PAOLA DEL DIN E CECILIA DEGANUTTI – MEDAGLIE D’ORO AL VALOR MILITARE

  

Nell’80° Anniversario della Liberazione l’Istituto del Nastro Azzurro rende un doveroso omaggio alle donne che hanno meritato la massima decorazione al Valor Militare.

PAOLA DEL DIN

Figlia di un Ufficiale degli Alpini, Combattente della prima e della seconda guerra mondiate, subito dopo l’armistizio, con il fratello Renato, entrò nella Resistenza in Friuli-Venezia Giulia nelle file detta Brigata Osoppo con il nome di battaglia “Renata”. Prese parte a numerosi e rischiosi incarichi come staffetta e informatrice. Dopo l’uccisione del fratello il 25 aprite 1944 da parte dei tedeschi, per incarico della “Osoppo” ed in accordo con la madre che fu poi messa in prigione come ostaggio, raggiunse Firenze, dove poté attraversare le linee nella città insorta e presentarsi al comando avanzato della N.1 Special Force, pronunciando la parola d’ordine “Voglio parlare col maggiore biondo”. Come ricompensa per l’operazione compiuta il Comando della Special Force di Monopodi (BA) le fece rientrare il Padre dall’India, dov’era prigioniero di guerra. Per continuare la sua opera patriottica, frequentò un corso di paracadutismo a San Vito dei Normanni ed il 9 aprile 1945, nell’ambito della missione “Bigelow”, dopo numerosi tentativi andati a vuoto per guasti all’aereo o per l’intensa attività contraerea sopra Monfalcone, venne lanciata in una zona del Friuli dove doveva prendere contatto con una missione alleata e con la formazione Osoppo. All’atterraggio si fratturò una caviglia, ma riuscì comunque ad adempiere i suoi compiti e a consegnare i documenti che aveva con sé, attraversando a più riprese le linee di combattimento, per portare messaggi ai reparti alleati in avanzata. Nei giorni successivi alla fine della guerra svolse ancora attività di informazione e di recapito materiati. Dopo la Liberazione terminò gli studi laureandosi in lettere all’Università di Padova. Dopo alcuni anni di insegnamento, vinse una borsa di studio ed emigrò negli Stati Uniti, dove all’Università di Pennsylvania conseguì il titolo di “Master of Arts”. Tornata in Italia si dedicò segnamento nella scuola pubblica. Il 23 maggio 1960, nella piazza d’Armi di Padova, le venne conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare. Nell’aprile del 2012, presenziando all’intitolazione della base americana di Vicenza al fratello Renato, anch’Egli Medaglia d’Oro al Valor Militare, commentando il giudizio dell’ANPI vicentina che riteneva inopportuno intitolare una base straniera a chi lottò per la libertà e l’indipendenza dallo straniero, affermò “Ma gli americani ci hanno aiutati nella liberazione! Se finivamo sotto Tito avremmo fatto un’altra fine, la fine dell’Istria, e oggi non saremmo qui a parlare di questo”Confermò la sua posizione nel 2005, quando dichiarò che non se la sentiva di condannare l’organizzazione paramilitare Gladio. Dal 1989 ha svolto attività di volontariato: è stata presidente dell’Associazione Partigiani Osoppo e ne è tuttora consigliere; è stata presidente provinciale dell’A.N.F.C.D.G. (Associazione Nazionale Famiglie Caduti e Dispersi in Guerra e ne è tuttora membro del Consiglio Direttivo Provinciale e Presidente Regionale; è Vice Presidente Nazionale detta F.I.V.L. Federazione Italiana Volontari della Libertà; è consigliere del Gruppo delle Medaglie d’0ro al V.M. d’Italia; è presidente onorario delta sezione di Udine della Associazione Nazionale Paracadutisti d’Italia.

«Dopo aver svolto intensa attività partigiana nel Friuli nella formazione comandata dal fratello, ad avvenuta morte di questi in combattimento, viene prescelta per portare al Sud importanti documenti operativi interessanti il Comando alleato. Oltrepassate a piedi le linee di combattimento dopo non poche peripezie e con continuo rischio della propria vita ed ultimata la sua missione, chiedeva di frequentare un corso di paracadutisti. Dopo aver compiuto ben undici voli di guerra in circostanze fortunose, riusciva finalmente, unica donna in Italia, a lanciarsi col paracadute nel cielo del Friuli alla vigilia della liberazione. Nel corso dell’atterraggio riportava una frattura alla caviglia ed una torsione alla spina dorsale, ma nonostante il dolore lancinante, la sua unica preoccupazione era di prendere subito contatto con la Missione alleata nella zona per consegnarle i documenti che aveva portato con sé. Negli ultimi giorni di guerra, benché claudicante, passava ancora ripetutamente le linee di combattimento per recapitare informazioni ai reparti alleati avanzanti. Bellissima figura di partigiana seppe in ogni circostanza assolvere con rara capacità e virile ardimento i compiti affidatile, dimostrando sempre elevato spirito di sacrificio e sconfinata dedizione alla causa della libertà»

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DEGANUTTI CECILIA

Insegnante elementare a Castione di Strada dal 1941, frequentò i corsi dì infermiera volontaria della C.R.I. presso il Comitato provinciale di Udine e pre­stò per qualche tempo servizio nell’ospedale civile e in quello militare di Udine. Trasferita al posto di soccorso ferroviario, ivi si trovava nel settembre 1943 quando militari e civili italiani venivano caricati nei carri bestiame e deportati in Germania. Le dolorose scene alle quali assistette la spinsero a partecipare alla lotta di resistenza e divenne partigiana. Affiancatasi al gruppo di assistenza ai feriti, disimpegnò anche opera di collegamento collaborando attivamente con i radiotelegrafisti della Missione alleata. Arrestata il 6 gennaio 1945 ad Udine sotto l’accusa di spionaggio e favoreggiamento del nemico, fu fucilata a Trieste il 4 aprile successivo.

“Valorosa crocerossina, consapevole e cosciente delle tragiche ore attraversate dalla Patria invasa prendeva immediatamente la via del dovere e dava, in terra Friulana, la sua entusiastica attività al movimento di liberazione contro l’oppressione nemica. In lunghissimi mesi di lotta senza quartiere, nella volontaria diuturna feconda ed appassionata fatica metteva in luce tuta la sua purissima fede e dava ripetute prove dei sentimenti più nobili e delle virtù militari più salde. Individuata dal nemico ed esortata a porsi in salvo preferiva continuare a svolgere la sua multiforme attività patriottica finché veniva arrestata. Sottoposta a numerosi snervanti interrogatori e a ripetute torture per costringerla a svelare le file dell’organizzazione clandestina che l’avversario sapeva a lei ben note, opponeva sempre un netto e deciso rifiuto anche quando i maltrattamenti superarono ogni limite di umana sopportazione. Non una parola usciva così dalle sue labbra. Condotta al supremo sacrificio, l’affrontava con la calma dei forti, dando mirabile esempio del come la gente Friulana sa servire la Patria e per Essa morire. – Zona d’operazione, giugno 1944 – aprile 1945”.