GIURIOLO ANTONIO
Capitano cpl. fanteria (alpini) – Partigiano combattente
Frequentato a Vicenza il Liceo «Pigafetta» conseguì la laurea in lettere nel 1935 presso l’Università di Padova. Giovane di vasta cultura, si dette all’insegnamento e alla letteratura collaborando in varie riviste e pubblicando saggi di critica letteraria. Frattanto era stato ammesso al corso allievi ufficiali a Salerno nel novembre 1933 ed aveva ottenuto la nomina a sottotenente nel 4° reggimento fanteria nel maggio 1934. Fu richiamato nel maggio 1943 col grado di capitano presso il 7° reggimento alpini a Belluno. Un mese dopo passò al battaglione «Val Cismon» mobilitato del 9° alpini e la dichiarazione dell’armistizio lo trovò al deposito del reggimento dove essere appena rientrato. Dall’ottobre 1943 fece parte delle Brigate partigiane «Giustizia e Libertà», nelle montagne della zona di Asiago. Si trasferì poi sull’Appennino tosco-emiliano dove combatté con la Brigata «Matteotti» dal 10 luglio 1944 assumendo la qualifica gerarchica di capitano.
Tra i primi ad impugnare le armi contro i nazifascisti con i pochi partigiani della montagna e, successivamente, organizzando vari reparti combattenti, partecipava ad epiche azioni di guerriglia e sabotaggio, distinguendosi per indomito valore e competenza. Nominato comandante di distaccamento e poi di brigata partigiana, guidava il reparto in valorosi combattimenti infliggendo al nemico gravissime perdite e catturando prigionieri e ingente bottino di guerra. Alla testa dei suoi uomini contribuiva validamente alla liberazione di largo territorio dell’alta Toscana, rifulgendo per tanto eroismo e capacità di comando, che gli alleati vollero il suo reparto affiancato alle loro forze di avanguardia, con le quali conquistava arditamente il caposaldo di Monte Belvedere. Durante il combattimento per l’occupazione della piazzaforte di Corona, teneva da solo testa ad un contrattacco nemico nel nobile intento di proteggere il trasporto di feriti. Colpito a morte chiudeva nel bacio della gloria la sua ammirevole vita. Esempio luminoso di eccezionale ardimento e di generoso altruismo — Corona (Lizzano in Belvedere), 12 dicembre 1944.
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FERRARO Pietro
Sottotenente complemento autieri
Figlio di ufficiale superiore dell’Esercito, mutilato e decorato al V.M. (Valore Militare) della prima guerra mondiale. Conseguita la laurea in giurisprudenza, fu ammesso nel novembre 1935 ad un corso accelerato per ufficiali di complemento presso la Scuola di Fano e nell’aprile 1936 ottenne la nomina a sottotenente di fanteria assegnato all’8° Centro automobilistico in Roma, ove prestò servizio dal 1° al 30 giugno dello stesso anno. Nel dicembre 1939 fu poi trasferito nel Corpo automobilistico militare. Alla dichiarazione di guerra fu esonerato dal richiamo come mobilitato civile perché consigliere delegato della Società italiana per il magnesio e leghe di magnesio a Bolzano e amministratore di altre società. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, abbandonò le importanti cariche e, passate le linee, si mise a disposizione delle autorità militari delle Nazioni Unite. Per i compiti informativi affidatigli fu aviolanciato nel Veneto dove organizzò la formazione partigiana Hollis Margot che operò in tutto il Veneto fino al termine della guerra. E’ presidente ed amministratore di diverse società industriali fra le quali il Cotonificio di S. Giusto le Cartiere del Timavo a Trieste, e le Cartiere di Arbatax in Sardegna. E’ morto a Roma nel 1974.
Tra i primi organizzatori della resistenza armata contro il tedesco invasore, attraversava le linee di combattimento per collegarsi col Comando alleato in Italia. Successivamente, aviolanciato in territorio occupato per una importante missione, si poneva animosamente al lavoro, affrontando continui rischi, trasfondendo nei collaboratori il più elevato spirito di sacrificio e mettendo in funzione una complessa organizzazione che abbracciava l’intera regione veneta. Accanitamente ricercato dal nemico, persisteva fino alla liberazione nella sua opera attiva, decisa e coraggiosa, infliggendo duri colpi al nemico nelle sue retrovie e disorganizzandone a più riprese l’efficienza. Nella fase finale, in collaborazione con formazioni di patrioti, otteneva dal Comando tedesco di Venezia che la città e il porto venissero lasciati intatti. Concludeva così, attraverso rischi di ogni sorta, l’importante missione affidatagli, portando un grande contributo alla liberazione del Veneto. – Veneto, luglio 1944 – maggio 1945.