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LA SENTENZA

Rapper ballò sul Sacrario di Redipuglia, condanna confermata a Owusu

Confermata la condanna di primo grado al rapper Owusu e suo amico Piras, annunciato ricorso in Cassazione. Il sindaco: «Legge uguale per tutti».

Non sono bastate né le argomentazioni del collegio difensivo del rapper Justin Owusu e del suo amico Mattia Antonio Piras – rappresentati rispettivamente dagli avvocati Monica Lauzzana e Daniele Vidal –, né quelle della procura generale, che aveva chiesto l’assoluzione per la «particolare tenuità del fatto», a smuovere i giudici della Corte d’appello di Trieste. Nel pomeriggio di ieri è stata confermata la condanna a 8 mesi di reclusione, per Owusu, e a 6 mesi, per Piras, emessa nel 2020 dal giudice di Gorizia Marcello Coppari.

La vicenda risale a più di sei anni fa, quando il 10 aprile del 2017 fu pubblicato su Youtube il video “Csi: Chi sbaglia impara”. In alcuni frame del video i due giovani friulani si muovevano a ritmo del pezzo rap in sottofondo tra i gradoni del Sacrario militare di Redipuglia, dove riposano le spoglie di 100mila caduti della Grande guerra. Una condotta che costò loro l’accusa di violazione dell’articolo 408 del Codice penale per vilipendio delle tombe.

Il breve filmato aveva suscitato un notevole clamore, arrivando a catturare l’attenzione anche dei media nazionali, oltre alla condanna di alcuni esponenti politici impegnati nella campagna elettorale. Ma, secondo Vidal, “quella fattispecie di reato non ha nulla a che fare con quanto fatto da Owusu e Piras, poiché le registrazioni non avevano assolutamente un intento denigratorio nei confronti dei caduti”. “Piuttosto – continua sempre il legale – si può discutere se si trattasse di una forma d’arte, che può piacere o meno ma non ha rilevanza penale, o di una mera “pagliacciata”, come definita dal procuratore generale”.

Il timore principale del difensore è che le origini africane di Owusu abbiano giocato a suo sfavore: “Sono sicuro che il trattamento sarebbe stato ben diverso se a girare il video fosse stato un gruppo di danzerini friulani con ai piedi i tradizionali scarpèts. Il testo della canzone, infatti, non ha nulla di offensivo e questo è sempre stato riconosciuto sia in sede di indagini che nel procedimento di primo grado”. Si dovrà attendere tre mesi, prima di conoscere le motivazioni che hanno portato il collegio giudicante a confermare la condanna di primo grado. Ma una cosa è certa, dichiara Vidal: “Ricorreremo in Cassazione”.

Per il difensore, “sarà un capitolo interessante perché, nonostante ritengo si tratti di una tempesta in un bicchier d’acqua, vi è una scarsissima giurisprudenza in merito”. “La legge è uguale per tutti – chiosa il sindaco Cristiana Pisano – per cui se sul Sacrario, che ricordiamolo è un cimitero, per esempio non è permesso andare con il cane né in bicicletta, figuriamoci fare i balletti rap. L’articolo del Codice penale che si riferisce a quel tipo di violazione parla chiaro: al luogo si deve adeguato rispetto. Quel rispetto che la comunità di Fogliano Redipuglia riserva abitualmente ai nostri caduti, siano essi i centomila del Sacrario o i 14mila dell’Austroungarico”.

“La sentenza è stata confermata ed è un segnale giusto – ribadisce il consigliere regionale Antonio Calligaris, all’epoca dei fatti sindaco di Fogliano Redipuglia – perché arriva in un momento storico in cui va di moda imbrattare i monumenti storici per protesta. Sono stati messi paletti importanti per il rispetto di monumenti e luoghi sacri”. “Sul Sacrario sono stati realizzati concerti e manifestazioni artistiche ma tutte hanno avuto l’autorizzazione a seguito di apposite richieste e di controllo da parte delle autorità preposte. Nel caso specifico si tratta di una mancanza anche in tal senso”, conclude Calligaris.