Paolo Bosotti Il Mistero della quinta medaglia al valor Militare del Reggimento “Nizza Cavalleria”

  

Il mistero della quinta Medaglia al Valor Militare
del Reggimento “Nizza Cavalleria”

Gen C.A. Paolo Bosotti

Lo Stendardo del Reggimento “Nizza Cavalleria” si fregia di quattro Medaglie di Bronzo al Valor Militare concesse tra il 1848 ed il 1916. Esse campeggiano anche nello stemma araldico riconosciuto con Decreto Ministeriale del 24 giugno 1920. Tuttavia, a partire dallo stesso anno, iniziarono a circolare cartoline che, rappresentando il nuovo stemma, raffiguravano non quattro ma cinque medaglie, tutte di bronzo. Anche la carta intestata del Reggimento presentava un emblema con le cinque medaglie. Ne fa testimonianza un invito datato 1921 a firma del Comandate pro tempore, colonnello Alberto Vista, in occasione della Festa di Corpo, all’epoca celebrata il 30 maggio, nella ricorrenza dei fatti d’arme di Goito del 1848. Di più, una bella foto scattata nel 19231 rappresenta un trombettiere del reggimento che sfoggia, attaccata al suo strumento, una drappella2, in cui campeggia lo stemma, anch’esso con cinque medaglie.
L’apparente mistero può esser risolto ricostruendo eventi occorsi subito dopo la fine del primo conflitto mondiale e che videro come “motore primo” il comandante pro tempore del Reggimento, colonnello Luigi Tosti di Valminuta3. A premessa della ricostruzione della vicenda, corre tuttavia l’obbligo di rappresentare che quanto segue, purtroppo, non è desunto da una compiuta disamina di tutti i relativi documenti d’epoca, che non sono reperibili presso l’Archivio Centrale dello Stato in quanto mai consegnati dal Ministero della Difesa (e quindi da ritenersi “persi”, perché nemmeno più custoditi negli archivi dello Stato Maggiore dell’Esercito), bensì dedotti dal contenuto di due soli pareri relativi all’intricata vicenda, conservati presso l’Ufficio Storico dello SME, e redatti dal conte di Torino, Ispettore Generale di Cavalleria, e dal generale Warmondo Barattieri di San Pietro4, comandante della 2^ Divisione di Cavalleria5.
Ciò premesso, è noto che il colonnello Tosti tenne il comando di Nizza dal 1917 al 1920. Uomo dal carattere deciso e sicuro di sé, al termine del conflitto, ritenne che la sola ricompensa concessa “per il bel contegno aggressivo e tenace dimostrato nel mantenere le posizioni della officina di Adria” (Monfalcone maggio-giugno 1916)6, dunque non sotto il suo comando, non fosse sufficiente a premiare i molti altri atti di valore compiuti da Nizza negli ultimi due anni del conflitto mondiale. Decise quindi di farsi promotore della richiesta di concessione di una ulteriore ricompensa al valore militare per le azioni compiute dal Reggimento tra il 1916 ed il 1918, ponendo probabilmente enfasi sul fatto d’arme di Bonzicco occorso il 3 novembre 19187. La domanda relativa venne inoltrata per la via gerarchica8 entro il termine perentorio di tre mesi dall’ultimo fatto d’arme proposto per la ricompensa, così come prevedeva la normativa all’epoca in vigore9. Sembrerebbe che la domanda pervenisse alla VII Brigata di Cavalleria10, Grande Unità che all’epoca dei fatti inquadrava il Reggimento, tra la fine di dicembre 1918 e l’inizio di gennaio dell’anno successivo11. Dal carteggio sopravvissuto si può dedurre che il colonnello Tosti avesse richiesto la concessione di una ulteriore medaglia (probabilmente d’argento) per “i fatti dell’appiedamento12, ….. per la disciplinata condotta del reggimento nel 1917 e per l’ardimento dimostrato sul Tagliamento nel 1918”13. Ricevuta la domanda, il generale Barattieri espresse parere favorevole alla concessione ritenendo che: “a piedi ed a cavallo, esempio costante d’ardimento, fermezza e fedeltà al dovere, il Reggimento sempre si era distinto in ogni contingenza di guerra, e che nel glorioso inseguimento del nemico, vinto, ma non ancora domo, ne aveva attaccate con audacia e slancio generoso le tenaci retroguardie al Tagliamento e col fuoco e con brillante e decisa carica lo aveva sorpreso sulla ben munita opposta riva, obbligandolo alla resa con cattura di considerevoli unità di Fanteria e d’Artiglieria ed ingenti quantità di bottino, aprendo così una delle vie all’avanzata verso gli estremi confini della Patria.14” Ben diverso, invece fu il parere del conte di Torino. L’Ispettore Generale, infatti, esaminata la pratica, espresse parere non favorevole, “ravvisando nella motivazione per lo stendardo del reggimento Nizza un vizio di forma in quanto venivano citati come titoli di merito anche i fatti dell’appiedamento già premiati con medaglia di bronzo” e conseguentemente osservando “che tali fatti non dovevano più costituire esame di ricompensa e che la disciplinata condotta del reggimento nel 1917 e l’ardimento dimostrato sul Tagliamento nel 1918 non erano base sufficiente a provocare una nuova proposta.” L’incartamento venne quindi rimandato al comando Divisione, richiedendo un ulteriore parere al comandante. Il generale Barattieri rispose all’Ispettore Generale che riteneva di “confermare la proposta suddetta per lo Stendardo del Reggimento” e conseguentemente ribadiva: “con sicura coscienza ed alla stregua della realtà vera delle azioni compiute dal brillante Reggimento, …. il favorevole parere espresso in occasione della fatta proposta.” Questa convinta riconferma di parere favorevole, evidentemente non fu sufficiente a far mutare di proposito il conte di Torino, che rinviò al Reggimento la domanda con parere negativo. Il comandate di Nizza, convinto delle sue buone ragioni, presentò reclamo avverso la determinazione dell’Ispettore Generale, allegando un apposito memoriale, che inoltrò per la via gerarchica15. Il generale Barattieri, nel redigere il parere sul reclamo, alla luce del memoriale annesso, così si espresse: “I fatti esposti nell’annesso memoriale sono a me ben noti, perché, ripeto, successi quando il Reggimento era alle mie dipendenze: non posso che confermarli, sperando che la Superiore Autorità voglia esaminarli e valutarli attentamente per trarne un giudizio sicuro sull’opera di questo vecchio Reggimento; giudizio nel quale confido, perché allo Stendardo di Nizza Cavalleria sia data quell’insegna al valore, che sarà per gli Ufficiali e gregari del Reggimento la più alta soddisfazione per il dovere nobilmente svolto.” Il conte di Torino, alla luce sia del memoriale annesso al reclamo, sia del parere del Comandante della 2^ Divisione di Cavalleria, sostanzialmente non mutò il proprio parere, ma lo riformulò con una significativa apertura. Egli così si espresse: “Chiamato ora ad esprimermi sull’accluso reclamo del Colonnello Tosti sono ben lieto di ritornare sull’argomento ed di constatare l’opportunità di una diligente valutazione di questi fatti che considerati nel quadro generale dei sacrifici e delle virtù militari dimostrate dal reggimento Nizza mi sembrano tali da giustificare una commutazione della medaglia di bronzo, già ottenuta, in una medaglia d’argento che nella sua motivazione rispecchi anche le azioni svolte nel 1917 e 1918. In tale senso esprimo il mio parere favorevole.” Il 9 luglio del 1920 l’intero incartamento venne spedito al Ministero della Guerra, Segretariato Generale, che lo assunse a protocollo il 14 dello stesso mese.
Sfortunatamente non è nota la reazione dell’Ufficio Ricompense alla ricezione dell’incartamento ed all’esame dei diversi e discordanti pareri. Certo è che la vicenda non ebbe seguito ed al Reggimento non fu attribuita né una ulteriore ricompensa al valore (richiesta dal Comandante del Reggimento e con favorevole parere del Comandante della Divisione), né venne commutata al rango superiore una ricompensa già concessa (come proposto dell’Ispettore Generale). Potrebbe esser ragionevole supporre che il Ministero ritenne di conformarsi al parere dell’Ispettore Generale per la parte riguardante la concessione di una nuova medaglia, ma di non dare seguito alla proposta del conte di Torino di una commutazione di ricompensa già concessa per non dare la stura ad iniziative analoghe, forse anche numerose, da parte di altri pur meritori reparti, alla luce del precedente di Nizza.
Come si è avuto modo di accennare in precedenza, il colonnello Tosti era uomo molto sicuro di sé. Tanto sicuro da non dubitare minimamente che la sua proposta sarebbe andata a buon fine. Quindi non solo fece stampare cartoline, carta intestata e confezionare drappelle con la quinta medaglia, come accennato, ma fece anche realizzare una lapide per ricordare i caduti di Nizza durante le ultime guerre, lapide sormontata dallo stemma da poco concesso (ma già con le cinque medaglie) ed un servizio di piatti decorato con un grande stemma reggimentale al centro della parte piana. Lo scrivente, giovane subalterno appena giunto al gruppo squadroni corazzato, ebbe modo di vedere al Circolo uno dei suddetti piatti con cinque medaglie e poté osservare all’ingresso principale della caserma Litta Modignani in Pinerolo la sopra ricordata lapide16, al centro del cui lato superiore campeggiava un bello stemma in bronzo colorato. Lo stemma recava quattro medaglie, ma tra la seconda e la terza vi era uno spazio vuoto, in cui doveva essersi trovata originariamente la fantomatica quinta, tolta (verosimilmente) solo dopo il secondo conflitto mondiale.
Tuttora presso il Circolo del Reggimento, sono custodite quindici trombe con drappella. Queste ultime sono un dono di altrettante “madrine” e furono consegnate dalle dame donatrici con bella cerimonia tenutasi a Pinerolo verso la metà degli anni settanta dello scorso secolo. Ciascuna drappella, realizzata in panno color “magenta”17, sul fronte porta lo stemma modello 1920 in ricco ricamo in fili d’oro, d’argento e colorati. Sul retro la granata a fiamma diritta (detta dragona) in ricamo a filo d’oro con il numero uno18, sotto la granata è ricamato il nome della gentildonna donante. Quattordici di esse riportano lo stemma così come riconosciuto, cioè con 4 medaglie di bronzo al valore militare. Una sola, quella donata dalla contessa Enrichetta Maffei Brignone, ne rappresenta cinque. Un errore della ricamatrice? Un tardivo e nostalgico omaggio di una romantica Signora al colonnello Tosti? Non è dato purtroppo a sapersi.
Qui si conclude una vicenda curiosa, ma interessante, testimonianza di un’epoca di schiettezza e di tolleranza al dibattito franco e leale, in cui le proprie convinzioni venivano espresse anche con vivacità, ma anche di interiorizzato ossequio alla decisione una volta presa e definitiva.