DON IGINO LEGA E FERNANDO BERARDINI – M.O.V.M. DI NOVEMBRE

  

LEGA DON IGINO

Tenente cappellano

Di nobile ed industriosa famiglia romagnola, fu ordinato sacerdote nel maggio 1940. Chiamato alle armi come tenente cappellano nel settembre dello stesso anno, prestò la sua opera presso l’ospedale da campo 515, mobilitato per circa quattro mesi nella zona di Trieste e congedato nel maggio 1941. Nel febbraio del 1942, richiamato, fu messo a disposizione della Marina ed inviato a Lero per l’assistenza spirituale del presidio di quella base navale allora comandata dall’ammiraglio Mascherpa. Sopraggiunto l’armistizio, travolta la resistenza dell’isola dai preponderanti attacchi tedeschi, volle seguire le sorti degli sfortunati combattenti nelle loro tappe verso i campi di prigionia in Germania. Rimpatriato fra gli ammalati nel settembre 1945, e presentatosi al Centro Raccolta di Marina di Venezia, fu congedato il 6 febbraio 1946. Sacerdote di notevole cultura ed autore di pubblicazioni ed opuscoli di carattere religioso, insegnò per quattro anni lettere e filosofia nella Scuola apostolica di Roncovero (Piacenza) e fu direttore spirituale delle A.C.L.I. di Bassano. In seguito ad incidente automobilistico morì a Varese il 23 marzo 1951.

«Cappellano militare del Presidio di isola lontana dalla Patria e sotto posta a soverchiante e prolungato assedio, dava ogni propria energia, superando disagi e pericoli, nell’assistenza spirituale e religiosa dei militari della guarnigione. Divenute precarie le condizioni del presidio, frazionato in nuclei isolati dall’azione nemica, proseguiva a piedi — per vie dirute e battute dal fuoco — il proprio apostolato, recandosi, anche allo stremo delle forze e sanguinante nei piedi, sui monti ove ferveva la lotta ed ovunque i morenti ed i sopravvissuti lo richiedessero, esponendo la vita con superba serenità e gravissimi rischi. Nell’imminenza dell’attacco decisivo all’isola, riusciva a raggiungere batteria circondata dal nemico; durante cinque giorni di aspri combattimenti, partecipando al combattimento come servente di cannone, era centro animatore di fede e di amor patrio per il personale duramente provato dall’impari e lunga lotta. Caduta l’isola, fisicamente sfinito, radunava i superstiti in attesa di feroce rappresaglia attorno all’Altare e celebrava il servizio religioso levando alla presenza del nemico interdetto l’invocazione all’Italia, ripetuta dai presenti. Esempio altissimo di immacolata fede, di virile coraggio e di grande amore di PatriaLero, 8 settembre – 16 novembre 1943.

 

BERARDINI FERNANDO

Tenente s.p.e. genio, reggimento Marina «S. Marco»

Figlio di valoroso combattente e mutilato della prima guerra mondiale, conseguita la maturità classica, entrò a 18 anni nell’Accademia Militare di Torino e nel 1938 ottenne la nomina a sottotenente del Genio. Dopo il primo anno di corso di applicazione d’arma, per lo scoppio delle prime ostilità in Europa della seconda guerra mondiale, prestò servizio, nell’estate del 1939 presso il 9° rgt. genio in Trani, e quindi rientrò in Torino ove completò, col secondo corso, la Scuola d’applicazione del genio. Promosso tenente e destinato all’8° rgt. genio in Roma, chiese di essere inviato in zona di operazioni, e raggiunse la 47ª Divisione «Bari», presso la quale prestò servizio nel Genio divisionale. Quindi, volontario, conseguì il brevetto di «guastatore» in Civitavecchia e, subito dopo, venne inviato a Pavia, ove frequentò il corso di «perfezionamento» d’arma presso il Centro studi ed esperienze del genio. Rientrato all’8° rgt. nel maggio 1941, ottenne, nel successivo novembre, l’assegnazione al XXX btg. «guastatori» in Ronchi dei Legionari, e dopo alcuni mesi di servizio venne assegnato, volontario, fra «guastatori scelti», al rgt. di Marina «S. Marco» in Pola. Quivi gli fu affidato il comando e l‘addestramento del «reparto speciale» di «sabotatori-nuotatori» del «S. Marco» formato di marinai e di guastatori scelti del genio. Ricevuto l’ordine di partire per la zona di operazioni con un primo gruppo di «sabotatori-nuotatori», raggiunse, per via aerea, l’A.S. nella zona di Marsa Matruch. Protagonista dell’ardita impresa di sbarco e sabotaggio effettuata nella notte sul 3 sett. 1942 – che portò alla interruzione dell’acquedotto e della linea ferroviaria fra Alessandria ed El Alamein, con la distruzione di un convoglio carico di munizioni – cadde in mano nemica nei pressi di Alessandria d’Egitto, ma dopo quattro tentativi di evasione – dalla Palestina, da un piroscafo inglese nel Mar Rosso, dal Sudan e dall’Egitto – riuscì nel quinto ad evadere dall’Egitto imbarcandosi clandestinamente a Porto Said su un piroscafo inglese, dal quale sbarcava a Taranto il 20 nov. 1944. Conseguiti anche i brevetti di paracadutista e di pilota civile di 2° grado internazionale, fu promosso capitano e successivamente collocato in congedo assoluto nel giugno 1958 ed iscritto nel R.O. col grado di magg. Già iscritto al Politecnico di Torino, conseguì nella Università di Roma la laurea in ingegneria industriale meccanica nel 1942 e quella in ingegneria civile edile nel 1946. E’ deceduto a Roma il 4 novembre 1991.

“Ufficiale del “Reggimento San Marco”, passato volontariamente ad un reparto nuotatori-sabotatori, compiva alla testa di un drappello una difficile missione di sbarco su costa avversaria ad oltre settanta chilometri dal fronte. Nel corso dell’ardita operazione faceva saltare un treno carico di munizioni, una linea ferroviaria, un acquedotto e veniva poi catturato da forze preponderanti. Durante la prigionia tentava, con gravissimo rischio cinque volte la fuga. In uno di questi tentativi attraversava a nuoto, febbricitante, un’ampia rada infestata da squali, riuscendo in un primo tempo a dare dettagliate notizie sulla missione compiuta al comando da cui dipendeva ed in un secondo tempo a raggiungere clandestinamente la Patria. Fulgido esempio di ardimento e di indomabile spirito combattivo.” 3 aprile 1942 – 20 novembre 1944

Altre decorazioni: M.A. sul campo (A.S., sett. 1942)

“Al comando guastatori del Battaglione San Marco, di nottetempo, da una nostra base avanzata, guidava i suoi ad un’ardita operazione contro le retrovie avversarie, portandola a termine, e dando prova di grande audacia e sereno sprezzo del pericolo” (Africa Settentrionale, settembre 1942)