DUCE LIVIO
Maggiore dei Carabinieri
Studente del terzo anno di ingegneria nell’Università di Genova, partecipò alla prima guerra mondiale, nel 1917 come sottotenente di complemento nel 23° raggruppamento artiglieria d’assedio e nel 1918 come tenente nel 18° raggruppamento pesante campale. Trasferito a domanda nell’Arma dei CC. (Carabinieri) col proprio grado nel 1920, prestò successivamente servizio nella legione di Genova, nella legione allievi di Torino ed infine, dal 1928, alla Scuola Centrale a Firenze come insegnante. Promosso capitano nel 1933 e destinato alla legione di Novara, fu trasferito nel 1936 al S.l.M. (Servizio Informazione Militari) presso il Ministero della Guerra. Volontario in Spagna per circa due anni riportò una ferita in combattimento. Rimpatriato con la promozione a maggiore comandò il gruppo Sassari fino al dicembre 1940, allorché fu prescelto a comandare il IX battaglione mobilitato col quale partì l’anno dopo per la Dalmazia. Nell’aprile 1942 messo a disposizione del Comando Superiore FF.AA. (Forze Armate) della Grecia, assumeva il comando dei CC. del III C.A. (Contraerei) fortemente impegnato sulle montagne dell’Attica. Caduto in una imboscata e raccolto ferito, fu fucilato il 24 setto 1943.
“Comandante di battaglione carabinieri in territorio d’occupazione, caduto in una imboscata con una piccola colonna e circondato da soverchianti forze nemiche, opponeva, benché ferito, accanita ed eroica resistenza imponendosi all’ammirazione degli stessi avversari, finché, ferito una seconda volta, soprafatti e caduti quasi tutti i componenti della colonna, veniva catturato. Sottoposto a indicibili sevizie materiali e morali, rifiutava sdegnosamente l’offerta di aver salva la vita a patto di sottoscrivere falsa dichiarazione atta a trarre in inganno altri reparti italiani. Appreso che un compagno di prigionia era stato fucilato dichiarava che, se gli fosse toccata la stessa sorte, avrebbe saputo morire da “Italiano e da Carabiniere”. Condotto al luogo del supplizio manteneva col suo contegno fede alla promessa finché cadeva fulminato dal piombo del nemico che ne aveva soppresso il corpo ma non piegato lo spirito. Ammirevole esempio di virile coraggio e di elette virtù militari.” – Montagne dell’Attica (Grecia), agosto 1943 – gennaio 1944
Altre decorazioni al Valor Militare:
Medaglia Bronzo
«Sotto il fuoco della fucileria nemica e dove più intenso era il bombardamento degli aerei, sprezzante del pericolo fu di ammirevole esempio ai combattenti per coraggio ed alto sentimento del dovere. Col suo ardire cooperò efficacemente ad impedire che due carri armati temporaneamente immobilizzati cadessero in mano al nemico.» Fronte di Guadalajara (Spagna), 8-9-12-22 marzo 1937.
Croce di guerra al Valore Militare
«Caduto gravemente ferito un suo dipendente, con l’aiuto di un militare, riusciva a trasportarlo al posto di medicazione, incurante del fuoco nemico che batteva intensamente la strada da percorrere. In successiva azione bellica, malgrado fosse fatto segno a colpi di fucile, continuava la pericolosa opera di rastrellamento di nuclei armati, in zona circondata, ma non ancora occupata dalle nostre truppe.» Santander -14-18 agosto 1937
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CAPPELLINI GIACOMO
Soldato Centro Chimico Militare – Partigiano Combattente
Ottenuto il diploma magistrale, si iscrisse a Torino nella Facoltà di Magistero. Dal 4 maggio 1929 al 27 giugno 1930 adempì agli obblighi di leva presso il 3° Centro Chimico. Richiamato il 1° ottobre 1937 ed assegnato alla 2^ compagnia chimica di C.A., partì per la Libia pochi giorni dopo e rimpatriato nell’aprile dell’anno successivo venne congedato. Nel 1939 e nel 1940 prestò servizio per brevi periodi di tempo nel deposito succursale del rgt. ferrovieri a Castelmaggiore e nonostante fosse stato collocato in congedo per riforma il 16 aprile 1943 indossò nuovamente la divisa per essere assegnato a Verona al rgt. chimico. A seguito dell’Armistizio si dette alla lotta clandestina organizzando e comandando una formazione partigiana facente parte della Divisione “Fiamme Verdi Tito Speri” nella valle di Breno.Il 21 gennaio 1945 fu ferito e quindi catturato dalla GNR durante un rastrellamento. Condotto a Brescia, dopo due mesi di prigionia il 24 marzo 1945 venne fucilato nel Castello.
«Modesto maestro elementare in un villaggio valligiano, all’inizio della lotta contro l’oppressore nazifascista, abbandonò la sua missione per organizzare una delle prime formazioni partigiane in Val Camonica, con cui per 17 mesi divise i rischi e le durezze della lotta. In una imboscata tesa dal nemico, fece scudo di se stesso ad un suo partigiano attirando su di se la reazione avversaria. Ferito al viso e ad una spalla, cessò di far fuoco solo quando la sua arma divenne inerme per inceppamento; catturato sopportò per due mesi, durissimo carcere, continui martiri e inumane sevizie, chiuso nel suo sdegnoso silenzio, senza nulla svelare che potesse danneggiare la causa per cui combatteva. Fu sordo alle lusinghe di aver salva la vita se avesse indotto i suoi uomini alla resa e ad ogni nuova tortura che il nemico rabbioso gli infliggeva, rispondeva sorridendo che i partigiani non sono dei vili. Stroncato dalle sevizie barbaramente inflittegli, esalava l’ultimo respiro gridando: “Viva l’Italia!”.» Val di Lozio, 21 gennaio 1945.