TRIESTE – LA RISIERA DI SAN SABBA

  

La Risiera di San Sabba, unico lager nazista in Italia dotato di forno crematorio, costituì a partire dalla fine del 1943 un ganglio vitale fondamentale dell’attività di repressione svolta dalle SS. Dal punto di vista formale la Risiera di San Sabba è definita come un campo di detenzione di polizia. Si trattava di un lager di tipo particolare, che funzionava come campo “misto”, era, infatti, utilizzato come centro di raccolta per la deportazione degli ebrei verso Auschwitz e altri i campi di sterminio e allo stesso tempo funzionava come campo di detenzione e di polizia per l’imprigionamento, la tortura, l’eliminazione di esponenti della Resistenza, quindi di partigiani catturati, ma anche di ostaggi civili. Per questa ultima finalità il lager venne dotato anche di un forno crematorio per l’incenerimento dei cadaveri delle vittime, ottenuto mediante la trasformazione dell’impianto precedente dell’essiccatoio dei cereali.

Nella risiera vi furono imprigionati, in attesa dei convogli verso Auschwitz o altri campi del Reich, molti degli oltre 1450 ebrei provenienti dalla regione, dal Veneto e dalla Croazia. Le retate con cui furono prelevati le donne e gli uomini destinati alla deportazione per motivi razziali ebbero inizio immediatamente dopo la costituzione del potere nazista a Trieste, il 9 ottobre 1943, il giorno di Yom Kippur, e finirono solo nel febbraio del 1945. Esse coinvolsero la gran parte di quella componente della numerosa Comunità ebraica triestina, che non era riuscita a lasciare la città o non era riuscita a occultarsi, compresi soprattutto i più deboli, i più indifesi, come, per esempio, gli anziani della Casa di riposo “Gentilomo” o i malati degli ospedali. Accanto agli ebrei triestini, transitarono per la Risiera anche, come si è detto, ebrei provenienti da altre regioni, in particolare dal Litorale, dal Friuli, dal Goriziano, dall’Istria, da Fiume. E anche alcuni ebrei prelevati in Veneto, cioè in zone che erano al di fuori dell’area di pertinenza delle attività della polizia e delle SS del Litorale adriatico.

Per i deportati non razziali, invece, per gli uomini della Resistenza, per gli ostaggi catturati nei rastrellamenti, per i prigionieri civili e militari, la Risiera fu solo in parte un lager di transito. La maggior parte delle vittime proveniva da retate compiute nell’ambito della repressione dell’attività partigiana in aree dove era molto viva la resistenza. Quindi dall’Istria, in particolare l’Istria interna settentrionale, dalla regione dei Colli Birchini, ma anche dal Friuli, dal Carso e dalla città stessa. Tra essi alcuni tra gli esponenti più in vista della resistenza italiana, slovena e croata, che scomparvero nel campo della morte ricavato all’interno del secondo ampio cortile dello stabilimento, dove era ubicato anche il fabbricato che ospitava il forno crematorio e dove furono ricavate anche 17 microcelle che funzionarono spesso da anticamere della morte, in ognuna delle quali furono rinchiusi, talvolta per un giorno o per pochi giorni, talvolta anche per settimane, anche sei prigionieri per cella.

L’edificio trasformato in forno crematorio e l’alta ciminiera che ne garantiva il funzionamento vennero distrutti mediante esplosivi nelle notte tra il 29 e il 30 aprile 1945, immediatamente prima della fuga davanti alle sopraggiungenti forze della IV armata dell’esercito di liberazione jugoslavo.