Nicolò Paganelli L’Afganistan e i “5 Stan”

  

PAESI A CONFRONTO E NUOVE SFIDE REGIONALI

Lo scopo della ricerca è stato quello di analizzare i Paesi nella porzione di Asia Centrale a nord dell’Afghanistan, con Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan, tenendo conto delle loro Storia, localizzazione geografica e situazione attuale che caratterizzano ogni singolo Stato esaminato attraverso 7 parametri, o Fattori di Squilibrio, che possono portare a scenari di instabilità, stabilità o sviluppo, contando tutti i punti a favore e a sfavore per ottenere un ampio quadro della situazione “Sicurezza” (obiettivo prefissato di ricerca) coprendo l’intera area regionale e comparando e relazionando tutti i Paesi con la situazione afghana odierna.

I 7 parametri utilizzati per l’analisi sono:

1) “Fattore Storico: Conflitti”, stimando esclusivamente i conflitti classici dichiarati Stato contro Stato in cui è stato o è coinvolto il Paese, da 5-10 anni ad oggi, conoscendo ma non contando le situazioni conflittuali interne civili, atti di guerriglia, rivolte e violenze che coinvolgono la popolazione.

2) “Paesi Limitrofi in Conflitto”, sempre usando lo stesso criterio del parametro precedente si sono contate le Nazioni confinanti attualmente in conflitto con altre, poiché possono influenzare di molto la stabilità politica dello Stato vicino, destabilizzandolo e determinando un alto rischio di crisi economica nello stesso, ma anche trascinarlo anch’esso nel conflitto.

3) “Rifugiati”, ad oggi sempre più persone sono costrette a lasciare le proprie case a causa di conflitti, violenze, persecuzioni, violazioni dei diritti umani, ecc. Ad oggi, con i conflitti ancora irrisolti e il rischio che se ne possano creare altri nuovi, un aspetto che definisce questo XXI Secolo è proprio il numero sempre crescente di gente costretta, essendoci meno opzioni alternative, a rifugiarsi in Stati confinanti o comunque lontano all’estero. Ciò rappresenta una bella sfida per le capacità di una Nazione, aggiungendosi al contrasto di traffici d’armi, tratta di esseri umani, droga, risorse preziose, gruppi armati, criminalità organizzata e non, terrorismo, ribelli, ecc., tutte situazioni a cui se lo Stato non riesce a reagire possono condurre a conflitti che si espanderebbero in tutta l’area regionale. A fine 2021, da rapporti dell’UNHCR (United Nations High Commissioner for Refugees cioè Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, o anche Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati), si è arrivati a 89,3 milioni di rifugiati nel mondo, più del doppio di 10 anni fa.

4) “Disoccupazione”, si sa che bassi livelli occupazionali comportano opportunità economiche nulle e possono portare a divari sociali a cui ne consegue la formazione di gruppi ribelli, diffusione e aumento di criminalità e senso d’insicurezza, riuscendo difficilmente, o comunque non potendo, a dissuadere e impedire atti di violenza a danno dello Stato o della popolazione. Secondo i dati del The World Bank Group (Banca Mondiale) la media della disoccupazione mondiale è del 6,2% basata sulla stima 2021 dell’ILO (International Labor Organization), ovviamente non si ha ancora una media 2022 finché non è terminato l’anno.

5) “Sfruttamento di Petrolio, Oro e Diamanti”, quali Risorse Strategiche per uno Stato, specie se in grosse quantità, possono attirare vari attori sia interni che esterni, ad esempio Governi esteri, potenze internazionali, grandi aziende multinazionali, ecc., con l’intenzione di accaparrarsele e sfruttarle in diretta competizione con altre Nazioni. Queste risorse preziose sono spesso associate alle cause principali dello scatenarsi o prolungarsi di conflitti in vari modi. Il petrolio “fa gola” a tutti e ciò può determinare conflitti o colpi di Stato per cambiare il Governo a proprio favore o controllarne comunque una porzione territoriale; oro e diamanti anch’essi come il petrolio sono tra le cause del perdurare dei conflitti (si prenda ad esempio il Continente africano). Inoltre, il regime politico del Paese può influire notevolmente sulle proprie risorse naturali, costituendo un Fattore di Squilibrio, e ciò si verifica tipicamente con regimi non democratici, corrotti, a partecipazione politica scarsa e con debole controllo dell’esecutivo, ricorrendo spesso a sistemi autoritari e repressivi per proteggere le risorse, aumentando così i divari e le vittime nella popolazione civile: ciò porta al formarsi di gruppi terroristici, movimenti ribelli, fazioni riottose di popolazione, sommosse, ecc.

6) “Area Geografica”, intesa come la superficie totale del Paese.

7) “Area Forestale”, ossia la porzione di superficie coperta appunto da foreste.

 

Per ogni parametro sopra descritto si sono acquisiti dati da varie fonti aperte, quindi “open source”, liberamente consultabili su internet, siti come: la banca dati “open data” del World Bank Group (o Banca Mondiale), il World Gold Council (WGC, riserve auree per ogni Nazione), il The CIA World Factbook, il database del Center for Systemic Peace, il portale DeA WING (deagostinigeografia.it).

Si sono preferite queste fonti, rispetto magari alle infinite altre disponibili nel web, per la loro accessibilità, disponibilità, integrità ed affidabilità dei dati e delle informazioni.

Come si sa, ciascuna Nazione hanno caratteristiche specificità di situazioni conflittuali e crisi economiche, perciò si è analizzato ogni Paese sotto tutti i punti di vista afferenti la Capacità dello Stato della “Sicurezza”. Qui di seguito li riportiamo uno per uno.

 

 

 

AFGHANISTAN

 

L’Afghanistan è situato tra Asia Centrale e Meridionale e, privo di sbocchi sul mare, confina a N con Turkmenistan, Uzbekistan e Tajikistan, con la Cina a NE, il Pakistan a E e S, e l’Iran a O; il Paese ha una superficie totale di 652.864 kmq di cui le foreste occupano 12.084,4 kmq.

Dalle analisi effettuate, avendo bene a mente il cambiamento radicale avvenuto da agosto 2021, l’Afghanistan non è stato, e non lo è attualmente, coinvolto in un conflitto apertamente dichiarato con nessun Stato estero, nonostante abbia visto sul suo territorio lunghe guerre (l’ultima conclusasi al termine di agosto 2021). Come detto in precedenza, non si è tenuto quindi conto di scontri interetnici interni al Paese, attentati terroristici, rivolte, ecc., ma si sono stimati solo ed esclusivamente i conflitti ufficializzati interstatali tra Nazioni.

L’unico Paese limitrofo attualmente in conflitto è il Pakistan, coinvolto nella guerra del Kashmir contro l’India dal 1947 a oggi (la Cina si defilò nel ’63 quando firmò l’accordo sui confini sino-pakistani), con un numero di morti totale di circa 45.000 sommati di tutti gli anni (fonte Center for Systemic Peace). L’aumentare delle tensioni tra Pakistan e India rappresenta uno dei principali rischi attuali per la sicurezza globale nell’Indo-Pacifico perché, secondo vari rapporti su situazioni conflittuali nell’area, si teme una possibile futura guerra nucleare tra i due Paesi. La Cina non è in conflitto aperto con nessuno, ma l’acuirsi della crisi con l’India per le zone di confine (Kashmir-Ladakh) con scontri sempre più duri tra i due rispettivi eserciti, fa temere un prossimo conflitto tra i due Paesi. Uzbekistan e Tagikistan non sono in conflitto aperto con nessuno, ma si verificano comunque frequenti schermaglie sui confini uzbeko-tagiko e tagiko-kirghiso. Iran e Turkmenistan non sono attualmente in conflitto aperto con nessuno.

Il Paese ospita ben 66.949 rifugiati, secondo le stime del 2021 da dati raccolti dalla Banca Mondiale e dall’UNHCR, provenienti da Nazioni limitrofe, specie dal Pakistan, che nella maggior parte dei casi sono stati costretti ad abbandonare la propria terra a causa di conflitti interni alla popolazione, come guerre tra fazioni etnico-religiose, o a causa di guerre perduranti, o anche per motivi economici e ricerca di nuove opportunità socio-economiche. Secondo rapporti dal CIA World Factbook sono stati stimati 72.188 rifugiati dal Pakistan a metà 2021.

Il tasso di disoccupazione è di circa 13,3% dai dati ricavati dalla Banca Mondiale in base a stima 2022 dell’ILO, quindi al di sopra della media mondiale (6,2%).

Per quanto concerne lo sfruttamento di risorse strategiche come petrolio, oro e diamanti: sul territorio afghano non sono disponibili giacimenti petroliferi; per l’oro si aveva una quantità pari a 40 kg nel 2016 ma secondo stime del World Gold Council (WGC) del 2021 vi sono 21,87 tonnellate; quanto a diamanti veri e propri l’Afghanistan non avrebbe giacimenti, ma vengono estratte comunque pietre preziose con 35.000 kg (2018) e pietre semipreziose con 5.500 kg (2018). Non essendo quindi disponibili grosse quantità di dette risorse preziose, si è contato ciò come ininfluente sulla sicurezza nazionale afghana. A livello economico il Paese è il più povero dell’Asia.

In base ai dati raccolti e dalle analisi effettuate si è poi sviluppato uno Scenario, contando i Fattori di Squilibrio, rappresentati dai 7 parametri utilizzati, in relazione alla Capacità dello Stato (Sicurezza) su cui essi fanno pressione, per avere un quadro generico della situazione del Paese in esame dai vari punti di vista: conflitti interstatali nell’area in cui esso e i suoi confinanti possono essere coinvolti, presenza o assenza di rifugiati, tasso di disoccupazione, sfruttamento di risorse strategiche (petrolio, oro, diamanti), ampiezza della superficie geografica e forestale. Ne è risultato così uno scenario di stabilità, in cui le Capacità dello Stato presentano delle debolezze indicanti che il Paese non è né in un “circolo vizioso” né in un “circolo virtuoso”: il primo inteso come ulteriore indebolimento di capacità e resistenza dello Stato, il secondo invece come rafforzamento di esse.

 

 

 

KAZAKISTAN

 

Il Kazakistan, trovandosi tra i due continenti Europa e Asia, è uno dei c.d. Paesi transcontinentali; confina a N-NO con la Russia, con Cina a E, Kirghizistan a SE, Uzbekistan a S, Turkmenistan a SO ed è bagnato dal Mar Caspio a O; il Paese ha una superficie totale di 2.724.900 kmq di cui le foreste occupano 34.546,8 kmq.

Dai dati e dalle informazioni raccolte e analizzate, il Kazakistan non è stato, e non lo è attualmente, coinvolto in un conflitto apertamente dichiarato con nessun Stato estero negli ultimi 5-10 anni. Come detto in precedenza, non si è tenuto quindi conto di scontri interetnici interni al Paese, attentati terroristici, rivolte, ecc., ma si sono stimati solo ed esclusivamente i conflitti ufficializzati interstatali tra Nazioni.

Il Paese sfrutta strategicamente la sua posizione geografica per tenere buoni rapporti internazionali con Russia, Cina e UE. Con l’instabilità afghana nel 2021, il Kazakistan si è riunito il 5-6 agosto dello stesso anno al summit organizzato ad Avaza (Turkmenistan) con Kirghizistan, Tajikistan, Turkmenistan ed Uzbekistan, per riflettere sulla sicurezza e cooperazione regionale; dall’ascesa al potere dei Talebani il Paese si è mosso subito per instaurare un dialogo con i nuovi leader afghani. Il Paese ha ottimi rapporti con la Russia, con cui collabora sulle comuni sfide per la sicurezza nell’area e cooperazione, ma intrattiene anche buone relazioni con l’UE in tema di cooperazione e commercio.

Dei suoi Paesi limitrofi nessuno è in conflitto aperto con altri Stati. La Cina non è in conflitto aperto con nessuno, ma l’acuirsi della crisi con l’India per le zone di confine (Kashmir-Ladakh) con scontri sempre più duri tra i due rispettivi eserciti, fa temere un prossimo conflitto tra i due Paesi. Le attività russe attualmente in corso in territorio ucraino non intendono un conflitto ufficialmente ed apertamente dichiarato, ma trattasi di operazioni militari speciali; viceversa l’Ucraina trovandosi a difendere i propri confini ha dovuto dichiarare “guerra” alla Federazione Russa. Turkmenistan e Uzbekistan non sono in conflitto aperto con nessuno. Il Kirghizistan attualmente non è in conflitto con nessuno, però mantiene alte tensioni con il vicino Tagikistan per il problema dei confini in cui si verificano ancora duri scontri tra forze kirghise e tagike.

Il Paese ospita 352 rifugiati, secondo le stime del 2021 da dati raccolti dalla Banca Mondiale e dall’UNHCR, che nella maggior parte dei casi sono stati costretti ad abbandonare la propria terra a causa di conflitti interni alla popolazione, come guerre tra fazioni etnico-religiose, o a causa di guerre perduranti, o anche per motivi economici e ricerca di nuove opportunità socio-economiche.

Il tasso di disoccupazione è di circa 4,9% dai dati ricavati dalla Banca Mondiale in base a stima 2022 dell’ILO, al di sotto quindi della media mondiale (6,2%).

Per quanto concerne lo sfruttamento di risorse strategiche come petrolio, oro e diamanti: sul territorio kazako sono disponibili tanti giacimenti petroliferi, quali a Zhangaözen (penisola Mangghystaũ), a Qarashyghanaq, a Tengiz (prov. Atyraũ) e quello offshore di Kashagan nel Mar Caspio che, operativo dal 2013, è uno dei più grandi del mondo, per un totale di riserve stimate pari a 87.614,7 tonnellate (ultimi dati disponibili, stima 2020); per l’oro si aveva una quantità pari a  100.000 kg nel 2020 ma secondo stime del World Gold Council (WGC) del 2021 vi sono 383,91 tonnellate di riserve totali; non sono invece disponibili risorse minerarie diamantifere. Essendoci quindi grosse quantità di giacimenti e riserve sia petrolifere che auree (oltre alle numerose di uranio e svariati metalli), si è considerato che ciò possa influenzare la sicurezza nazionale kazaka anche perché il Paese è la potenza economica più grande dell’Asia Centrale proprio grazie alla disponibilità e allo sfruttamento delle sue risorse naturali.

In base ai dati raccolti e dalle analisi effettuate si è poi sviluppato uno Scenario, contando i Fattori di Squilibrio, rappresentati dai 7 parametri utilizzati, in relazione alla Capacità dello Stato (Sicurezza) su cui essi fanno pressione, per avere un quadro generico della situazione del Paese in esame dai vari punti di vista: conflitti interstatali nell’area in cui esso e i suoi confinanti possono essere coinvolti, presenza o assenza di rifugiati, tasso di disoccupazione, sfruttamento di risorse strategiche (petrolio, oro, diamanti), ampiezza della superficie geografica e forestale. Ne è risultato così uno scenario di stabilità, in cui le Capacità dello Stato presentano alcune debolezze indicanti che il Paese non è né in un “circolo vizioso” né in un “circolo virtuoso”: il primo inteso come ulteriore indebolimento di capacità e resistenza dello Stato, il secondo invece come rafforzamento di esse.

 

 

 

KIRGHIZISTAN

 

Il Kirghizistan è situato in Asia Centrale e, privo di sbocchi sul mare, confina a N con Kazakistan, con la Cina a E-SE, Tagikistan a SO, e Uzbekistan a O; il Paese ha una superficie totale di 199.945 kmq di cui le foreste occupano 13.153,8 kmq.

Il Kirghizistan non è attualmente in conflitto aperto con nessuno Stato estero, mantiene però tensioni alte col vicino Tagikistan a causa dei numerosi scontri sul confine tra i due Paesi, uno di questi sfociato in una breve ma intensa guerra, nei giorni dal 28 aprile al 1° maggio 2021, che provocò oltre 50 morti tra militari e civili, oltre a centinaia di feriti; questo scontro benché durato poco è considerato il peggior conflitto militare transfrontaliero in Asia Centrale da molti anni, incendiato da uno stallo su un impianto di distribuzione dell’acqua, purtroppo sempre più scarsa col tempo e non sempre garantita dai due Governi ai cittadini residenti sul confine. Da lì, i due Paesi si impegnarono a demarcare i confini. Come detto in precedenza, non si è tenuto quindi conto di scontri interetnici interni al Paese, attentati terroristici, rivolte, ecc., ma si sono stimati solo ed esclusivamente i conflitti ufficializzati interstatali tra Nazioni.

Il Kazakistan non è attualmente in guerra con nessuno. Il Tagikistan, dopo i fatti avvenuti a fine aprile 2021 col Kirghizistan, non è più in conflitto con altri Stati; si verificano comunque ancora scontri interetnici e incidenti sulle frontiere kirghise e uzbeke. L’Uzbekistan non è in conflitto con nessuno. La Cina non è in conflitto aperto con nessuno, ma l’acuirsi della crisi con l’India per le zone di confine (Kashmir-Ladakh) con scontri sempre più duri tra i due rispettivi eserciti, fa temere un prossimo conflitto tra i due Paesi.

Il Paese ospita ben 317 rifugiati, secondo le stime del 2021 da dati raccolti dalla Banca Mondiale e dall’UNHCR, provenienti da Nazioni limitrofe, che nella maggior parte dei casi sono stati costretti ad abbandonare la propria terra a causa di conflitti interni alla popolazione, come guerre tra fazioni etnico-religiose, o a causa di guerre perduranti, o anche per motivi economici e ricerca di nuove opportunità socio-economiche.

Il tasso di disoccupazione è di circa 9,1% dai dati ricavati dalla Banca Mondiale in base a stima 2022 dell’ILO, al di sopra quindi della media mondiale (6,2%).

Per quanto concerne lo sfruttamento di risorse strategiche come petrolio, oro e diamanti: il petrolio, seppur in quantità limitate, viene estratto per lo più nell’area nord-est del bacino di Fergana e le riserve totali ammontano a 37,8 tonnellate (2020) arrivando a stimare 40 milioni di barili nel 2021, da rapporti del CIA World Factbook; l’oro è la risorsa principale nel Paese con due grandi giacimenti a Kumtor e Makmal, per una quantità totale di riserve pari a  27.400 kg nel 2018 ma secondo stime del World Gold Council (WGC) del 2021 vi sono 10,19 tonnellate; non si ha disponibilità invece di giacimenti di diamanti. Essendoci quindi grande disponibilità specie di riserve auree, e relativamente di petrolio, è stato contato ciò come possibile influenza sulla sicurezza nazionale kirghisa.

In base ai dati raccolti e dalle analisi effettuate si è poi sviluppato uno Scenario, contando i Fattori di Squilibrio, rappresentati dai 7 parametri utilizzati, in relazione alla Capacità dello Stato (Sicurezza) su cui essi fanno pressione, per avere un quadro generico della situazione del Paese in esame dai vari punti di vista: conflitti interstatali nell’area in cui esso e i suoi confinanti possono essere coinvolti, presenza o assenza di rifugiati, tasso di disoccupazione, sfruttamento di risorse strategiche (petrolio, oro, diamanti), ampiezza della superficie geografica e forestale. Ne è risultato così uno scenario di stabilità, in cui le Capacità dello Stato presentano delle debolezze indicanti che il Paese non è né in un “circolo vizioso” né in un “circolo virtuoso”: il primo inteso come ulteriore indebolimento di capacità e resistenza dello Stato, il secondo invece come rafforzamento di esse.

 

 

 

 

 

 

 

 

TAGIKISTAN

 

Il Tagikistan è situato in Asia Centrale e, privo di sbocchi sul mare, confina con Kirghizistan a N, Cina a E, Afghanistan a S e Uzbekistan a O; il Paese ha una superficie totale di 142.600 kmq di cui le foreste occupano 4.238 kmq.

Il Tajikistan non è attualmente in conflitto aperto con nessuno Stato estero, mantiene però alte tensioni col vicino Kirghizistan a causa dei numerosi scontri sul confine tra i due Paesi, uno di questi sfociato in una breve ma intensa guerra, nei giorni dal 28 aprile al 1° maggio 2021, che provocò oltre 50 morti tra militari e civili, oltre a centinaia di feriti; questo scontro benché durato poco è considerato il peggior conflitto militare transfrontaliero in Asia Centrale da molti anni, incendiato da uno stallo su un impianto di distribuzione dell’acqua, purtroppo sempre più scarsa col tempo e non sempre garantita dai due Governi ai cittadini residenti sul confine. Da lì, i due Paesi si impegnarono a demarcare i confini. Come detto precedentemente, non si è tenuto quindi conto di scontri interetnici interni al Paese, attentati terroristici, rivolte, ecc., ma si sono stimati solo ed esclusivamente i conflitti ufficializzati interstatali tra Nazioni.

Dei Paesi limitrofi nessuno è attualmente in conflitto aperto con altri Stati. Il Kirghizistan, dopo i fatti avvenuti a fine aprile 2021 col Tagikistan, non è più in conflitto con altri Stati; si verificano comunque ancora scontri interetnici e incidenti sulle frontiere. L’Uzbekistan non è in conflitto con nessuno, ma si verificano ogni tanto scontri sulle frontiere tagiko-uzbeke e kirghiso-uzbeke. La Cina non è in conflitto aperto con nessuno, ma l’acuirsi della crisi con l’India per le zone di confine (Kashmir-Ladakh) con scontri sempre più duri tra i due rispettivi eserciti, fa temere un prossimo conflitto tra i due Paesi. L’Afghanistan attualmente non è in conflitto aperto con nessuno.

Il Paese ospita ben 10.724 rifugiati, secondo le stime del 2021 da dati raccolti dalla Banca Mondiale e dall’UNHCR, provenienti da Nazioni limitrofe, che nella maggior parte dei casi sono stati costretti ad abbandonare la propria terra a causa di conflitti interni alla popolazione, come guerre tra fazioni etnico-religiose, o a causa di guerre perduranti, o anche per motivi economici e ricerca di nuove opportunità socio-economiche. Secondo rapporti dal CIA World Factbook sono stati stimati 6.775 rifugiati dall’Afghanistan a metà 2021.

Il tasso di disoccupazione è di circa 7,8% dai dati ricavati dalla Banca Mondiale in base a stima 2022 dell’ILO, quindi poco più sopra la media mondiale (6,2%)

Per quanto concerne lo sfruttamento di risorse strategiche come petrolio, oro e diamanti: i giacimenti petroliferi sul territorio sono più limitati rispetto ai Paesi vicini, con 17,1 tonnellate nel 2020, arrivando a stimare 12 milioni di barili nel 2021, da rapporti del CIA World Factbook; per l’oro si aveva una quantità pari a 6.400 kg nel 2018 ma secondo stime del World Gold Council (WGC) del 2021 vi sono 1,98 tonnellate di riserve totali stimate; non sono disponibili riserve di diamanti.. Non essendo quindi disponibili grosse quantità riserve strategiche, si è contato ciò come ininfluente sulla sicurezza nazionale tagika.

In base ai dati raccolti e dalle analisi effettuate si è poi sviluppato uno Scenario, contando i Fattori di Squilibrio, rappresentati dai 7 parametri utilizzati, in relazione alla Capacità dello Stato (Sicurezza) su cui essi fanno pressione, per avere un quadro generico della situazione del Paese in esame dai vari punti di vista: conflitti interstatali nell’area in cui esso e i suoi confinanti possono essere coinvolti, presenza o assenza di rifugiati, tasso di disoccupazione, sfruttamento di risorse strategiche (petrolio, oro, diamanti), ampiezza della superficie geografica e forestale. Ne è risultato così uno scenario di stabilità, in cui le Capacità dello Stato presentano alcune debolezze indicanti che il Paese non è né in un “circolo vizioso” né in un “circolo virtuoso”: il primo inteso come ulteriore indebolimento di capacità e resistenza dello Stato, il secondo invece come rafforzamento di esse.

 

 

 

TURKMENISTAN

 

Il Turkmenistan è situato in Asia Centrale e confina con Kazakistan e Uzbekistan a N, Afghanistan a SE, Iran a S ed è bagnato dal Mar Caspio a O; il Paese ha una superficie totale di 491.210 kmq di cui le foreste occupano 41.270 kmq.

Dalle analisi effettuate, il Turkmenistan non è stato, e non lo è attualmente, coinvolto in un conflitto apertamente dichiarato con nessun Stato estero. Come detto in precedenza, non si è tenuto quindi conto di scontri interetnici interni al Paese, attentati terroristici, rivolte, ecc., ma si sono stimati solo ed esclusivamente i conflitti ufficializzati interstatali tra Nazioni.

Dei Paesi limitrofi nessuno è attualmente in conflitto aperto con altri. L’Iran non è attualmente in guerra con nessuno, nonostante i problemi con USA e Israele riguardo la ricerca nucleare e varie formazioni militari e paramilitari (sostenute e finanziate dal Governo iraniano), anche terroristiche, operanti in Siria, Iraq e Libano. L’Uzbekistan non è attualmente in guerra con nessuno, però si verificano frequenti scontri alle frontiere uzbeko-tagike.

Il Paese ospita solamente 16 rifugiati, secondo le stime del 2021 da dati raccolti dalla Banca Mondiale e dall’UNHCR, provenienti da Nazioni limitrofe, che nella maggior parte dei casi sono stati costretti ad abbandonare la propria terra a causa di conflitti interni alla popolazione, come guerre tra fazioni etnico-religiose, o a causa di guerre perduranti, o anche per motivi economici e ricerca di nuove opportunità socio-economiche.

Il tasso di disoccupazione è di circa 5,1% dai dati ricavati dalla Banca Mondiale in base a stima 2022 dell’ILO, quindi poco sotto la media mondiale (6,2%).

Per quanto concerne lo sfruttamento di risorse strategiche come petrolio, oro e diamanti: sono disponibili giacimenti di petrolio sulle rive del Mar Caspio, le riserve totali ammontavano a 9.969,2 tonnellate nel 2020, arrivando a 600 milioni di barili nel 2021 secondo rapporti del CIA World Factbook; sia per le risorse auree che diamantifere non vi è la disponibilità. Avendo quindi grandi quantità di petrolio, anche se di molto minori del vicino Kazakistan ma maggiori degli altri Paesi limitrofi, si è contato ciò come possibile fattore influente sulla sicurezza nazionale turkmena.

In base ai dati raccolti e dalle analisi effettuate si è poi sviluppato uno Scenario, contando i Fattori di Squilibrio, rappresentati dai 7 parametri utilizzati, in relazione alla Capacità dello Stato (Sicurezza) su cui essi fanno pressione, per avere un quadro generico della situazione del Paese in esame dai vari punti di vista: conflitti interstatali nell’area in cui esso e i suoi confinanti possono essere coinvolti, presenza o assenza di rifugiati, tasso di disoccupazione, sfruttamento di risorse strategiche (petrolio, oro, diamanti), ampiezza della superficie geografica e forestale. Ne è risultato così uno scenario di stabilità, in cui le Capacità dello Stato presentano delle debolezze indicanti che il Paese non è né in un “circolo vizioso” né in un “circolo virtuoso”: il primo inteso come ulteriore indebolimento di capacità e resistenza dello Stato, il secondo invece come rafforzamento di esse.

 

 

 

 

 

UZBEKISTAN

 

L’Uzbekistan è situato in Asia Centrale e, privo di sbocchi sul mare, confina a N-NO con Kazakistan, con Kirghizistan e Tagikistan a E, Afghanistan a SE e Turkmenistan a S; il Paese ha una superficie totale di 444.103 kmq di cui le foreste occupano 36.896,6 kmq.

Dalle analisi effettuate, l’Uzbekistan non è stato, e non lo è attualmente, coinvolto in un conflitto apertamente dichiarato con nessun Stato estero negli ultimi 5-10 anni. Come detto in precedenza, non si è tenuto quindi conto di scontri interetnici interni al Paese, attentati terroristici, rivolte, ecc., ma si sono stimati solo ed esclusivamente i conflitti ufficializzati interstatali tra Nazioni.

Dei Paesi limitrofi nessuno è attualmente in conflitto aperto con altri Stati. Tagikistan e Kirghizistan attualmente non sono più in conflitto tra loro, ma si verificano comunque frequenti schermaglie e incidenti sui confini uzbeko-tagiko e tagiko-kirghiso.

Il Paese ospita ben 13.032 rifugiati, secondo le stime del 2021 da dati raccolti dalla Banca Mondiale e dall’UNHCR, provenienti da Nazioni limitrofe, che nella maggior parte dei casi sono stati costretti ad abbandonare la propria terra a causa di conflitti interni alla popolazione, come guerre tra fazioni etnico-religiose, o a causa di guerre perduranti, o anche per motivi economici e ricerca di nuove opportunità socio-economiche.

Il tasso di disoccupazione è di circa 7,2% dai dati ricavati dalla Banca Mondiale in base a stima 2022 dell’ILO, quindi intorno alla media mondiale (6,2%).

Per quanto concerne lo sfruttamento di risorse strategiche come petrolio, oro e diamanti: vi è disponibilità di risorse petrolifere, con 346,5 tonnellate nel 2020, arrivando a 594 milioni di barili nel 2021 di riserve totali, secondo rapporti del CIA World Factbook; per l’oro si aveva una quantità pari a 90.000 kg nel 2020 ma secondo stime del World Gold Council (WGC) del 2021 vi sono 363,91 tonnellate di riserve auree in totale; non sono disponibili giacimenti diamantiferi. Disponendo quindi di grandi risorse petrolifere ed auree, si è contato ciò come un fattore di possibile influenza sulla sicurezza nazionale uzbeka.

In base ai dati raccolti e dalle analisi effettuate si è poi sviluppato uno Scenario, contando i Fattori di Squilibrio, rappresentati dai 7 parametri utilizzati, in relazione alla Capacità dello Stato (Sicurezza) su cui essi fanno pressione, per avere un quadro generico della situazione del Paese in esame dai vari punti di vista: conflitti interstatali nell’area in cui esso e i suoi confinanti possono essere coinvolti, presenza o assenza di rifugiati, tasso di disoccupazione, sfruttamento di risorse strategiche (petrolio, oro, diamanti), ampiezza della superficie geografica e forestale. Ne è risultato così uno scenario di stabilità, in cui le Capacità dello Stato presentano delle debolezze indicanti che il Paese non è né in un “circolo vizioso” né in un “circolo virtuoso”: il primo inteso come ulteriore indebolimento di capacità e resistenza dello Stato, il secondo invece come rafforzamento di esse.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sinora abbiamo trattato ogni Nazione come da risultato delle analisi effettuate attraverso i 7 parametri utilizzati, stimando come avevamo già detto per “Conflitti” solo ed esclusivamente quelli Stato contro Stato. Ma ora, qui di seguito, diamo un’occhiata più attenta alla particolare situazione che caratterizza i Paesi oggi.

 

Parlando della sicurezza in Afghanistan, dopo il ritiro delle truppe NATO e l’instaurazione del neo-Governo a guida dei Talebani da agosto 2021, l’evolversi della situazione rimane incerta come i possibili scenari futuri dato il rischio costante di combattimenti e attentati in tutto il Paese, soprattutto nella parte orientale dove sono presenti più militanti dell’ISIS-K (Islamic State of Iraq and ash-Sham-Khorasan Province, o anche ISKP) e lungo il confine afghano-pakistano con i terroristi del TTP (Tehrik-e-Taliban Pakistan), oltre ovviamente ad al-Qā’ida. Pertanto la sicurezza non è purtroppo garantita e si può dire che pesanti scontri, attentati terroristici, lanci di razzi, sequestri, rapine, ecc. sono all’ordine del giorno specialmente nelle città principali, in primis Kabul e Herat, con bersagli come autorità, forze governative locali/straniere, quartieri diplomatici, luoghi pubblici, eventi religiosi, ONG, minoranze etnico-religiose, aeroporti, ecc.; tutto ciò come se non bastasse peggiora la situazione già critica nel Paese sotto tutti i punti di vista, con il rischio che esso potrebbe essere prossimo al collasso. Nell’anno corrente (2022) i Talebani hanno nominato il nuovo Ministro della Difesa e i comandanti degli 8 corpi regionali, già a dicembre 2021 egli ha annunciato la formazione di una forza di polizia per affrontare i problemi securitari primari dell’Afghanistan includenti l’ISIS-K e la resistenza atta da ex-forze governative rimaste fedeli al Governo precedente. Sul piano delle relazioni internazionali l’Afghanistan intrattiene rapporti principalmente col Pakistan, anche se con “turbolenze” ogni tanto sulle questioni terrorismo e sicurezza nelle zone di confine; col Qatar, protagonista dei colloqui voluti dall’ex Presidente americano Trump, e a oggi Doha è una delle poche realtà a sostenere ed aver riconosciuto l’Emirato Islamico dell’Afghanistan; e con la Cina, che nel tempo ha intessuto un dialogo con Kabul specie per la realizzazione della Belt & Road Initiative (B&R Initiative) e per contrastare gli jihadisti nel Paese, oggi sfrutta la sua influenza per avviare una cooperazione militare di difesa e sicurezza.

L’ONU ha espresso preoccupazioni sui diritti umani sotto il Governo talebano, mentre i Talebani continuano a combattere l’IS-K e il Northern Resistence Front. L’UNHRC  (UN Human Rights Council) il 1° luglio iniziò la sessione discutendo i diritti umani di donne-ragazze nel Paese e adottò la risoluzione riaffermando l’impegno verso i diritti, includendo educazione e libero movimento. Nel rapporto sui diritti umani l’UNAMA (UN Assistance Mission in Afghanistan) il 19 luglio ha riportato “l’erosione dei diritti delle donne è stata uno degli aspetti più particolari dell’amministrazione de facto ad oggi”. Nel tentativo di immagazzinare legittimazione domestica, le autorità talebane organizzarono la raccolta di quasi 4.500 scolari e leaders comunitari; i partecipanti il 2 luglio hanno promesso fedeltà all’Emiro Taliban, denunciato le ribellioni antigovernative e si sono appellati alla comunità internazionale per riconoscere il nuovo Governo. Sul fronte economico han continuato difficoltà. I media locali il 18 luglio indicarono che circa 170.000 dipendenti pubblici pensionati devono ancora ricevere le pensioni. Il 20 luglio la delegazione commerciale senior pakistana ha visitato Kabul per discutere la continuazione dell’Accordo di Transito Commerciale Afghanistan-Pakistan (Afghanistan Pakistan Transit Trade Agreement). Il Governo de facto, durante il mese han cercato di riaprire le aziende guidate da donne, in particolare nella capitale Kabul (est), Jowzjan (nord), Balkh (nord), Herat (ovest) e Kandahar (sud). Intanto, i Talebani lanciarono dei raid contro l’Islamic State Khorasan Province (ISKP): in particolare, il 16 luglio forze di sicurezza hanno assaltato un nascondiglio ISKP nella città di Kunduz (nord), presumibilmente contro la cellula responsabile dei recenti attacchi transfrontalieri in Tagikistan e Uzbekistan; il 19 luglio lanciarono un’incursione nella Provincia di Samangan (nord) dove uccisero i membri ISKP presumibilmente responsabili per la decapitazione di un combattente talebano il 14 luglio; il 20 luglio furono presumibilmente catturati 3 foreign fighters a Kabul. L’ONG Human Rights Watch il 7 luglio ha accusato le autorità de facto di commettere crimini di guerra nella loro battaglia contro l’ISKP. L’UN Sanctions Monitoring Team il 19 luglio riportò che al-Qaeda nel Paese non rappresenta la maggior minaccia internazionale ciò dovuto a carenza di capacità e bisogno di rimanere in buoni termini con i Talebani.

I combattimenti nel nord hanno continuato tra i Talebani e il Northern Resistance Front (NRF). Il 7 luglio l’NRF ha intenzionalmente catturato la base militare talebana nella Provincia di Baghlan. I Talebani lanciarono un’offensiva a metà luglio contro l’NRF nella regione Andarab di Baghlan. Il 12 luglio il leader NRF Ahmad Massoud ha sostenuto che la sua resistenza ha all’attivo 3.000 combattenti armati.

Sul territorio afghano, come si sa, sono dislocati tanti gruppi terroristici e la maggior parte di essi, alleati di al-Qā’ida presenti in Afghanistan e in Pakistan, condividono fra loro risorse e intelligence; per questo i Governi talebano, pakistano e la Coalizione occidentale si riuniscono periodicamente in sedute volte a cooperare e trovare soluzioni ai problemi posti in essere.

 

Il Kazakhstan grazie alle sue politiche di Governo è abbastanza stabile a livello securitario. Dal 2 all’11 gennaio 2022 a Nur-Sultan (capitale), Almaty e in varie regioni specie nei principali centri urbani, si infuocarono proteste inizialmente pacifiche ma poi degenerate nella violenza con scontri, incendi dolosi e saccheggi, causate in primis dall’aumento del “carovita” ma anche da autoritarismo ed altri problemi, al punto che il Governo dovette richiedere aiuto ai Paesi vicini facenti parte dell’OTSC (Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva, o anche CSTO, come la nostra NATO ma a guida russa), con l’intervento di Russia (soprattutto), Bielorussia, Tagikistan, Kirghizistan e Armenia, il tutto infine risolto pacificamente tranquillizzando la popolazione e sedando le rivolte attraverso la diminuzione del prezzo del metano, in aggiunta alle dimissioni del Premier Asqar Mamın e del Presidente del Consiglio di Sicurezza Nursultan Nazarbayev. Durante la crisi il Governo kazako ha ricevuto telefonate da UE, USA, Turchia, OSCE e ONU per auspicare la fine dei disordini e una risoluzione pacifica garantendo il rispetto dei diritti umani. Nonostante la buona riuscita delle operazioni, il bilancio è stato di 16 morti e 317 feriti tra militari/poliziotti, 26 manifestanti uccisi, 2.000 arresti e 1.000 feriti, ma i decessi in totale furono 232. Tuttavia, con la situazione securitaria tornata sotto controllo, il Governo mantiene alta l’allerta di possibili sommosse locali e attentati terroristici, soprattutto nelle parti sud e ovest del Paese, con le Forze di Sicurezza che conducono operazioni di polizia su gran parte del territorio nazionale.

Come precedentemente trattato, data la forte insicurezza afghana dall’agosto 2021, il Kazakistan collabora molto su questo piano con i vicini “Stan” quali Turkmenistan, Tagikistan, Kirghizistan e Uzbekistan per la sicurezza e la cooperazione regionali instaurando un dialogo con i Talebani, in funzione delle nuove sfide che il futuro porrà di fronte. Questi cinque Paesi (c.d. “5 Stan”) dell’Asia Centrale dal 2018 hanno intenzione di formare insieme un’area economica comune, in grado di allacciare rapporti con UE e USA per compensare l’influenza di Cina e Russia. Tutti e cinque sono attraversati dalle rotte commerciali della B&R Initiative, colossale progetto infrastrutturale e di supporto agli scambi ideato dal Presidente cinese Xi Jinping nel 2013 per collegare logisticamente Europa e Asia. Negli primi anni 2000 la Cina creò l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO), in pratica una NATO asiatica, per gestire gli sforzi nella sicurezza e nella lotta al terrorismo nella Regione.

Il 5 giugno 2022 il popolo kazako votò al referendum sugli emendamenti costituzionali proposti dal Presidente (Pres.) Tokayev, visti da alcuni osservatori come tentativo di prevenire un nuovo ritorno al Governo di Nazarbayev, limitando i poteri presidenziali e vietando anche a suoi parenti di avere cariche governative. Durante il 19° EU-Kazakhstan Cooperation Council tenutosi il 20 giugno, l’UE accolse i risultati del referendum ma evidenziò la necessità di investigazioni indipendenti sui disordini di gennaio. Il 17 giugno in una sessione plenaria col Pres. russo Vladimir Putin, Tokayev rigettò la sua affermazione che l’ex-URSS era la “Russia storica” e rigettò anche di riconoscere le Repubbliche Popolari di Donetsk e Luhansk nell’est-Ucraina come Stati indipendenti dichiarati dalla Russia a febbraio.

 

Parlando dell’attuale situazione sicurezza in Kirghizistan, in seguito a povertà e tensioni sociali, il Paese oggi deve affrontare grandi sfide. Dopo le elezioni parlamentari del 28 novembre 2021, persistono ancora tensioni politiche. Ulteriori disordini, come quelli verificatisi dopo le elezioni dell’ottobre 2020, sono sempre possibili. In caso di dimostrazioni vi è pericolo di tumulti e scontri violenti con le forze di sicurezza. Non si escludono comunque attentati terroristici.

Per quanto riguarda le zone a rischio, i pericoli non possono essere circoscritti esattamente a una precisa regione. Nel sud del Paese nelle città di Jalalabad, Osh e dintorni persistono latenti tensioni interetniche. Singoli eventi possono innescare recrudescenze locali a breve termine, specie quando le tensioni aumentano in concomitanza con elezoni. Il Kirghizistan è rispettivamente in disaccordo con Tagikistan e Uzbekistan sulla definizione del tracciato esatto delle frontiere. Perciò, le zone di confine della regione (oblast) di Batken sono sporadicamente teatro di dimostrazioni, scontri violenti tra popolazione kirghisa e tagica, e sparatorie tra forze di sicurezza dei tre Paesi confinanti: tali eventi causano spesso vittime e feriti, e i valichi di frontiera tra i tre Stati sono talvolta chiusi.

La criminalità nel Paese è relativamente alta con borseggi, rapine, aggressioni, ecc.

Il Kirghizistan il 20-21 luglio (2022) ha ospitato i leaders di Uzbekistan, Tagikistan, Kazakistan e Turkmenistan nella cittadina di Cholpon-Ata, sul Lago Issyk-Kul, per discutere della cooperazione politico-economica in seguito a guerra in Ucraina, pandemia COVID-19, disordini sociali e situazione attuale in Afghanistan. Il vertice ha segnato la prima raccolta dei Capi di Stato regionali dall’invasione russa dell’Ucraina il 24 febbraio e è terminato con l’impegno di incrementare la cooperazione. Tagikistan e Turkmenistan, tuttavia, non firmarono il trattato in cui i Paesi si impegnavano a “amicizia, buon vicinato e cooperazione”, citando le procedure domestiche.

Il noto leader criminale Chyngyz Dzhumagulov, che le autorità il 15 luglio detennero per traffici, il 30 luglio fu pugnalato dal suo compagno di cella nella struttura di detenzione in Bishkek; Dzhumagulov secondo quanto riferito aveva collegamenti col “kingpin” (boss) Kamchybek Kolbayev, per il quale gli USA offrirono 1 milione di dollari di ricompensa.

 

Riguardo alla situazione in Tagikistan, è importante sapere che dal 1992 al 1997 il Paese è stato teatro di una guerra civile e dopo un accordo globale di pace la situazione politica interna ha avuto uno sviluppo sostanzialmente positivo; tuttavia permane possibile un repentino peggioramento delle condizioni di sicurezza anche a causa della situazione economica tesa.

Il 6 novembre 2019 dei terroristi hanno attaccato un posto di frontiera tagico nel distretto di Rudaki al confine uzbeko provocando vari morti. Il 29 luglio 2018 nel distretto di Danghara un’automobile ha investito un gruppo di ciclisti provenienti da USA, Paesi Bassi, Svizzera e Francia, i conducenti del veicolo hanno poi aggredito i malcapitati con dei coltelli, uccidendone 4 e ferendone 2.

Occorre considerare quindi l’eventualità di ulteriori attentati, con obiettivo anche luoghi e infrastrutture frequentate da stranieri (es. ristoranti, ecc.). Capita che le autorità tagiche impediscano a corto termine proprio di viaggiare in alcune regioni poiché tumulti sono sempre possibili.

Riguardo le zone a rischio, i pericoli non possono essere circoscritti esattamente a una precisa regione. Nella zona di confine col Kirghizistan, a causa del disaccordo sul tracciato esatto delle frontiere tra i due Paesi, i dintorni della provincia di Sughd sono spesso teatro di dimostrazioni, scontri violenti tra tagiki-kirghisi e sparatorie tra le rispettive forze di sicurezza, che hanno ripetutamente causato numerose vittime e feriti. I valichi di frontiera tra Tagikistan e Kirghizistan sono chiusi. Nella zona di confine con l’Afghanistan, nel luglio 2021 la precaria situazione di sicurezza afghana ha aumentato le tensioni nella regione tagica confinante. Sul versante tagico atterrano regolarmente ordigni inesplosi dalle battaglie in Afghanistan. Non sono escluse infiltrazioni di gruppi terroristici o sparatorie oltre confine con scontri tra contrabbandieri e forze di sicurezza, oltre a sporadici sequestri, per cui le truppe tagiche hanno aumentato la loro presenza sul confine e capita appunto che le autorità tagiche sbarrino le strade nella zona. Nella Provincia Autonoma Kuhistoni Badakhshon (GBAO) esistono tensioni tra le autorità di Dushanbe e una parte della popolazione, tanto che il Governo centrale può vietare temporaneamente agli stranieri di accedevi. Occasionalmente si verificano manifestazioni e blocchi stradali che possono portare a scontri violenti con le forze di sicurezza: i tumulti di maggio (2022) provocarono diverse vittime e feriti. Si registrano anche sporadici scontri armati tra le forze dell’ordine e persone coinvolte in traffici illegali, colpendo magari anche chi non è coinvolto. La microcriminalità è in aumento, con furti isolati, delitti violenti, ecc.

Il Pres. tagiko Rahmon ha visitato il Kirghizistan assieme ai leaders provenienti dai 5 Stati dell’Asia Centrale in un vertice (descritto prima) progettato per rafforzare la cooperazione regionale. Il 25 luglio 146 tra donne e bambini furono rimpatriati in Tagikistan dai campi rifugiati in Siria, dove tenuti parenti di militanti ISIS erano secondo quanto riferito.

 

Riguardo il Turkmenistan, essendo abbastanza stabile, non si segnalano al momento sia nella capitale Ashgabat sia nei principali centri urbani del Paese (Turkmenabad, Turkmenbashi, Mary) particolari criticità per l’ordine pubblico. Dato che il terrorismo rappresenta comunque una minaccia globale, nessun Paese può essere considerato completamente esente dal rischio di episodi ricollegabili a tale fenomeno, neanche in Turkmenistan.

Le frontiere con l’Afghanistan sono da considerarsi rischiose a causa dell’insicurezza che vi regna. La zona lungo il confine con l’Iran, eccetto il valico di frontiera, è interdetta all’accesso.

Data la grande presenza della polizia, il tasso di criminalità nel Paese è relativamente basso.

Quindi, come si può notare, la situazione sicurezza in Turkmenistan non presenta particolari problematiche.

 

Arriviamo così all’Uzbekistan, in cui nonostante la calma apparente possono esserci certe tensioni politiche. Occorre però tenere presente anche l’instabilità che regna nel vicino Afghanistan.

A inizio luglio 2022, nella capitale della Regione Autonoma Karakalpakstan scoppiarono violente manifestazioni con scontri tra manifestanti e forze di sicurezza, con numerose persone ferite o uccise; ad oggi la situazione si è apparentemente calmata ma rimane comunque tesa.

In tutto il Paese non si esclude il rischio di attacchi terroristici. Riguardo le zone a rischio, i pericoli non possono essere esattamente circoscritti a una precisa regione. In passato, episodi di terrorismo o di tensione politica hanno portato alla temporanea chiusura di alcuni tratti frontalieri.

La frontiera con l’Afghanistan, data l’insicurezza che vi regna, è consigliato evitarla, come anche le frontiere con Tagikistan e Kirghizistan perché minate, soprattutto la parte meridionale della Fergana Valley. Un po’ di tempo fa, Uzbekistan e Kirghizistan erano in disaccordo sulla definizione esatta delle frontiere, tanto che dette zone sono state spesso teatro di sparatorie tra le rispettive forze di sicurezza dei due Paesi: può capitare infatti che alcuni valichi di frontiera vengano temporaneamente chiusi senza preavviso proprio per questi problemi.

Nel Paese è presente microcriminalità con singole aggressioni, furti, ecc.; nei centri in cui vi è grande affluenza turistica la Polizia uzbeka ha creato apposite unità per assistere i turisti, chiamate Safe Tourism Units.

Il 1° luglio scoppiarono proteste a Nukus, capitale regionale del Karakalpakstan, in seguito agli emendamenti costituzionali proposti dal Pres. Mirziyoev che avrebbero, tra le altre cose, terminato il diritto della regione di perseguire l’indipendenza: a migliaia di riversarono nelle strade in dimostrazioni apparentemente pacifiche, tuttavia la violenza aumentò rapidamente con lo scontrarsi della polizia con i manifestanti, richiedendo al Governo di sospendere internet e servizi telefonici e il 3 luglio impose lo stato d’emergenza, terminato il 21 luglio. Il 2 luglio Mirziyoev visitò Nukus e annunciò la decisione di inversione sugli emendamenti proposti, facendo finire le proteste. Dal 26 luglio i servizi internet sono stati ripristinati. Il Procuratore generale il 4 luglio disse che almeno 18 furono uccisi, oltre 200 feriti e altri 516 detenuti dall’1-2 luglio. Il gruppo per i diritti umani Open Dialogue Foundation il 20 luglio riportò che 300 persone rimasero dietro le sbarre e dozzine ancora mancavano. Il 4 luglio l’UE appellò per una “aperta e indipendente investigazione” e al il Governo di “garantire i diritti umani”; USA e ONU il 5 luglio echeggiarono queste richieste, con l’America che appellò per una “risoluzione pacifica”. Mirziyoev il 6 luglio disse che la commissione nominata a investigare i disordini includerà attivisti indipendenti e altri membri del pubblico. Le autorità il 5 luglio riportarono bombardamenti vicino al confine con l’Afghanistan: 5 missili atterrarono nella città di Termez nella regione Surxondaryo, danneggiando edifici; nessun gruppo rivendicò responsabilità per l’attacco. Più tardi nel mese, durante la conferenza internazionale sull’Afghanistan ospitata dall’Uzbekistan, il Pres. Mirziyoev il 26 luglio appellò ai Talebani di “prendere misure decisive a prevenire e contrastare il terrorismo” e di “rompere i legami con tutte le organizzazioni terroristiche internazionali”. Il 20-21 luglio si tenne in Kirghizistan un vertice tra i 5 Stan per la cooperazione e la sicurezza regionali, a cui partecipò il Presidente uzbeko.

In Uzbekistan il maggior problema attuale è rappresentato dall’Islamic Movement of Uzbekistan, fondato nei tardi anni ’90, il loro scopo delle operazioni è proprio lanciare attacchi in tutto il territorio uzbeko, inoltre il gruppo ha basi in Afghanistan e nel Nord Waziristan (parte delle F.A.T.A. nel nord-ovest del Pakistan in prossimità del confine afghano). L’Uzbekistan, nonostante sia ritenuto uno dei regimi più repressivi del mondo, è stato uno dei partner chiave nel supportare gli sforzi internazionali in Afghanistan col sistema logistico North Distribution Network al servizio delle truppe NATO operanti in territorio afghano.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dopo aver quindi analizzato ogni singolo Stato, ognuno con la propria situazione di instabilità, stabilità o sviluppo, si è comparato il tutto con la realtà afghana e le dinamiche tra essi con i loro rapporti e le sfide a cui devono far fronte, che siano esse interne o internazionali regionali, riflettendo sui possibili, anche se c’è sempre un margine di incognita, futuri scenari nell’area; ne sono scaturite così delle riflessioni e valutazioni (esclusivamente personali) per magari poter stabilizzare, o anche migliorare, in qualche modo la situazione corrente specialmente riguardo l’Afghanistan.

Si è notato che per alcuni Stati, come i tre vicini Tajikistan, Kirghizistan e Uzbekistan, i maggiori problemi nelle loro relazioni sono rappresentati dalla demarcazione dei confini nazionali terrestri per cui ne conseguono spesso incidenti e piccole schermaglie sulle frontiere tra le rispettive Forze di Sicurezza che sorvegliano e pattugliano quotidianamente le frontiere.

Da non sottovalutare sono anche i problemi derivanti dallo sfruttamento dei bacini idrici da parte dei singoli Paesi – l’acqua, risorsa sempre più preziosa che va nel tempo scarseggiando e i Governi in questa regione non riescono a garantirne la costante disponibilità – che porta talvolta a incidenti se non a scontri interstatali per crisi scaturite da malfunzionamenti di impianti idrici, specie nelle zone di confine: prendiamo ad esempio il conflitto durato pochi giorni da fine aprile a inizio maggio 2021, quando a causa di uno stallo appunto di un impianto dell’acqua si è arrivati a scontrarsi duramente tra gli eserciti tagiko e kirghiso, con anche colpi di artiglieria pesante, al confine tra le due Nazioni, con alla fine un bilancio di oltre 50 morti, centinaia di feriti e migliaia di sfollati evacuati dai centri abitati nelle zone di frontiera da entrambe le parti; la controversia si è risolta con un impegno da parte da entrambi i contendenti di demarcare (forse definitivamente) i confini tagiko-kirghisi e a garantire l’apporto idrico giornaliero costante agli abitanti nelle zone di frontiera. La risoluzione definitiva dei problemi dei confini sarebbe auspicabile, ma non è così facile negoziare su essi.

Per questi problemi che spesso portano a dispute diplomatiche e scontri tra le forze di sicurezza sui confini, Kazakhstan, Kirghizstan, Tajikhstan, Turkmenistan e Uzbekhstan si riuniscono periodicamente in vertici per rafforzare la cooperazione economico-securitaria tra essi, risolvere quelle “scaramucce” che rischiano sempre di accendere conflitti, e pianificare come affrontare nuove sfide nella regione dell’Asia Centrale, specialmente adesso che il vicino Afghanistan è soggetto a una forte insicurezza interna. Se questi 5 Stan riuscissero a cooperare anche con l’Afghanistan potrebbero arginare insieme il problema terrorismo e ridurlo solo a quell’area lì dell’Asia Centrale, impedendo che ciò si possa propagare e far danni in giro per il mondo. Cosa ahimè non facile e sempre più complessa, per cui non ci sono piani ed operazioni “standard”, ma siccome il terrorismo è decisamente imprevedibile e non si hanno tutte le risposte pronte, sia nel prevenirlo che nel contrastarlo ci vuole imprevedibilità anche da parte degli Stati per reprimere questo grosso problema: perché come noi studiamo nuovi modi per fronteggiarlo anche i terroristi studiano noi ed la nostra modalità di risposta che, se attuata sempre alla stessa maniera, diventa prevedibile nel tempo e quindi “obsoleta” per chi del terrore e del male ne vota la sua stessa esistenza, a partire dall’approccio psicologico e vari seri problemi personali che stanno alla base di tale decisione.

L’Emirato Islamico afghano potrebbe ben accogliere la volontà degli altri Stan, in primis il Kazakistan e un po’ meno Tagikistan e Turkmenistan, di cercare un dialogo e una possibile cooperazione, dato che attualmente sono poche le realtà sul piano internazionale che riconoscono ufficialmente il nuovo Governo guidato dai Talebani. Per iniziare una qualsiasi cooperazione internazionale con l’Afghanistan, bisogna però prima tentare di migliorare, o quanto meno stabilizzare la situazione sicurezza, aiutando gli Afghani sotto vari punti di vista. Per prima cosa, dato che i maggiori gruppi terroristici, tra cui ISKP e Islamic Movement of Uzbekistan, rappresentano una minaccia non indifferente per l’Asia Centrale, specie per Uzbekistan, Tagikistan, Kirghizistan e soprattutto in Afghanistan, è necessario pianificare ed eseguire operazioni antiterroristiche mirate proprio contro le cellule e i loro capi, individuandone i punti più critici in cui colpire provocando loro il massimo danno possibile così da ridurne le capacità offensive, i mezzi e le risorse umane, scombussolandone i piani: ciò non è da intendersi come attività di repressione o “in risposta a”, ma più sul piano della proattività col fine di prevenire e prevedere probabili atti andando a debilitare proprio le forze per pianificarli e commetterli, impedendone altresì di avere contatti o comunque collaborare sì tra di loro ma anche con entità statali corrotte ed organizzazioni criminali locali e internazionali/transnazionali. Il Governo talebano, inoltre, potrebbe iniziare a cooperare proprio con quelle Nazioni che finora lo hanno riconosciuto ufficialmente, in primis il Qatar, chiedendo magari anche la loro mediazione per incontri importanti con tutta la comunità internazionale, ma per ottenere ciò i Talebani dovrebbero continuare a garantire la totale fermezza nel contrastare atti e gruppi terroristici dimostrando nel tempo la buona volontà di allacciare in qualche modo un dialogo, specialmente con gli Stan a nord, ed aprirsi verso il mondo, per raggiungere così una “dimensione internazionale”: perché se c’è una discreta sicurezza all’interno del Paese, in aggiunta a un Governo saldo e forte, nonché all’apertura verso nuove opportunità economiche estere, c’è anche la probabilità di attirare investitori e far ripartire così l’economia e una vita un po’ più “normale” per la popolazione garantendone i diritti umani.

 

In conclusione, l’analisi verteva sull’esaminare i Paesi trovando poi un nesso per una possibile cooperazione ed inclusione regionale dell’Afghanistan sui piani economico, politico e securitario, poiché aiutarsi a vicenda serve a non rimanere isolati e poter così comunicare col resto del mondo, anche se magari “non si è tanto simpatici o graditi” ad alcune Nazioni.

È importante quindi conoscere la Storia e la Geografia per comprendere il presente e affrontare il futuro, qualsiasi sfida esso ci pari di fronte. Perché il mondo va avanti e i tempi cambiano, ma le basi dei rapporti umani come quelli internazionali sono e restano quelle di sempre. Le sfide nel tempo diventano sempre più complesse con guerre, insurrezioni, rivolte, fame, invasioni, malattie, crisi economiche e salari molto bassi (ad esempio Paesi in cui il reddito pro-capite è minore o uguale a 2$/giorno). Come sappiamo, il mondo è vasto, vario e interessante, ogni Stato ha caratteristiche, particolarità, dettagli, tradizioni e abitanti peculiari, il tutto è una sorta di “disordine armonioso”: non vi è punto di vista “bianco o nero”, non ci sono risposte chiare a tutto, ma se veramente vogliamo capire la complessità del mondo in cui viviamo dobbiamo studiare e comprendere le altre culture, facendo anche la conoscenza di persone estere, immedesimandoci nell’altro e nel suo modo di vedere e concepire le cose. Questo dovrebbe valere per tutti gli esseri umani come per ogni singolo Stato, poiché esso deve poter cooperare e relazionarsi internazionalmente ed avere così una sua realtà conosciuta, apprezzata o meno, e proiettata nel panorama mondiale, tentando di prevenire i conflitti e mantenendo un dialogo sempre possibile e aperto con tutte le altre Nazioni.

Per terminare le riflessioni, i pensieri, le idee e le conclusioni finali fin qui esposte, assolutamente ed esclusivamente personali, finisco con il detto latino, sempre attuale in questi tempi, “Virtus unita fortior” ossia “Nell’unione la capacità si rafforza”.