Nelle valli di Lanzo, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 si formarono bande di ribelli forti di centinaia di militari sbandati e di antifascisti – operai, studenti ed intellettuali – locali e torinesi. Dal mese di novembre, il numero degli aderenti alle prime formazioni della Resistenza prese a crescere notevolmente, soprattutto per effetto del bando di leva emanato dalla Repubblica Sociale italiana che minacciava i renitenti con la pena di morte.
Violenti rastrellamenti nazifascisti non tardarono a colpire i paesi, per dissuadere la popolazione dall’appoggiare le bande partigiane. Ai primi d’ottobre, gli abitanti di Ceres furono minacciati di rappresaglia e salvati solo dalla mediazione del vicario vescovile, mentre a Traves, Pessinetto e Mezzenile diversi civili furono arrestati e deportati in Germania. Il 6 gennaio 1944, su Traves si abbatté un’azione sostenuta da mezzi corazzati, l’azione si ripeté due settimane più tardi, per reazione ad un’imboscata partigiana contro un’autocolonna.
Ad inizio marzo le bande – che contavano in tutto su circa cinquecento componenti male armati – organizzarono una scorreria contro il presidio tedesco di Cirié e tennero comizi tanto nelle piazze quanto davanti alle stazioni e alle fabbriche. La reazione nazifascista si concretizzò in licenziamenti e deportazioni nei campi di concentramento, oltre che in un capillare rastrellamento condotto da circa tremila militari. L’operazione iniziò a Lanzo e si spinse fino a Chialamberto, Ala di Stura e Lemie, causando l’uccisione di decine di ribelli e di civili, l’imprigionamento di un migliaio di persone e la distruzione di parecchie abitazioni. L’evidente prevalere della tendenza comunista nella Resistenza locale provocò l’allontanamento dei gruppi legati al Partito d’azione, che si spostarono in val d’Aosta e tra le valli di Susa e Cenischia, inquadrandosi successivamente nelle divisioni Giustizia e Libertà.
Le formazioni della zona furono inquadrate ad inizio estate nella II divisione Garibaldi. In seguito alla liberazione di Roma e allo sbarco in Normandia, che avevano costretto i tedeschi sulla difensiva, fu pianificata per la notte tra il 25 e il 26 giugno la prima offensiva manovrata delle formazioni partigiane operanti tra il Canavese e la val Sangone, a sostegno di uno sciopero generale indetto dal Comitato di Liberazione Nazionale dell’Alta Italia. 700 uomini della II divisione, sostenuti da contingenti della IV attiva nell’alto Canavese occidentale, attaccarono il presidio nazifascista di Lanzo. L’attacco durò tutto il giorno e servì a sgombrare le valli dai presidi nemici, consegnandole ad una Resistenza così consapevole della propria forza da proclamare il territorio montano “zona libera”.
Fu nominato e insediato a Ceres il Commissariato civile, che, svincolato da ogni interferenza dei Comandi di brigata, preparò i Cln locali.
Ad inizio settembre, i nazifascisti scatenarono l’operazione Strassburg, che pose fine alla “zona libera”. Furono, occupati Coassolo, Monastero di Lanzo e Chiaves, senza però riuscire ad impedire il passaggio in val Grande della IV divisione. Occupato Pessinetto, l’avanzata nazifascista fu rallentata anche a Ceres.
Completato il rientro dei partigiani nelle valli, ad ottobre inoltrato s’iniziò a ricostituire le formazioni, che poterono contare su un numero di effettivi molto inferiore rispetto all’estate. Diversi giovani valligiani furono inquadrati in una Squadra d’azione patriottica (Sap), che ebbe compiti di collegamento, informazione e difesa delle centrali idroelettriche. Durante l’inverno, dopo che il comandante delle forze alleate in Italia, generale Harold Alexander, aveva emanato via radio un proclama che invitava le formazioni partigiane a sospendere le azioni su larga scala fino alla primavera successiva, la pressione nazifascista si fece più intensa e costrinse parte delle forze resistenziali a ridislocarsi nella collina torinese e nel Monferrato. Sul territorio rimasero solo piccole unità.
Dal gennaio del 1945, 3.500 fascisti della divisione “Monterosa” presidiarono i paesi e colpirono con frequenti rappresaglie e rastrellamenti la popolazione civile ed i partigiani. Proprio durante il rastrellamento della val Grande, fu annientata la colonna “Renzo Giua” che aveva cercato rifugio nella miniera Fragné a monte di Chialamberto. Le forze resistenziali superstiti riuscirono comunque ad effettuare frequenti missioni di collegamento attraverso lo spartiacque alpino, per coordinarsi con i comandi alleati e rifornirsi d’armi. A marzo, per iniziativa del Comando militare del Corpo volontari della libertà piemontese, tutte le formazioni delle valli di Lanzo e del Canavese furono unificate nella III zona territoriale, i 2.432 effettivi furono ripartiti tra la brigata indivisionata Garibaldi e le divisioni Matteotti “Giorgio Davito”, VI alpina Giustizia e Libertà e VIII alpina Autonoma, attive nel Canavese. Il giorno 23 fu dato inizio all’insurrezione di Lanzo, Viù e Ceres. Tre giorni più tardi, le formazioni della III zona si misero in marcia alla volta di Torino seguendo il corso dell’Orco, pur trovando ostacolo in due divisioni tedesche, forti di 35.000 uomini, che si stavano ritirando. La brigata indivisionata si scontrò a Caselle con le truppe tedesche e raggiunse quindi Venaria, dove insediò un presidio nello stabilimento della Snia-Viscosa; quindi, divise le forze inviandole a Torino ad occupare gli stabilimenti Elli Zerboni e Fiat Aeronautica e Grandi Motori, gli alti comandi tedeschi e la caserma Valdocco, la collina di Superga.
«Nel quadro della lotta di resistenza contro la prepotenza tedesca e fascista il settore delle Valli di Lanzo resse un ruolo di grande rilievo grazie al particolare supporto, sia ideale e direttivo sia organizzativo ed operativo, offerto dalle popolazioni locali. Il capoluogo venne liberato dopo aspri combattimenti dalle formazioni partigiane ed anche quando cedendo alla schiacciante superiorità nemica venne rioccupato dagli oppressori rimase faro ideale per tutte le genti della zona che, mai dome, sopportando notevoli sacrifici di sangue e di distruzioni, continuarono l’incessante azione di guerriglia e di sabotaggio alle infrastrutture ed alle postazioni militari nemiche, apportando un valido contributo alla vittoria finale per la liberazione della Patria. Zona di Lanzo Torinese, 8 settembre 1943 – 8 maggio 1945» — 10 maggio 1976