italiano;
  • L’11° Reggimento Trasmissioni dell’Esercito Italiano;
  • Il 28° Reggimento “Pavia” dell’Esercito Italiano.

Se in ambito interforze ed operativo il comando e la direzione spetta al COFS, l’approntamento, l’addestramento e l’allocazione dei fondi destinati ai reparti summenzionati spetta alle singole Forze Armate d’appartenenza.[1] Fondi che potrebbero però in un prossimo futuro venire messi a rischio; infatti, contestualmente al sempre maggiore impiego di queste Forze si è assistito ad una continua diminuzione delle risorse economiche assegnate al Bilancio della Difesa attraverso sempre più numerosi tagli lineari. Un trend che fino ad ora non ha intaccato le Forze Speciali ma che potrebbe però mutare subendo un’accelerazione con la diminuzione degli impegni fuori area del Paese, quali ad esempio la fine della missione in Afghanistan. Questo breve studio si propone di aprire un dibattito, all’interno del sistema politico istituzionale-accademico italiano, sulle Operazioni Speciali, i reparti militari deputati a condurle e sul ruolo che queste debbano avere nella Strategia Nazionale.

Nella stesura dello studio è stato seguito un approccio analitico di tipo qualitativo basato sull’utilizzo della letteratura disponibile in materia, la quale peraltro non sempre è di facile reperibilità vista la delicatezza di alcuni temi trattati. Letteratura quest’ultima quasi totalmente di origine anglosassone e che fa perno sui filoni statunitense e britannico. Una delicatezza ed una segretezza in merito alle Operazioni Speciali che, se ampiamente giustificata nei confronti del «Chi» (quindi mi riferisco a composizioni numeriche, rintracciabilità dei reparti ecc.) e del «Come» debba svolgere questo tipo di operazioni potrebbe forse essere, almeno in parte attenuata nei confronti del «Cosa» siano queste operazioni. Il rischio è quello di mantenere e di far rimanere queste particolari operazioni avvolte ed imprigionate in una serie di miti e stereotipi che ne pregiudicano la reale comprensione da parte dei non addetti ai lavori inficiandone l’impiego al massimo delle potenzialità. Una comprensione e conoscenza dell’argomento che costituisce una precondizione essenziale per colui che in ultima analisi è chiamato ad usarle in maniera efficace: il decisore politico.

COMPRENDERE PER MEGLIO DEFINIRE

Ma cosa sono le Operazioni Speciali? Sicuramente queste operazioni sono state da sempre avvicinate, nel pensiero militare Occidentale, a qualcosa di irregolare, di “insolito”, tendenti quasi a minare le regole di quella che è la forma più nota di violenza politica: la guerra. Queste operazioni sono sempre state circoscritte, condotte da forze autonome ed indipendenti, operanti all’interno del territorio, o meglio nello spazio difeso dal nemico. In particolare con il Secondo Conflitto Mondiale queste azioni hanno assunto la denominazione di “commando” e si sono concretizzate attraverso ricognizioni, sabotaggi, raid d’assalto, missioni coperte a livello divisionale ecc.[1] Durante il conflitto tutte le maggiori nazioni coinvolte hanno sviluppato e creato reparti in grado di condurre queste azioni: il caso italiano ha visto ad esempio l’impiego della figura degli Arditi per il Regio Esercito, gli ADRA per la Regia Aeronautica ed in particolare quello della Regia Marina con la X MAS, almeno fino al 1943.[2] Infatti, l’utilizzo di queste unità non si è dimostrato efficace in operazioni prolungate nel tempo, cioè in quella che è stata definita la guerra di resistenza-partigiana. Le operazioni di tipo commando, caratterizzate da una spiccata capacità offensiva mal si adattano a difendere e in un contesto come quello della guerra irregolare hanno dimostrato la loro bontà principalmente e limitatamente alla conduzione di missioni di ricognizione e di intelligence su terreni non permissivi, svolti però ad un livello tattico.[3]

Sicuramente quindi le Operazioni Speciali, lo dice anche il nome, sono caratterizzate da una serie di attributi in grado di differenziarle da quelle che invece sono operazioni convenzionali. Un primo passo verso una maggior chiarezza sull’argomento potrebbe essere tentare di definirle come: operazioni condotte da forze addestrate, equipaggiate e supportate nei confronti di un particolare obiettivo, la cui distruzione, eliminazione o liberazione nel caso trattasi d’ostaggi, costituisca un imperativo militare o politico.[4] Lasciata così però la definizione implicherebbe che qualsiasi forza possa condurre un’Operazione Speciale. Per limitare il bacino di «Chi» possa condurre queste operazioni è proficuo spostare lievemente il punto d’osservazione e pensare ad esse in termini di “approccio mentale all’operazione”. Queste operazioni verrebbero condotte da unità in grado di ragionare ed operare in maniera non ortodossa per il raggiungimento dell’obiettivo: una non ortodossia nell’approccio, non necessariamente nel metodo. Operazioni queste che costituirebbero quindi, una via alternativa a quelle convenzionali, a pari effetto desiderato.

Ecco qui un’importantissima caratteristica: le conseguenze di queste operazioni devono avere un effetto strategico. Ecco perché queste operazioni costituiscono un vero e proprio strumento in mano al decisore, sia che vengano svolte in supporto alla diplomazia, a complemento delle forze regolari o in maniera singola: sono una delle opzioni da poter utilizzare in politica estera. Le Operazioni Speciali e coloro i quali sono chiamati a condurle sono altresì una delle branche del potere militare di una Nazione, al pari del potere aereo, navale, spaziale, nucleare ecc.[5]

L’Ammiraglio William H. McRaven pone però enfasi su un’altra caratteristica delle Operazioni Speciali: esse sono offensive. Queste sono sempre effettuate nei confronti di posizioni fortificate, in altri termini il nemico in un’Operazione Speciale mantiene un approccio difensivo e dato che la forma difensiva è intrinsecamente più forte di quella offensiva in uno scontro, si apre la strada a quello che è stato definito il “paradosso dell’Operazione Speciale”: attaccare e vincere in inferiorità numerica contro un nemico sulla difensiva. La chiave del successo in un’operazione sta nel raggiungere e nel mantenere la superiorità relativa, soprattutto durante le fasi iniziali. Più l’operazione si protrae nel tempo, più il rischio che questa fallisca aumenta esponenzialmente.

Per McRaven la superiorità relativa può essere raggiunta mediante l’applicazione di 6 principi sinergici ed interdipendenti:

  • Semplicità: Limitando gli obiettivi a quelli essenziali, l’intelligence svolge un ruolo vitale nel determinare e nel limitare le variabili indipendenti;
  • Sicurezza: Negare al nemico le tempistiche dell’operazione;
  • Ripetizione: Durante la pianificazione l’operazione deve essere provata e riprovata;
  • Sorpresa: Viene raggiunta attraverso una deception, ed in generale attraverso una massimizzazione delle debolezze dell’avversario;
  • Velocità: Essenziale al fine di limitare la propria vulnerabilità;
  • Dedizione: Gli obiettivi sono noti a tutti i componenti, i quali sono votati alla missione.

Le Operazioni Speciali potrebbero quindi venire definite come operazioni condotte su piccola scala, clandestine, caratterizzate da un approccio di missione non ortodosso e caratterizzate da un elevato rischio, le unità operano all’interno del territorio nemico, svolte con lo scopo di conseguire significativi obiettivi militari o politici a supporto della Politica Estera di una Nazione.[6]

L’arma principale di questi reparti, le forze chiamate a condurre le Operazioni Speciali così definite, sta  nell’eccellenza raggiunta nel loro livello d’addestramento (le cui tattiche si basano sempre e sono mutuate su metodi di guerra convenzionale), nella pianificazione e nell’improvvisazione.

Non tutte le operazioni svolte da forze adibite ad operazioni che non sono convenzionali diventano però Operazioni Speciali. Sempre all’interno di queste azioni militari fuori dal convenzionale ricadono quelle che sono le attività di resistenza e le guerriglie. Sono operazioni protratte nel tempo caratterizzate da circospezione e pazienza nell’approccio di missione, nella maggior parte delle volte queste operazioni richiedono il supporto della popolazione locale e l’impiego di forze armate militari/paramilitari per il raggiungimento degli obiettivi. Cosa forse più importante gli operatori chiamati a condurle devono possedere differenti qualità ed abilità rispetto a quelli chiamati a condurre Operazioni Speciali, così come una maggior comprensione e conoscenza del contesto socio-culturale del proprio avversario, o meglio: dell’ambiente umano nel quale opera l’avversario. Lo scopo ultimo è infatti quello di negare o di creare un ambiente non favorevole al nemico: in particolare in un contesto di insorgenza.

Si potrebbe quasi giungere ad una macro-divisione di questo grande insieme di operazioni basata su: operazioni dirette, quelle cioè condotte senza l’intervento o il supporto di terzi; e operazioni indirette, che prevedono invece l’intervento di terzi nel loro svolgimento, con le forze qui esaminate in funzione di direzione, o in altri termini di mentori.

Il problema di coordinamento tra queste forze è stato affrontato in maniera diversa da Paese a Paese: ad esempio gli Stati Uniti hanno incorporato le capacità indirette e le relative forze chiamate ad esercitarle all’interno della definizione stessa di Forze per Operazioni Speciali, mentre altri non definiscono nulla al di fuori delle unità chiamate ad eseguire le Operazioni Speciali propriamente dette.[7] In estrema sintesi, le “forze non convenzionali”, quelle che negli Stati Uniti vengono definite SOF, sono a loro volta caratterizzate da diverse peculiarità che le contraddistinguono e diverse abilità, competenze e approccio mentale necessari per poter portare a termine la loro particolare missione.

 

 

 

 

Questi insiemi o famiglie potrebbero pertanto venire rappresentati in questo modo:

 

DUE DOTTRINE A CONFRONTO

Le Forze Armate degli Stati Uniti d’America identificano le Operazioni Speciali come operazioni che:

richiedo metodi, tattiche, procedure, equipaggiamenti e modo di approccio unici. Sono spesso condotte in ambiente ostile, non permissivo ed in generale caratterizzato da un alto grado di ripercussioni politico-diplomatiche. Queste operazioni sono contrassegnate da una o da più delle seguenti peculiarità: volatilità, natura clandestina o coperta, bassa visibilità, necessità di operare a fianco o attraverso forze locali, specializzazione e conoscenza a carattere regionale-culturale dell’area di riferimento….”

Durante gli anni hanno sviluppato le capacità e le risorse per condurre tutto lo spettro di queste operazioni, sia dirette che indirette, e nello specifico esse sono:

  • Direct Action (DA): attacchi o colpi di mano di breve durata con lo scopo di distruggere eliminare, catturare, danneggiare obiettivi designati in un ambiente ad alto rischio politico-militare e non permissivo.
  • Special Reconnaissance (SR): azioni di ricognizione e di sorveglianza normalmente coperte o clandestine, al fine di ottenere informazioni di rilevanza strategica su un avversario effettivo o potenziale e non eseguibili da forze convenzionali.
  • Countering Weapons of Mass Destruction: supporto nel contrasto, messa in sicurezza e cattura di materiali, tecnologia volti alla proliferazione non controllata delle WMD.
  • Counterterrorism (CT): operazioni ed attività volte a smantellare e neutralizzare gruppi o network terroristici.
  • Unconventional Warfare (UW): operazioni ed attività condotte in supporto ad un insorgenza al fine di rovesciare, mediante azioni di guerriglia ed ausiliarie, un regime politico.
  • Foreign Internal Defense (FID): supporto ed assistenza alle forze armate e/o di sicurezza di un Paese al fine di aumentarne le capacità di contrasto a minacce interne quali guerriglia, terrorismo o in generale minacce alla stabilità.
  • Security Force Assistance: assistenza e supporto alle autorità governative, soprattutto nella fase di ricostruzione di forze di difesa/sicurezza del Paese ospitante.
  • Hostage Rescue and Recovery: operazioni in risposta ad incidenti derivanti da azioni terroristiche. Possono includere anche la ricattura di materiale o installazioni ritenute sensibili.
  • Counterinsurgency (COIN): è un insieme di azioni civili/militari svolte con lo scopo di contenere e porre rimedio alle cause alla base di un’insorgenza.
  • Foreign Humanitarian Assistance: l’insieme delle azioni di assistenza umanitaria svolte al di fuori degli Stati Uniti con lo scopo di mitigare ed alleviare le sofferenze di una popolazione.
  • Military Information Support Operations (MISO): hanno lo scopo di convogliare, di guidare, di indirizzare particolari informazioni al fine di cambiare la percezione su un determinato argomento da parte dell’opinione pubblica di un Paese, di un gruppo, di un governo verso una posizione più favorevole nei confronti di chi le attua.
  • Civil Affairs Operations (CA): Operazioni pianificate, eseguite e valutate in concorso con componenti civili con lo scopo di mitigare le ragioni e le cause di instabilità all’interno della società civile o di porre in essere azioni tipicamente rientranti nella responsabilità di funzionari civili.[8]

Per la dottrina NATO le Operazioni Speciali sono:

attività militari condotte da forze specificamente designate, organizzate, addestrate ed equipaggiate e costituite da personale particolarmente selezionato. Queste forze si approcciano attraverso l’utilizzo di metodi, tattiche di tipo non convenzionale. Le attività possono essere condotte lungo tutto lo spettro delle operazioni militari, indipendentemente o in concorso con le forze convenzionali, al fine di raggiungere lo scopo desiderato. Considerazioni di tipo politico-militare possono spingere verso l’esecuzione di tali operazioni in maniera clandestina o coperta così come l’assunzione di rischi di carattere politico-militare normalmente non accettabili nell’esecuzione di operazioni convenzionali. Le Operazioni Speciali portano al conseguimento di risultati di tipo strategico o di alto livello operativo.”

Principalmente in ambito NATO vengo divise in tre grandi tipologie:

  • Special Reconnaissance and Surveillance: è principalmente un’azione legata al fattore umano, queste forze sono in grado di fornire un’analisi ed un’interpretazione dei fatti direttamente sul campo in una maniera che altri assetti tecnici non sono in grado. Questo tipo di operazioni assumono la loro rilevanza massima in un contesto ad alto rischio politico, dove il fattore umano risulta essere il centro di gravità e dove la discrezione e la sensibilità politica risultano essenziali. Alcuni compiti specifici possono pertanto includere:
  • La raccolta di informazioni di tipo ambientale: meteo, geologiche ecc.
  • La verifica delle effettive capacità dell’avversario: cioè il threat assessment.
  • L’analisi e la discrimina degli ipotetici obiettivi valutando in particolare il rischio di danni collaterali e vittime civili.
  • Ricognizioni post-stike svolte con lo scopo di verificare il raggiungimento dello scopo dell’attacco.
  • Direct Action: Azione offensiva svolta da piccole unità contro obiettivi limitati e di alto valore strategico-operativo. Le azioni possono essere svolte indipendentemente, con il supporto di forze convenzionali o in supporto ad esse. Attività rientranti nelle azioni Dirette includono:
  • Imboscate e colpi di mano contro obiettivi volatili (time-sensitive), e contro i quali la rapidità d’esecuzione e la precisione sono fondamentali; gli attacchi sono condotti quasi esclusivamente contro obiettivi di importanza decisiva.
  • Guida terminale di ordigni. Operazioni in grado di massimizzare l’efficacia di tali armamenti e di minimizzare il rischio di danni collaterali.
  • Salvataggio e ricattura di personale o materiale sensibile da aree controllate dall’avversario o no n permissive. Quando si tratta di personale civile queste azioni sono anche note come Non-combatant Evacuation Operations (NEO).
  • Operazioni di demolizione, con lo scopo di neutralizzare obiettivi contro i quali altri sistemi d’arma risultino essere inadeguati.
  • Cattura e presa di vascelli o imbarcazioni.
  • Ricognizioni armate le quali implicano la localizzazione e l’ingaggio di bersagli d’opportunità in aree predeterminate.
  • Military Assistance: vengono intese come un ampio spettro di operazioni volte al supporto di forze amiche sia in tempo di pace che durante un periodo di escalation o conflitto. Queste possono variare dall’addestramento e/o capacity building fino ad arrivare all’impiego e alla direzione di forze locali nella condotta di operazioni maggiori (nella nomenclatura statunitense vengono definite Foreign Internal Defense). Possono consistere in:
  • Addestramento: sia di individui che di unità militari al fine consentire ad una Nazione l’autosufficienza nella propria politica di difesa.
  • Ruolo di consiglieri: svolgendo operazioni a fianco e nell’organico di unità militari locali in contrasto a movimenti di insorti, smantellandone i network, separandoli dal contatto con la popolazione civile e contribuendo a garantirne una cornice di sicurezza.

Accanto a queste tre famiglie possono essere incluse operazioni:

  • Support to Counter-Irregular Threat Activities: in supporto al contrasto di minacce asimmetriche.
  • Countering WMD: in contrasto alla proliferazione di armi di distruzione di massa WMD.
  • Hostage Release Operations: operazioni di liberazione ostaggi.
  • Faction Liaison: di collegamento tra diverse fazioni politiche.
  • Irregular Warfare: spesso le operazioni svolte nell’ambito della Military Assistance vengono effettuate a supporto di un’autorità di governo, ma in questo caso l’aiuto viene dato ad un movimento d’insorti (nella nomenclatura statunitense sarebbero Unconventional Warfare).
  • Facilitation of political processes in hostile or unpredictable environments: sostegno nell’implementazione di misure economiche , diplomatiche e d’informazione in ambienti ostili o non permissivi.[9]

In base però alla teoria e alle caratteristiche delineate nel capitolo precedente possiamo quindi affermare come prima cosa che:

  • Le Operazioni Speciali, quelle pure e originarie, quindi quelle dirette sono: Direct Action, Special Reconnaissance o Special Reconnaissance and Surveillance e forse Hostage Release Operations sempre che quest’ultima categoria non possa essere fatta rientrare all’interno di quella che è una Direct Action.
  • Le operazioni di tipo non convenzionale, quindi quelle indirette, dovrebbero comprendere tutte le altre tipologie di operazioni possibili ed inserite nelle due dottrine prese qui in esame.

Successivamente, possiamo altresì notare come le Forze Armate statunitensi tendano ad orientarsi verso una capacità operativa ad ampio spettro incorporando specialità indirette mentre la dottrina NATO tende a limitare il campo delle operazioni a tre grandi tipologie: due delle quali rientranti nella visione “pura” di Operazione Speciale, quindi diretta, ed una terza costituita da Military Assistance, quindi indiretta. E’ però in quest’ultimo campo che la NATO potrebbe trarre i maggiori benefici, un approccio di questo tipo porterebbe all’eliminazione o alla neutralizzazione delle minacce alla sicurezza dell’Alleanza prima che queste possano manifestarsi in maniera significativa. D’altro canto è però da notare come quest’approccio sia estremamente meno tangibile in termini di risultati ed in effetti misurabili, mostrando i suoi frutti solo sul medio-lungo termine. Approccio, questo, in antitesi con la postura a lungo seguita dal Pentagono e dalla quale tutti gli Stati, per ovvie ragioni politiche, sono attratti: la conduzione di azioni rapide, identificabili e facilmente valutabili, ad alto impatto per i mass media e l’opinione pubblica.

Sembrerebbe però che qualcosa stia cambiando soprattutto da parte statunitense con l’implementazione del progetto Global SOF Network.

IL GLOBAL SOF NETWORK

Nel gennaio 2012 il Dipartimento della Difesa statunitense DoD pubblicò il Defense Strategic Guidance (DSG) al quale il Comitato degli Stati Maggiori presieduti dal Generale Dempsey fece seguire il Capstone Concept for Joint Operations (CCJO) elencando le linee guida per la conduzione delle operazioni militari nel mutato scenario geopolitico identificato dalle linee guida della difesa. Le Forze Armate del futuro vennero e sono tuttora intese da parte statunitense come intrinsecamente interforze, capaci di colpire su scala globale ed in grado di trarre il massimo profitto da una delle caratteristiche principali dell’attuale sistema internazionale: l’interdipendenza.[10] Negli ultimi lustri però, un’altra caratteristica marca sempre più la violenza politica: la guerra o più correttamente i conflitti sono indissolubilmente legati alla dimensione umana più che quella tecnologica. O meglio: è all’interno di questa dimensione che, in ultima analisi, i conflitti si risolvono. Tutte le istituzioni o espressioni politiche: Stati, corporazioni, NGOs ecc. sono formate, dirette e controllate da aggregazioni di esseri umani; influenzare nuclei, rappresentanti o interi gruppi politici e/o popolazioni viene visto da parte americana come essenziale per il conseguimento dei propri obiettivi strategici. In altre parole le Forze Armate statunitensi devono considerare maggiormente l’ambiente fisico, culturale, sociale, geopolitico verrebbe da dire, nel dare concretezza alle linee e agli obiettivi della Defense Strategic Guidance: il successo delle iniziative strategiche dipende dalla capacità di comprendere, influenzare ed esercitare il controllo su quello che è stato definito lo Human Domain. Accettare l’importanza del fatto che prevenire il conflitto è della stessa importanza di combatterlo porta a comprendere come l’utilizzo dello strumento militare in concerto con le altre forme di potere dello Stato possa portare ad un aumento della sicurezza complessiva del Paese. Non solo, per poter dominare questo scenario è necessario che la forza joint riesca a contrastare i network di attori-soggetti soprattutto destrutturati che si contrappongono agli Stati Uniti. Ad aumentare la complessità vi è anche il continuo aumento della velocità dell’interazione umana amplificata dalla sempre maggiore vicinanza fisica da parte dei soggetti ostili dettata dall’urbanizzazione.[11] Ecco quindi una delle principali caratteristiche delle minacce degli attuali e dei futuri scenari: quello di essere interconnessi, correlati, dinamici, trasversali ed estremamente fluidi, di essere una rete con vari nodi più o meno importanti nei confronti dei quali una singola Nazione, anche la più potente, non può sperare di contrapporsi da sola.[12] A tutto ciò si aggiunge anche la maturata consapevolezza che la prevenzione di una situazione di crisi o la limitazione di un’escalation come sempre risulta essere più conveniente rispetto ad una risposta alla stessa.[13] E’ pertanto necessario costruire una rete contrapposta per opporsi a queste minacce: le SOF sono in questi termini lo strumento ideale date le loro caratteristiche di adattabilità, velocità, basso profilo ed orientamento regionale-culturale. L’obiettivo delle SOF in quanto forma di potere militare è quello di condurre operazioni in grado di produrre gli effetti desiderati all’interno dello Human Domain. Le attività e le funzioni abbracciano principalmente la protezione della popolazione, l’indirizzamento dei gruppi sociali verso il conseguimento delle proprie aspirazioni politiche e la dimensione umanitaria attraverso il contrasto delle cause scatenanti di un conflitto. Gli strumenti, o meglio le parole chiave sono abbastanza diversi dalla norma: legittimità, sovranità, sicurezza umana, politica, ideologia ecc. Gli altri strumenti del potere militare mal si adatterebbero al conseguimento di questi obiettivi, al contrario le SOF grazie alla capacità di condurre operazioni di tipo indiretto sono in grado di adattarsi meglio alla sfida.[14] Allo United States Special Operations Command (USSOCOM) il compito di tramutare in realtà i principi della dottrina sviluppando un piano per permettere alle proprie forze, già presenti su scala globale, di creare la rete: sia verso gli stessi Stati Uniti stabilendo contatti con le Agenzie Federali, sia su scala planetaria con i propri alleati e partner internazionali. Il network sarebbe in grado di adempiere alla sua missione proprio privilegiando tutta quella serie di operazioni di tipo indiretto permettendo e abilitando le forze locali alla conduzione di operazioni di tipo non convenzionale in contrasto a gruppi estremisti violenti, insorgenze e guerriglie e narco-terrorismo. Un coinvolgimento episodico e sporadico, condotto solamente attraverso le Operazioni Speciali classiche, porterebbe secondo Washington ad un alienamento e ad una disaffezione da parte dei governi e delle popolazioni partner. Questo sembrerebbe essere emerso dagli insegnamenti della campagna afghana ed anche irakena dove la comunità delle SOF avrebbe fatto notare uno sbilanciamento nei confronti di operazioni di controterrorismo caratterizzate da Direct Action ed in genere operazioni cinetiche anziché l’adozione di un approccio partner-centrico.[15]

Dal punto di vista organizzativo i perni del network, o i nodi, saranno i singoli Theater Special Operations Commands TSOCs ai quali spetterà il compito di condurre le operazioni lungo tutto l’arco possibile all’interno della propria area di competenza. Per facilitare l’interscambio e la sincronizzazione delle attività tra le SOF del network e quelle statunitensi all’interno delle varie regioni dove operano i singoli TSOCs lo USSOCOM ha istituito la figura degli Special Operations Liaison Officers SOLOs presso alcune ambasciate chiave. L’elenco di queste ambasciate comprende: Australia, Canada, Regno Unito, Giordania, Polonia, Colombia, Francia, Turchia e Italia.[16] Lo scopo ultimo della comunità SOF statunitense è quello di raggiungere una conoscenza ed una consapevolezza culturale, politica, sociale, economica ecc. non solo a livello regionale ma bensì a livello di singolo Paese, in particolare attraverso le seguenti funzioni:

  • Svolgendo un ruolo di consulenza sia a beneficio di altre SOF che più in generale di forze di sicurezza, quindi attraverso operazioni di tipo FID.
  • Svolgendo funzioni di collegamento in rappresentanza dello stesso USSOCOM e di coordinamento con le attività di altre agenzie.
  • Plasmando l’ambiente attraverso operazioni CA e MISO (quelle che in ambito NATO prendono il nome di PsyOps).
  • Preparando l’ambiente per le future operazioni attraverso l’instaurazione di relazioni di tipo politico o in generale attraverso il miglioramento della situational awarness in aree non permissive o ad alto rischio.[17]

Come si evince tutti e quattro i punti ricadono all’interno di operazioni indirette ed in particolare rientranti appieno nello Human Domain.

Gli Stati Uniti nella più recente evoluzione della loro dottrina sembrano orientarsi verso una maggiore distinzione tra quelle che nella terminologia americana vengono definite come due differenti ma mutue supportate forme di operazioni speciali: ciò che è Special Warfare e ciò che è Surgical Strike. La prima tipologia comprende sostanzialmente le operazioni indirette, mentre la seconda si concentra sulla conduzione di azioni dirette e principalmente unilaterali.[18] La Special Warfare consiste quindi nella:

Esecuzione di attività implicanti sia azioni letali che non, effettuate da forze specificatamente addestrate ed in possesso di una significativa conoscenza linguistica e comprensione culturale, un’elevata abilità nell’operare in piccoli gruppi ed in grado di formare e combattere a fianco di formazioni indigene in un contesto permissivo, incerto o ostile”.[19]

La Special Warfare si pone come collegamento tra due diversi gradi di intensità nell’impiego dello strumento militare statunitense: tra le operazioni dirette ed unilaterali, caratterizzanti il CT svolto dalle unità del Joint Special Operation Command (JSOC), e l’impiego su larga scala di forze convenzionali. Una Special Warfare, raggruppante le unità specializzate nell’Unconventional Warfare si presta particolarmente nell’affrontare una serie di problematiche quali insorgenze, network criminali, organizzazioni estremiste, criminalità legata al traffico di droga o di esseri umani, crisi umanitarie e derivanti da disastri naturali. In altre parole da tutte quelle attività rientranti nel concetto di Human Domain.

LE LINEE GUIDA PER IL FUTURO STRUMENTO MILITARE ITALIANO

Il 20 giugno 2014 il ministero della Difesa rilasciò il documento intitolato “Linee guida per il libro Bianco per la Sicurezza Internazionale e la Difesa”: consistente in un’analisi preliminare finalizzata alla raccolta e alla valutazione degli elementi necessari alla stesura del “Libro Bianco” vero e proprio. Dal documento, così come da quanto emerso dal “Convegno Nazionale sulla Sicurezza e la Difesa”, si evincono gli attuali trend dello scenario internazionale: uno scenario caratterizzato da continui cambiamenti e da una serie di minacce alla sicurezza di tipo multidimensionale in grado di trascendere quindi i confini nazionali. Occorre quindi sviluppare un approccio complessivo ed altrettanto multidimensionale per poter fronteggiare efficacemente le sfide alla sicurezza poste dal sistema. Inoltre viene altresì notato come risulti fondamentale comprendere anche la particolare natura politica degli attuali conflitti caratterizzanti la dimensione transnazionale.[20] Lo strumento militare che verrà delineato dal Libro Bianco dovrà quindi essere Interforze, Internazionale, Interoperabile, Efficace, Efficiente ed Economico (I3E3) così da poter affrontare sia ostilità di tipo asimmetrico che le più tradizionali forme simmetriche di conflitto, anche ad alta intensità. Riguardo alle forze opponenti è da attendersi che in futuro queste ricorreranno a forme di contrasto non convenzionali anche sfruttando domini nuovi o tentando di coinvolgere sia in maniera attiva che in maniera passiva le stesse popolazioni civili. Un ambiente all’interno del quale le Forze Armate nazionali dovranno essere pronte ad operare garantendo la protezione delle stesse e l’affermazione delle realtà locali supportate. Gli obiettivi operativi delle Forze Armate diventeranno sempre più complessi e sofisticati andando ben oltre la semplice neutralizzazione cinetica della minaccia. La protezione e la tutela delle popolazioni, lo sviluppo ed il sostegno delle realtà politiche locali saranno svolte in concerto con le altre Istituzioni repubblicane e tendenzialmente in un’ottica di partnership internazionale/sovranazionale: il mantenimento di un network relazionale con queste entità amiche ed alleate risulterà fondamentale per il conseguimento degli obiettivi strategici nazionali. Accanto a queste forme “ibride” non verrà altresì tralasciata la possibilità di una minaccia militare di tipo convenzionale il cui contrasto è in linea con l’assolvimento degli impegni derivanti dalla difesa della Patria, della difesa comune europea e quella integrata della NATO. Lo strumento derivante dovrà quindi assicurare:

  • L’integrità territoriale e gli interessi vitali nazionali;
  • Il successo delle operazioni in corso e le eventuali future esigenze di partecipazione internazionale;
  • Una funzione di deterrenza e di prevenzione di futuri conflitti in seno alle alleanze costituite;
  • Un contributo al concetto di risposta multidimensionale alle emergenze nazionali ed alle crisi internazionali.[21]

E’ proprio attraverso la lente offerta da questi quattro output auspicati dalle “Linee Guida del Libro Bianco della Difesa” che si può provare ad osservare la dottrina nazionale riguardante le operazioni affidate al COFS.

LE OPERAZIONI SPECIALI ITALIANE

Nella dottrina militare nazionale le Operazioni Speciali vengono definite come:

“Operazioni dirette a conseguire obiettivi di natura militare, politica, economica o informativa in aree ostili di difficile accessibilità, o sensibili, spesso attraverso l’uso di tecniche e mezzi non convenzionali e in modalità occulta o clandestina. Le operazioni speciali si distinguono da quelle convenzionali per il grado di rischio fisico e politico, per le tecniche impiegate e per l’indipendenza da qualsiasi tipo di supporto amico, mentre presuppongono un’accurata intelligence operativa.”

Nella categoria delle Forze Speciali rientrano tutte quelle unità militari o paramilitari specificatamente organizzate, addestrate ed equipaggiate per poter effettuare le Operazioni Speciali.[22] Queste operazioni si svolgono in contesti non permissivi anche a grande distanza dalle unità amiche. Materialmente un’unità dalla limitata consistenza organica si infiltra in un’area obiettivo consegue nella stessa risultati di rilevanza strategica e rientra alla propria base attraverso un complesso di movimenti e di trasferimenti intermodali, multi-ambientali sovente non palesi e discreti. Data la loro particolarità, queste operazioni presuppongono sempre la disponibilità di unità di volo dedicate, sia ad ala fissa che rotante, così come di specifiche risorse per il comando e controllo e per le comunicazioni. Inoltre le Forze Speciali possono avvalersi del supporto di altre forze, selezionate tra quelle più affini in termini di addestramento, mentalità e tipologia d’azione come ad esempio le unità paracadutiste (rangers, esploratori o acquisitori obiettivi) o anfibie.[23]

Ecco quindi che le Operazioni Speciali italiane non si discostano dalla definizione NATO, e nel corso degli anni hanno continuamente esercitato l’intero spettro di operazioni previste in seno all’Alleanza Atlantica e rientranti nelle macro aree:

  • Ricognizioni Speciali;
  • Azioni Dirette;
  • Assistenza Militare.

Da notare inoltre come in tempi recenti un particolare reparto si sia aggiunto a questa famiglia di unità: trattasi del 28° Reggimento Pavia dell’Esercito Italiano, il quale risulta dipendere dal Comando Forze Speciali dell’Esercito (COMFOSE), Comando istituito nel settembre 2013 e diventato pienamente operativo nel febbraio 2014.[24] L’unità in questione è l’unica delle Forze Armate deputata alle comunicazioni operative: un complesso di azioni finalizzate a creare, consolidare o incrementare il consenso della popolazione locale nei confronti dei contingenti militari in missione. Operazioni che nella terminologia militare americana erano chiamate Psychological Operations e che a partire dal 2010 sono conosciute come MISO.[25] L’Italia riconosce quindi in maniera esplicita l’utilità di questo tipo di operazioni specie se inserite negli attuali scenari dove il fattore umano, lo Human Domain, avrà sempre maggiore importanza.

CONCLUSIONI

Le Operazioni Speciali e il complesso di unità deputate alla loro conduzione e al loro supporto si sono dimostrate una componente di enorme valenza strategica e di grande pregio all’interno di tutti i principali strumenti militari mondiali. Naturalmente non fa eccezione il nostro Paese, il quale le ha impiegate proficuamente nel corso degli anni riscontrando anche stima ed apprezzamento da parte dei principali Paesi amici ed alleati vista l’estrema professionalità degli operatori di questi reparti. Un utilizzo di queste unità che, visti gli scenari futuri, non tenderà a diminuire ma bensì ad aumentare portando con se nuove sfide legate ad esempio “all’usura” di uomini e mezzi e al loro ricambio generazionale dato il progressivo trend di riduzione quantitativa del personale appartenente alle Forze Armate. Bacino in cui questi reparti traggono con non poche difficoltà la propria linfa vitale in termini di volontari. E’ infatti la limitata consistenza numerica, derivante dall’estrema severità nei criteri di selezione e d’addestramento, dovuta alla particolarità dei profili psicofisico attitudinali, uno dei tratti distintivi di questi uomini e donne. Queste forze, è bene ricordarlo, non sono riproducibili in massa e gli operatori impiegano decine di mesi prima di raggiungere la prontezza al combattimento.

Inoltre, è ora importante soffermarsi e riflettere su una questione fondamentale e forse fin troppo sottovalutata: spesso vengono fatte passare per Operazioni Speciali azioni che in realtà non lo sono, così come specularmente, alcuni di questi reparti vengono impiegati in azioni fuori dal loro campo d’applicazione. Un errore che deve essere assolutamente evitato: il serio rischio è quello di vanificare le peculiarità di queste unità, giungendo ad un utilizzo inefficace di questo vero e proprio strumento del potere militare di una Nazione.

Per quanto concerne le operazioni indirette invece, il nostro Paese prevede che queste vengano eseguite direttamente dalle Forze Speciali: una postura perfettamente in linea con la dottrina NATO.

Addentrandosi più nel tecnico però ed assumendo una postura propositiva:

  • vista la necessità di una maggiore ottimizzazione delle risorse economiche nel campo della Difesa;
  • vista la ferma intenzione da parte nazionale di continuare nell’integrazione degli Strumenti Militari in ambito NATO/UE;
  • visto l’auspicio di esercitare una funzione di deterrenza e di prevenzione dei conflitti in seno alle alleanze costituite così come di essere in grado di fornire una risposta multidimensionale alle crisi future;

Qualora venisse ritenuto operativamente rilevante uno sviluppo ulteriore sia in termini qualitativi che quantitativi di queste capacità indirette, rientranti appieno nel concetto di Special Warfare, , il nostro Paese potrebbe spingere verso una maggiore integrazione di tipo interforze a livello intergovernativo NATO/UE. Un’integrazione in grado di portare alla creazione di reparti ad hoc, ottenendo così un output operativo ancora più elevato e perfettamente inserito nel concetto di Global SOF Network, così come  aderente al massimo con

[1] Ronny Modigs, Special Forces Capabilities of the European Union Military Forces, Fort Leavenworth, School of Advanced Military Studies United States Army Command and General Staff College, 26/05/2004.

[2] Esercito Italiano, http://www.esercito.difesa.it/organizzazione/aree-di-vertice/stato-maggiore-esercito/Comando-delle-Forze-Speciali-dell-Esercito/9-Reggimento-dAssalto-Paracadutisti-Col-Moschin/Pagine/La-Storia.aspx, Marina Militare Italiana, http://www.marina.difesa.it/uominimezzi/corpispeciali/subinc/ilgoi/storia/Pagine/default.aspx e Jean-Pierre Husson, Il 17°Stormo incursori, Chiavari, Rivista Italiana Difesa, Maggio 2010, pag.24-30.

[3] Ronny Modigs, Special Forces Capabilities of the European Union Military Forces, Fort Leavenworth, School of Advanced Military Studies United States Army Command and General Staff College, 26/05/2004.

[4] Gli esempi storici sono numerosi: basti pensare all’azione della X Flottiglia MAS del dicembre 1941 nei confronti delle unità inglesi ad Alessandria d’Egitto, all’Operazione Jonathan, ovvero Raid di Entebbe condotto dalle IDF il 4 luglio 1976 o ancora all’operazione Neptune Spear del 2 maggio 2011 condotta da DEVGRU e CIA.

[5] Ronny Modigs, Special Forces Capabilities of the European Union Military Forces, Fort Leavenworth, School of Advanced Military Studies United States Army Command and General Staff College, 26/05/2004.

[6] Ibidem e William H. McRaven, The Theory of Special Operation, Monterey, Naval Postgraduate School, 1993.

[7] Ivi.

[8] United States Joint Chiefs of Staff, Joint Publication 3-05 Special Operations, Washington, Joint Chiefs of Staff, 16/07/2014.

[9] NATO, Allied Joint Publication (AJP) 3.5, Dicembre 2013 citato in Lars H. Ehrensvärd Jensen, Special Operations – myths and facts, Copenhagen, Royal Danish Defence College, Aprile 2014.

[10] U.S. House of Representatives, Posture Statement of Admiral William H. McRaven, USN Commander, United states Special Operations Command, Before the 113th Congress House Armed Services Committee, Washington, 06/03/2013.

[11] Raymond T.Odierno, James F.Amos, William H. McRaven, Strategic landpower: Winning the Clash of Wills, Washington, U.S. Army TRADOC.

[12] U.S. House of Representatives, Posture Statement of Admiral William H. McRaven, USN Commander, United states Special Operations Command, Before the 113th Congress House Armed Services Committee, Washington, 06/03/2013.

[13] Raymond T.Odierno, James F.Amos, William H. McRaven, Strategic landpower: Winning the Clash of Wills, Washington, U.S. Army TRADOC.

[14] Joseph D.Celeski, SOF, the Human Domain and the Conduct of Campaigns, Fort Bragg, Special Warfare, Luglio-Settembre 2014.

[15] Jim Thomas Christopher Dougherty, Beyond the Ramparts: The Future of U.S. Special Operations Forces, Washington, Center for Strategic and Budgetarian Assessments, 10/05/2013, pag.13,19,43.

[16] U.S. House of Representatives, Posture Statement of Admiral William H. McRaven, USN Commander, United states Special Operations Command, Before the 113Congress House Armed Services Committee, Washington, 06/03/2013.

[17] Jim Thomas Christopher Dougherty, Beyond the Ramparts: The Future of U.S. Special Operations Forces, Washington, Center for Strategic and Budgetarian Assessments, 10/05/2013, pag. 91.

[18] United States Army Special Operations Command,  ARSOF 2022 CHANGING THE INSTITUTION, Fort Bragg, Special Warfare, Luglio-Settembre 2014.

[19] Department of the Army, ADP 3-05 Special Operations , Washington, August 2012, pag 9. http://armypubs.army.mil/doctrine/DR_pubs/dr_a/pdf/adp3_05.pdf

[20] Ministero della Difesa, Convegno Nazionale sulla Sicurezza Internazionale e la Difesa Relazioni dei partecipanti, Roma, 2014, pag 40. www.difesa.it/News/Documents/Convegno%20Nazionale%20Sic.%20e%20Difesa%20-%20Relazioni.pdf

[21] Ministero della Difesa, Linee Guida del Libro Bianco per la Sicurezza Internazionale e la Difesa, Roma, 20/06/2014, pag 7,8. www.difesa.it/News/Documents/Linee%20Guida.pdf,.

[22] Stato Maggiore della Difesa, Investire in sicurezza Forze Armate: uno strumento in evoluzione, Piedimonte Matese, Imagina Media S.r.l., Ottobre  2005.

[23] Ministero della Difesa Italiano, www.difesa.it/SMD_/COFS/Pagine/Cosa.aspx

[24] Esercito Italiano, www.esercito.difesa.it/organizzazione/aree-di-vertice/stato-maggiore-esercito/Comando-delle-Forze-Speciali-dell-Esercito

[25] AnalisiDifesa, Il 28° reggimento Psy Ops tra le forze per operazioni speciali, 01/07/2014 www.analisidifesa.it/2014/07/il-28-reggimento-psy-ops-tra-le-forze-per-operazioni-speciali/

[1] Ministero della Difesa Italiano, www.difesa.it/SMD_/COFS/Pagine/Cosa.aspx e Esercito Italiano, www.esercito.difesa.it/organizzazione/aree-di-vertice/stato-maggiore-esercito/Comando-delle-Forze-Speciali-dell-Esercito .