Nell’80° Anniversario della Liberazione l’Istituto del Nastro Azzurro rende un doveroso omaggio alle donne che hanno meritato la massima decorazione al Valor Militare.
MARIGHETTO ANCILLA
Di modesta famiglia di contadini e di casari, alla dichiarazione dell’armistizio, seguendo l’esempio del fratello maggiore, raggiunse sulle montagne del Trentino una formazione partigiana del Gruppo Brigate < Gramsci > e precisamente il btg. < G. Gherlenda > della Brigata < E. Dc Bortoli >. Fu fucilata in località Coazze, appena diciottenne.
«Generosa figlia del Trentino abbandonò la propria casa e la famiglia per rispondere all’appello della Patria a cui già il padre aveva sacrificata la vita. Unitamente al fratello maggiore divise i gravi rischi e i grandi sacrifici della lotta partigiana nella stagione più rigida e in zona impervia e pericolosa. Durante un rastrellamento, con uno sci spezzato da raffiche nemiche, si rifugiò sopra un albero. Individuata, scaricò la pistola sul nemico fino ad esaurimento delle munizioni. Catturata e sottoposta a sevizie e torture non si piegò. Offertale salva la vita purché denunciasse i propri compagni, rifiutava sdegnosamente sputando in faccia ai carnefici e gridando: «Ammazzatemi, ma non tradirò mai i miei fratelli » Il piombo nemico stroncò la sua eroica esistenza.» Col del Tocco – Passo Broccone – Comune di Castel Tesino (Trento), 19 febbraio 1945.
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MENGUZZATO CLORINDA
Appartenente a modesta famiglia di contadini, esercitava il mestiere di venditrice ambulante. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, fu testimone un giorno, nella stazione di Trento, della triste scena presentata da un convoglio ferroviario carico di soldati italiani diretti ai campi di concentramento in Germania. Impressionata dalle umiliazioni inflitte ai nostri soldati, non esitò a scegliere quella strada che doveva poi costarle la vita a soli 19 anni. Raggiunte in montagna le prime formazioni partigiane, cui si aggregò in seguito anche il fratello, fu coraggiosa staffetta nel btg. “Gherlenda” della Divisione “Gramsci”, nota come la “Garibaldina Veglia”.
«Valorosa donna trentina, fu audace staffetta, preziosa informatrice, eroica combattente, infermiera amorosa. Catturata dai tedeschi oppressori, sottoposta ad atroci sevizie, violentata dalla soldataglia, lacerate le carni da cani inferociti, con sublime fierezza opponeva il silenzio alle torture più strazianti, e nell’ultimo anelito gridava agli aguzzini: « Quando non potrò più sopportare le vostre torture mi mozzerò la lingua con i denti per non parlare ». La brutalità teutone poté violarne il corpo, ma non piegarne l’anima ardente e l’invitto coraggio. La leonessa dei partigiani rimane fulgido esempio delle più nobili tradizioni di eroismo e di fede delle donne italiane.»
— Castel Tesino, 10 ottobre 1944.