
Che cosa andammo a conquistare. La Geografia dell’Africa Italiana
Da una pubblicazione coeva. “L’IMpero” ed. 1936
Massimo Coltrinari
“1. Il nome di Etiopia è convenzionale, intendendosi nell’antichità classica, con tale espressione geografica, il complesso dei paesi poco noti a sud dell’Egitto ed in senso lato tutta l’Africa centro-orientale, al di là della Nubia e della Libia. Il paese oggi occupato dall’Italia è compreso fra il 13º e 15º grado di latitudine Nord e il 33° e il 47° grado di longitudine Est (Greenwich) con un’estensione approssimativa di kmq. 1.740.000.
Può considerarsi essenzialmente come un vasto altopiano, fortemente accidentato, che va degradando verso sud-ovest, verso le basse pianure sudanesi. Malgrado le diversità climatiche, pedologiche e floro-faunistiche delle singole zone costituenti il vaste territorio, L’Impero etiopico etiopico è una regione fisica dell’Africa, che si differenzia nel suo complesso dalle contermini, e della quale si possono riconoscere con una certa appros-simazione i confini. I quali sono: a nord e a nord nord-est il Sudan Anglo-Egiziano e il Mar Rosso (conside-rando la vecchia Colonia Eritrea come parte integrale dell’Impero), ad est la Somalia Francese e Britannica e l’Oceano Indiano (quando si consideri la Somalia Italiana appartenente come unità politica e amministrativa all’Impero, sebbene geograficamente non possa dirsi tale). A sud i territori inglesi del Chenia e l’Uganda; ad ovest ancora il Sudan Anglo-Egiziano. Questo Ultimo il confine fu stabilito dal Trattato del 15 maggio 1902; il confine con la Somalia Britannica dalla convenzione anglo-etiopica del 16 maggio 1897 e 4 giugno 1897, quel-lo con la Costa Francese dei Somali dall’accordo franco-etiopico di Addis Abeba del 20 marzo 1897; quello con il Chenia e l’Uganda dal Trattato del 6 dicembre 1907.
Il. Rilevo
Il rilievo del paese è costituito da due serie di altopiani o gruppi montani dall’aspetto tabulare, incisi da pro-fondi burroni: il primo della lunghezza di circa km. 1500, ha andamento verticale. Comincia nella Colonia Eritrea, dalla valle del Mareli al Tigrai comprende parte dell’Amhara e del Goggiam e prosegue fino allo Scioa fra il corso medio del Nilo Azzurro (Abai) da una parte e la profonda depressione dell’Anasc dall’altra. Pre-senta molte elevazioni, fra cui l’Amba Alagi (m. 3411) l’Abuya Miedà (m. 4.000). Ad ovest di tale spina vertica-le si distaccano catene secondarie, che tuttavia presentano montagne altissime. Per esempio, la lunga catena Borogtà, fra il Rodolfo ed il Lago Regina Margherita col monte Gughe (m. 4.200). Questi monti, dall’aspetto come s’è detto tabulare, con qualche cima, che da lontano appare rotondeggiante, sono quelli che nell’antichi-tà erano chiamati dagli arabi Gebel el Kamri o Monti della Luna anche perché la presenza di vasti giacimenti di caolino li faceva risplendere di riflessi bianco-argentei.
Al di sopra, sempre appartenenti all’accennato sistema i monti del Gimma, del Caffa e dell’Upllega, dell’Uol-lega, fra i quali il Monte Ciocci alto m. 3010.
Ma le maggiori sommità dell’Etiopia si trovano nel Semien e nel Goggiam. Ricordiamo qualcuna fra le cime più note, oggi, agli Italiani: le ambe isolate di Debra Tabor, Debra Sinà, Debra Uere, ecc, il monte Bolahit (m. 4.520), l’Alai (m. 4.480), il Ras Dascian (m. 4.620) nel Semien: il monte Biala (m. 3.806), l’Abuna Josef (m. 4.196) nel Lasta; il monte Collo (m. 4.300) nell’Amhara.
Mentre precipita bruscamente verso il deserto dancalo l’altopiano va, invece, lentamente degradando e per-dendo quota dalla parte del Sudan Anglo-Egiziano. È il rilievo orografico orientale, che permette, per la mag-giore uniformità del terreno, una più facile viabilità, una migliore agricoltura, l’affermazione sedentaria delle popolazioni. e le ambe sono formate da arenarie biancastre e da basalti brunastri. Il sistema orografico somalo a sua volta, decorre orizzontalmente fra il Lago Rodolfo e la valle dell’Auase ed è separato dall’acrocoro abis-sino, propriamente detto, da una grande spaccatura, formata dalla successione dei laghi Stefania, Ciamò, Margherita, Auasa, Scialà, Horà, Langanò, Zuai e dal vallone superiore del fiume Auasc. Ad est del Lago Margherita, s’incontrano i monti Giam Giam, che raggiungono i m. 3.600, poi le zone montuose dei Galla Arussi, coi monti Galamo (m. 4.217), il monte Badda, l’Encuolo: infine l’altopiano di Harar con il Garamulata. Questo va rapidamente degradando, procedendo verso Gildessa in soli km. 30, con una variazione di quota di oltre m. 1.500.
Caratteristica del sistema orografico somalo è il suo lento e regolare abbassarsi verso la costa dell’Oceano In-diano. Esso è, poi, meno aspro ed anche meno elevato di quello abissino, sebbene in qualche punto vi siano montagne di considerevole altezza. Soltanto nei tratti per il Canale Doria e le sorgenti dell’Uebi Scebeli ricorda un poco l’altopiano abissino per l’uniformità della superficie orizzontale e per il paesaggio vegetale.
3. GEOLOGIA DELL’ETIΟΡΙΑ.
L’ossatura principale dei due altopiani di cui s’è detto è di origine antichissima ed appare costituita da rocce primitive cristalline, con affioramento di graniti, gneiss, scisti argillosi, quarzitici, ecc., emerse da millenni e perciò tormentate da corrosioni eoliche e di acque superficiali, che le hanno in parte degradate e qualche volta coperte con rocce secondarie, in banchi profondi parecchie decine di metri, e provviste spesso di limonite ros-sastra, nota agrologicamente con il nome di laterite. L’azione di ialinizzazione, esercitata nei secoli sui graniti e sul feldspato ortose, ha provocato la formazione in posto di vasti strati di caolino residuale, quasi puro, che si distingue per contrasto dalle rocce circostanti per il suo candore argenteo.
Modificazioni sostanziali nella fasce geologica del paese debbono essere avvenute nell’era mesozoica. Si può supporre, per esempio, che nel Mesozoico inferiore (trias) si sia verificata una lenta ma generale sommersione delle zone che circondano tutto l’acrocoro abissino e che le attuali pianure dannale e somale, in questa era geologica, fossero sommerse dalle acque. Ciò dimostrano i fossili calcari marini che si sono rinvenuti sia nelle zone di Lugh-Ferrandi, a Berbera sul Giuba, nel medio Scebeli, sia sulla scarpata digradante da Macallè verso la fossa dancala. Questi calcari, detti di Antalò, dal nome di un paese prossimo a Macallè, sono in strati quasi orizzontali e molto profondi e si sovrappongono alle arenarie di Adigrat. Una formazione ad arenaria si ha anche nella Somalia italiana, fra la sinistra dell’Uebi Scebeli e la destra del Giuba.
I sedimenti arenacei, che hanno ricoperto l’antico zoccolo cristallino, sono stati alla loro volta sommersi in qualche zona da lave, interrotte soltanto dalle profonde gole dei fiumi, che le hanno scavate nei secoli, rive-lando nella loro scissura le rocce sottostanti. Così sono da reputarsi regioni vulcaniche mesozoiche: il Gog-giam, le zone a nord, ovest, est del Lago Tana, buona parte del bacino idrografico dell’Omo, la regione com-presa a sud-est della grande frattura del Lago Margherita al Lago Zuai. Lave recenti si riscontrano nella gran-de e profonda depressione, che dal Lago Rodolfo va fino alla Somalia Francese e in molte parti della stessa Dancalia meridionale, in cui ancor oggi si osservano dei vulcani.
La parte maggiore dell’altopiano eritreo è di origine arcaica con rocce cristalline; il bassopiano somalo si ri-porta al cenezoico inferiore (Eocene), salvo le dune consolidate costiere e le dune mobili sulla spiaggia, mentre l’altopiano somalo partecipa nella sua zona bassa dell’Ogaden orientale al ciottolame desertico e nella sua zona orientale al mesozoico medio (Giura) con isole di Trias intorno all’Uebi Scebeli, all’Uebi Gestro ed al Ca-nale Doria.
Produzione Minerarie
Sulle produzioni minerarie dell’Etiopia molto si è scritto, ma poco si sa con precisione, nulla esistendo all’infuori dei risultati di sporadici tentativi. Una cospicua massa di sale si ricava com’è noto dalle saline di Massaua, essendo le prime capaci una produzione annua di cento mila tonnellate e le seconde vantando una attrezzatura sufficiente a un raccolto di quasi duecento mila tonnellate. Nè devono essere dimenticate le saline di Hafun in Somalia attrezzate, anch’esse, con criteri modernissimi, e capaci al bisogno, di produrre trecento mila tonnellate di sale, per la esportazione in India, in Arabia, ecc.
Centro principale per la produzione del salgemma è il cosiddetto Pian del Sale e le zone della depressione dan-cala; da queste regioni il minerale si esporta nell’interno dell’Etiopia in parallelepipedi, che si usano come moneta convenzionale, (amulié). In quei territori l’ing. Pastori ebbe pure a riscontrare importanti giacimenti di cloruro potassico di cui venne fatta utilizzazione anche nel corso della grande guerra. Sopraggiunta, poi, la crisi economica mondiale con relativa caduta dei prezzi, l’impresa venne abbandonata per il costo di estra-zione troppo elevato a confronto a quello corrente sui mercati.
L’esistenza dell’oro nella regione Etiopica è un fatto oramai largamente accertato: filoni di quarzo aurifero esistono nel bacino del fiume Anseba (Ain Sebaa) a Medrizien, a nord di Cheren, a mezzodì di Asmara ad Addi Heza nel Gheraltà (in un affluente del Tacazzè: l’Ueri).
Altro filone aurifero si è trovato nella valle del Ghibiè, affluente dell’Omo. Ma la regione aurifera più promet-tente è per molte considerazioni fatte l’Uollega fra i fiumi Didessa e labus, dove l’erosione del terreno a messo a nudo il basamento cristallino eliminando le formazioni posteriori e fra gli gneiss e i micascisti si son trovati numerosi filoni di quarzo aurifero, mandorle quarzitiche, discretamente provviste di oro.
La zona, invero, fu già sfruttata fin dal 1901, da una Missione del’Abyssinian Exploration Company e dalla So-cietà belga Mines d’or du Wollega. ,Ben presto, però, si dovettero sospendere i lavori per l’ostilità del Governo del Negus, che pur aveva accordato tutti i permessi. Nel periodo post-bellico i Tedeschi del Sindacato Schmidt e Hertel ripetettero, al pari degli Americani, il tentativo, arrivandosi in quelle miniere annualmente un quanti-tativo di minerale del valore di 700 mila dollari. Gli Inglesi alla lor volta, si installarono a Balata Deressa e a Kontigujabru prima con la Kenya Consolidated Goldfields, poi con la Abyssinian Corporation. Ma non ebbero for-tuna, specie per la difficoltà dei mezzi di trasporto e per l’ostilità dei capi abissini.
Chi invece poté affermarsi con apprezzabile successo fu l’italiano Albereto Prasso, quando riuscì ad ottenere una concessione ad Ilu Babor per ricerche aurifere e a Jubdo per il platino. Da ricordare con rispetto che il fi-glio del Prasso cadde eroicamente a Lechemti il 27 giugno 1936 (XVI)
E’ noto che a Jubdo è stato trovato dal Prasso il platino, che è diffuso in tutta la regione Saio, mescolato alle sabbie del Biaburaio. Altro pioniere italiano fu Attilio Zappa, direttore della concessione anglo-etiopica Birbir Mines Limited, proprietà del fitaurari Deresa. Anche a Gambela si è trovato dell’oro. Del resto già funziona, in Etiopia uno speciale servizio geofisico-geologico-minerario, che compie una sistematica ricerca nel sottosuolo dell’Impero. Fiori di galena esistono nella zona somala di Ahl-Medò; tracce di rame nel territorio dei Guragliò, nei monti Cercer; giacimenti di ferro rinvenuti ad Ancober e Entoto, a Debra Tabor, nel territorio dei Galla Arussi, nel Barca, есс.
Tracce di idrocarburi liquidi e gassosi si rinvengono, infine, nella Dancalia nell’arcipelago delle Dahalach, nei laghetti bituminosi presso Jano Harar. Si segnasegnalano giacimenti carboniferi a Debra Libanos, nella valle nella valle dell’Algareb, a Celga a occidente di Gondar, nella regione Sallalè, a Ficcè a Debra Brehan; marmi e pietre ornamentali si trovano nella Somalia settentrionale.
Condizioni Climatiche.
In Etiopia si riscontrano differenti condizioni climatiche in relazione ai diversi paesi, che occorre considerare. Giocano, nei riguardi climatici, tre fattori predominanti: l’altitudine, il regime dei monsoni, e le condizioni bariche africane, in rapporto alla posizione del sole rispetto all’equatore durante l’anno. Se si eccettua la zona desertica della Dancalia, che è torrida, il clima dell’Etiopia può dirsi senz’altro buono nei bassopiani, ottimo sugli altopiani, nonostante la notevole escursione diurna. Nella bassa Somalia, sebbene fra le diverse stagioni non vi siano termini netti, gli indigeni distinguono quattro periodi:
1° Gilal, che va da metà dicembre fino a metà marzo. È una stagione secca, con venti caldi di nord-est. I fiumi sono in magra, la temperatura è elevata, la vegetazione subisce un periodo di stasi.
2° Gilal, che va dalla metà di marzo fino al 30 maggio. Si ha qualche piovasco, i fiumi sono in piena, la vege-tazione si risveglia, aumenta il pericolo della malaria e delle tripanosi, onde i pastori con le mandrie disertano i fiumi.
3° Hagai, che va dai primi di giugno alla fine di settembre. È il periodo più fresco dell’annata, sebbene questa sia la stagione asciutta del monsone estivo (sud-ovest). I fiumi sono in mezza magra.
4° Der, che rappresenta il periodo più piovoso dell’annata e va da ottobre al 15 dicembre.
La Somalia è invero una regione a clima tropicale, adatta a colture proprie dei paesi caldi; non si confà, per-tanto, ad una larga colonizzazione bianca: l’Europeo, in questa colonia, deve limitarsi a dirigere e ad assistere gli indigeni, cercando di valorizzarne le possibilità.
Clima delle pendici orientali dell’ Etiopia. È, in definitiva, una zona climatica a sè, a carattere torrido o temperato con umidità relativa abbastanza elevata; a Ghinda (m. 962), che beneficia delle piogge invernali del Mar Rosso e di quelle estive dell’altopiano, si può registrare 80 di umidità nel periodo piovoso 21 nel periodo asciutto. Cosi come accade nella fascia costiera, le precipitazioni coincidono con la stagione fresca, salvo che nel mese di agosto, che subisce l’influsso delle piogge del finitimo altopiano. Si hanno, quindi, su tutte le pendici orien-tali due periodi di piogge: uno invernale a pioggerelle e nebbioni, che va da novembre ad aprile ed uno estivo a tipo temporalesco nel mese di agosto. La zona considerata comprende le pendici dell’altopiano orientale dell’Etiopia da m. 600 a m. 1800 ed arriva a km. 80 dalla costa. È una regione saluberrima, a clima sopportabi-le anche per i Bianchi; non adatta però ad una colonizzazione di Europei, almeno in grandi masse di lavora-tori, specialmente per la relativa scarsezza dell’acqua. Le colture possibili in essa sono quelle tropicali, purchè non manchi il sussidio dell’irrigazione, o le colture tipiche delle zone aride (taff o tief, bultuc, dagussà, durra, ecc.).
Clima della fascia costiera del Mar Rosso e della Dancalia. – Si tratta, qui, di una regione torrida per eccellenza, a piogge invernali. Si hanno a Massaua temperature massime di 44°, con una umidità relativa alta, che rag-giunge i 75° gradi nei mesi invernali piovosi e 51° nel periodo secco: in media 65°. La temperatura media di Massaua è di 30,3; quella di Assab: 29,9, di Nocra: 30,3. Escursione giornaliera: 6,9. Questa regione non è adat-ta alla vita degli Europei; specie la torrida Dancalia per sua natura desertica e, salvo le zone marginali alla bassura che per molti metri è sotto il livello del mare, completamente spopolata. Nella fascia costiera setten-trionale dell’Eritrea, a Zula e ad Arcaico, invece, sono possibili colture tropicali mediante l’irrigazione.
Clima delle pendici occidentali e delle pianure sudanesi. Clima torrido e sotto certi punti di vista assai somigliante a quello delle pendici orientali su cui abbiamo detto più sopra. Le pendici occidentali comprendono i Maria Rossi, Beni Mare, Baza e Cunama, della vecchia Eritrea, il Cafta, L’Uolcait lo Tsegghede, l’Ermaciocò, lo Sciangalla, ecc. zone che vanno normalmente dai 200 ai 1900 m. sul livello del mare. È anche questo un terri-torio adatto alle colture tropicali e in particolar modo alla produzione del cotone. Beneficia delle sole piogge estive a tipo temporalesco: la temperatura media vi è di circa 21° con un’oscillazione media di 7°, per maggio, che è il mese più caldo e gennaio, che è il più freddo. L’escursione diurna, invece, è notevole; in media è di 11°, ma può raggiungere anche i 21°. Si tratta come si vede, di un clima normale temperato, che somiglia a quello estivo delle nostre città del Mezzogiorno, sopportabile perciò, da parte dei coloni bianchi. Questa è in sostan-za, una zona non fra le migliori dell’Etiopia dal punto di vista climatico, ma che potrebbe in particolari circo-stanze, quando fosse convenientemente attrezzata resa confortevole, aprire la speranza ad una misurata emi-grazione di nostri contadini, a cui dovrebbero essere però riservati i lavori di direzione in aziende agrarie a tipo industriale, lasciando i lavori più penosi della coltivazione alle popolazioni indigene acclimatate. Anche qui, si riscontra l’inconveniente della scarsezza delle precipitazioni, ma in molti luoghi come nella valle del Barca, del Setit Tacazzè, dell’Atbara, dell’Abbai, ecc. essendo attuabile l’irrigazione, la coltivazione delle pian-te industriali potrebbe esser resa possibile con facile remunerativo attivo impiego le maestranze italiane.
Sulle pendici occidentali l’umidità relativa è in media di 36 gradi; le precipitazioni si aggirano sui 500 mm. con qualche aumento per Cheren. In migliori condizioni si trovano le pendici situate entro il vecchio confine politico dell’Etiopia. Nei bassopiani sudanesi la temperatura media è l’oscillazione annua è di 11° con un massimo assoluto superiore (270), assoluto di 50°,5 e un minimo assoluto di 13°,5. Le precipitazioni sono scarse, cioè appena mm. 300, tutte cadute in estate. Vi è chi rileva un clima speciale per l’alto Ogaden e per la regione dei Galla Borana e del Bale; non diremo che esso si può identificare con quello della Somalia setten-trionale.
Clima dell’altopiano. – Nei confronti dell’acrocoro etiopico mancano finora (1937) all’infuori che per Gondar, Addis Abeba, Let Marefià e per le zone del Tigrai e dell’Harar, dati attendibili di osservazioni strumentali.
Gli studi sinora apparsi in argomento sono i seguenti: Dove Karl Kulturzonen van Nord Abessinien, in Peter-manns Mitteilungen, Gotha, 1890; De Castro e Oddone, La città ed il clima di Addis Abeba, nel Bollettino Società Geografica Italiana, ., vol. X, Roma, 1909; De Castro L. e Oddone E., Risultati delle Osservazioni metereologiche ad Addis Abeba ed Addis Alem nel bacino dell’Hauase in Abissinia nel Bollettino della Società Geografica Italiana, Roma, vol V, 1905; Eredia e L. De Castro, Sulla climatologia dell’ Etiopia, nel Bollettino della Società Geografica Italiana. 1914. Osservazioni meteorologiche furono fatte dall’Intendenza militare italiana in tutte lecalità oc-cupate. La temperatura minima assoluta raramente raggiunge, in questa regione, lo zero; invece le brinate vi si possono considerare abbastanza abbastanza frequenti anche per l’intenso irraggiamento notturno.
Le temperature massima assoluta variano sui 24-35 gradi centigradi e soltanto raramente si possa segnalare giornate con 30°. L’anno meteorologico, secondo Eredia o De Castro, si può dividere. sempre per quanto ri-guarda Addis Abeba, in quattro periodi termici:
1° Periodo Caldo: dalla prima decade di marzo alla seconda decade di giugno
2° Periodo relativamente caldo: dalla terza decade di ottobre
3° Periodo freddo: dalla prima decade di novembre alla prima decade di gennaio
4° Periodo relativamente freddo: dalla seconda decade di gennaio alla terza decade di febbraio.
Si possono, così, differenziare nei riguardi delle precipitazioni quattro periodi, ciascuno della seguente durata:
a) Periodo molto piovoso: dalla terza decade di giugno alla seconda decade di settembre.
b) Periodo relativamente secco: dalla terza decade di settembre alla seconda decade di novembre:
c) Periodo secco: dalla terza decade di novembre alla seconda decade di febbraio:
d) Periodo relativamente piovoso: dalla terza decade di febbraio alla seconda decade di giugno.
Relativamente all’umidità dell’aria, per ciò che concerne Addis Abeba, ci soccorrono i dati raccolti dal Lyons dal 1900 al 1904, dati che riportiamo dallo studio dell’Eredia e di L. De Castro, considerando la media delle osservazioni prese, rispettivamente, alle ore nove del mattino ed alle 21.
Gennaio 53 Febbraio 54, Marzo 67, Aprile 70, Maggio 58, Giugno 73, Luglio 78, Agosto 87, Settembre 85, Otto-bre 63, Novembre 53, Dicembre 48.
Per concludere, se vogliamo, nei riguardi dello Scioa, riferirci alle nostre stagioni, bisogna dividere l’anno me-teorico in quattro periodi, chiamati rispettivamente in scioano: tebbi, hagai, todi, kerempt.
a) Inverno (ottobre, novembre, dicembre): bassa temperatura, scarsezza di pioggia, Elevata escursione diurna, minima umidità relativa, ragguardevole numero di giorni sereni, predominio dei venti di est.
b) Primavera (gennaio, febbraio); mite temperatura, mancanza relativa di pioggia. Elevata escursione diurna, minima umidità relativa, ragguardevole numero di giorni sereni; predominio dei venti di sud-est.
c) Estate (marzo, aprile, maggio, luglio): elevata temperatura, pioggia relativamente abbondante, meescursione diurna, media umidità relativa, pochi giorni sereni, predominio dei venti di sud-est.
d) Autunno (luglio, agosto, settembre.): mite temperatura, abbondanza di pioggia, minima escursione diurna, elevata umidità relativa, pochi giorni sereni, predominio dei venti di nord e di sud-est.
Il clima dell’altopiano è saluberrimo ed è questa la ragione che meglio spiega l’incremento delle popolazione che in esso si è stabilita. Nelle sue plaghe temperate crescono tutte le colture a cominciare dalle cerealicole, e prosperano il tabacco, il caffè ed il lino. Gli indigeni, com’è noto, differenziano pure, nel loro paese, tre zone climatico-agrarie; che corrispondono alle tre regioni agrarie dell’Abissinia propriamente detta: la Quellà, che è la zona calda delle pianure e delle vallate (m. 600-1500), la Woina Dogà o Woina Dagà (1800 – 2200) regione temperata dell’altopiano, dove prevalgono le vigne ecc.; infine la Degà o Dagà che è la zona alpina con flora e fauna diverse dalle precedenti.
6.- IDROGRAFIA. –
Dato il carattere sintetico del presente studio, ricorderemo solamente i principali fiumi, degni di questo nome, che hanno anche una certa importanza nei riguardi economici. Nel bacino dell’ Omo-Bottego il fiume Omo, il cui corso fu identificato dall’esploratore italiano Bottego e che si getta sul lago Rodolfo. Bacino chiuso al pari di quello del fiume Golima che scaturisce con numerosi rami fra l’Amba Alagi. e il massiccio di Magdala e finisce nella Dancalia interna. Il Nilo Azzurro o Abai (padre dei fiumi), detto dagli arabi: Bar al Asra, nasce a Sakala sui monti Ciokke, attraversa il Tana e con ampio semicerchio passa entro l’Etiopia, scorre nel Sudan e si getta a Carthum nel Nilo Bianco.
Il Tacazzè, che nel suo corso inferiore si chiama Setit; esso nasce dal monte Abuna Joseph nel Lasta, passa per Gheraltà e il Semien e si getta nell’Athara presso Tomat, dopo un percorso di 900 km.
In Eritrea sono da ricordarsi il Mareb che sotto il nome di Gase attraversa lo Scirè; il Barca, l’Anseba.
Sul versante orientale dell’acrocoro abissino il fiume più importante è l’Auase, che nasce a sud di Addis Abe-ba e si perde nel Sultanato di Aussa, nella Dancalia.
Sul versante somalo il fiume più considerevole è il Giuba, originato da numerosi rami che nascono tra la re-gione dei Borana e quella degli Arussi: questi, convergendo come le stecche di un ventaglio aperto, si riducono in seguito a soli tre rami principali: il Daua Parma, il Canale Doria, e l’Uebi Gestro, che si congiungono a Dolo. Di qui il fiume, con acque perenni e di notevole portata, corre spesso fra rive incassate, qualche volta con corso pensile, descrivendo innumerevoli meandri ed arriva al mare fra Chisimaio e Giumbo, dopo un percorso di km. 1650. Altro fiume somalo di discreta importanza è l’Uebi Scebeli, lungo km. 2000 circa. Corso di una por-tata minima di metri cubi 6 durante la stagione asciutta ed una massima di metri cubi 122 nel settembre e metri cubi 101 nel giugno, cifre minime di fronte all’Abai (Nilo Azzurro), che ha una portata di metri cubi 170 nell’aprile e metri cubi. 7580 nel settembre.
Fra i laghi il più importante è senza dubbio il Tana, a m. 1760 sul mare, con un’area di circa kmq. 3000 e una profondità massima di m. 55. Venne chiamato Quara dai Greci, Araf dagli Arabi, Baker Tsana dall’esploratore De Barros. Seguono il grande Lago Rodolfo (m. 840), che appartiene in minima parte all’Etiopia politica, in gran parte al Chenia; il Lago Stefania (m. 1000) dalle acque salmastre; il Lago Ciamò (m. 1565) ed il Lago Margherita (m. 1550) che comunicano fra loro per mezzo di un canale naturale e sono prossimi al massiccio montano del Gughè (m. 4200). Vengono, ancora, il Lago Auasci (m. 1570) ed i laghi Sciala (m. 1567), Langand (m. 1585), Hora Abaità (m. 1513) e Zuai (m. 1700). Hanno, infine, un’importanza limitata il Lago Giakiak nei Gudru, la palude Ciomen nel Sibu, il notissimo Lago Ascianghi (m. 2409). Nella Dancalia sono da menziona-re il Lago di Assal, che si trova a m. 174 sotto il livello del mare, il Lago Giulietti o Afrera (m. 140 sotto il livello del mare).
La Flora
La flora dell’Etiopia varia col variare delle diverse regioni agrarie considerate. La zona bassa o del Samhar comprende diverse specie xerofile, fra cui l’Acacia mellifera. A. orfota, e poi Capparis, Ricinus, Tamarix, Suaeda, ecc.
Nella zona dancala si incontrano formazioni di Hyphaene danka- lensis; nel bassopiano sudanico le palme dum (Hyphaene nodularia). Nella zona delle pendici più basse o del Quollà troviamo molte combretacee, Aca-cie (A. glaucophylla, orfota, ecc.), piante sempreverdi come la Grataeva religiosa, l’Aloe, l’Ampelocissus abyssinicus, il Baobab, l’albero dei salami o Kigelia aethiopica.
II Woina Degà possiede l’olivo selvatico, la Smilax aspera, la Pistacia lentiscus, il Mirtus communis, l’Erica arborea. Vi si trovano anche vecchie conoscenze come il Celtis, lo Juniperus, l’Osyris, il Ramnus. il Rhus, il Rubus, il Thymus ed altre piante ben note.
La zona del Degà, o zona alpina del Tancredi, ha in Eritrea gli stessi caratteri della precedente, sebbene pos-segga alcune specie che non furono trovate nel Woina Degà. Tali sono l’Antithtrixia abyssinica, l’Apodytes dimi-diata, il Ficus capensis, la Pistacia lentiscus, ecc.
LA FAUNA.
La fauna etiopica è ricca specialmente nella regione meridionale dei laghi e nel bacino dell’Omo. L’ippopota-mo vive numeroso in tutti i fiumi della Somalia, gli elefanti si riscontrano in grandi branchi nel bacino dell’Omo, nell’altipiano del Tertale, sul Giuba e sull’alto Uebi Scebeli. Il leone è comune nella Somalia, al pari de leopardo. Numerose sono le antilopi e le gazzelle, frequente lo zibetto; uccelli dai colori vivaci e dalle piu-me ricercate, come i marabù, le aigrettes, gli struzzi, arricchiscono il territorio. Nelle acque dolci dei fiumi spe-cie nel territorio dei Sidama, dei Borana, ecc. abbonda anche il coccodrillo; in numero considerevole sono le testuggini, le lucertole, ecc