Giorgio Madeddu, Il Cimitero Militare Italiano all’Asinara – Anno 1916. Necessità di un restauro per una questione di dignità

  

Il Cimitero Militare Italiano all’Asinara – Anno  1916                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                     

Necessità di un restauro per una questione di dignità

 

Giorgio Madeddu

 

L’Asinara è una piccola isola del nord ovest della Sardegna, amministrativamente appartenente al Comune di Porto Torres dal quale dista circa 25 km. (porticciolo di Cala Reale), il punto più vicino alla Sardegna risulta essere il porticciolo di Fornelli che dista circa 4 km dal Comune di Stintino. L’isola, raggiungibile solo via mare, ha lunghezza massima di circa 18 Km e la larghezza massima risulta di circa 7 Km.

A seguito della riforma del sistema carcerario del Regno d’Italia, i bagni penali subiscono l’evoluzione in colonie penali, riservate per lo più a condannati per gravi reati destinati a scontare la pena ai lavori forzati agricoli.

La colonia penale e la stazione sanitaria dell’Asinara prendono così corpo nel 1885.

A partire dal mese di agosto 1915, sull’Asinara arriva un primo contingente di prigionieri di guerra austro ungarici catturati nelle fronti di combattimento italiane, mentre dalla seconda metà del seguente dicembre e per buona parte del mese di gennaio 1916, giungono da Valona circa 25.000 prigionieri di guerra austro ungarici, reduci da quella che è ricordata come “la marcia della morte nei Balcani”. Le condizioni psico fisiche dei prigionieri appaiono subito drammatiche, gli stenti e la fame patiti durante la marcia avevano provocato il diffondersi di gravi malattie che debilitavano ulteriormente la salute dei prigionieri, tra queste, una violenta epidemia di colera scoppiata a Valona poco prima della partenza per l’Italia.

Alla custodia dei prigionieri sono destinate: in località Cala Reale, due compagnie del 319° Milizia Territoriale (M.T.); in località Campo Perdu, tre compagnie, una del 234° M.T. e due del 320° M.T.; in località Stretti, tre compagnie del 234° M.T.; in località Tumbarino, una del 220° M.T. mentre nella località Fornelli sono impiegate tre compagnie del 220° M.T. in tutto circa mille uomini di truppa e relativi ufficiali.

Tra il 26 e il 27 febbraio 1916 giungono da Durazzo 500 soldati italiani, tutti affetti dal contagiosissimo morbo; per i nostri soldati vengono allestiti idonei alloggiamenti e luoghi di cura, purtroppo nelle giornate del 3 e 4 marzo alcuni militari italiani muoiono.

“Perché i cadaveri dei soldati italiani fossero nettamente distinti da quelli dei prigionieri, fu costruito un cimitero presso la vecchia fornace di calce a Campo Perdu, e si chiamò: Cimitero Italiano. Esso fu recinto da un muro con cancello e fra i vari monumentini, che l’affetto dei commilitoni innalzo ai morti, si eleva la statua del Redentore.”[1]

La realizzazione del cimitero costa all’amministrazione militare la somma di lire 1.240.[2]

La statua del Redentore è stata realizzata dall’artista ungherese Georg Vemess, autore di altre produzioni artistiche ormai quasi completamente perdute, tra esse le statue dei Santi Efisio e Gavino.

 

Il “CIMITERO ITALIANO ANNO 1916”, come si legge dalla scritta al suo interno, adorna della stella a cinque punte dell’esercito italiano è utilizzato per la sepoltura dei soldati italiani certamente sino al 1919, ma non si può escludere che sia stato impiegato anche in epoche successive considerato che l’Asinara ha accolto, anche dopo la Prima Guerra, prigionieri di diverse nazionalità.

I nominativi dei soldati italiani deceduti nel periodo 1916 – 1919, sono riportati su una lapide probabilmente posta su una fossa comune e su alcune tombe singole ancora oggi visibili. Ulteriori nominativi di caduti sull’Asinara sono emersi consultando l’Albo d’Oro dei Caduti della Grande Guerra.

Un numero rilevante di nominativi dei caduti presenti sulla lapide non risulta sull’Albo d’Oro dei Caduti della Grande Guerra; per i militari sardi, apposita verifica effettuata nei ruoli Matricolari del Distretto Militare di Cagliari[3] e sui Registri degli Atti di Morte dei Comuni di nascita[4], ha evidenziato che i soldati oggetto della ricerca hanno prestato servizio all’Asinara e sull’isola sono morti. Pertanto, anche la memoria di questi uomini deve essere recuperata e onorata nel ricordo degli italiani. Per i nominativi di tutti i caduti sull’isola vedasi le tabelle in calce.

Il Cimitero oggi appare gravemente compromesso, il muro perimetrale è interessato da rilevanti crolli, gran parte delle sepolture sono state completamente danneggiate, anche da animali selvatici, tanto da renderle ormai non più distinguibili. Le poche sepolture ancora visibili risultano gravemente deteriorate, la lapide sepolcrale recante i nominativi dei soldati italiani risulta quasi del tutto ricoperta dalla vegetazione.

Per il Cimitero Italiano sull’Asinara non c’è più tempo!

Cosa può fare l’Istituto del Nastro Azzurro? Chi può intervenga con tutta sollecitudine possibile, la memoria dei nostri soldati caduti sull’Asinara non può essere cancellata!

[1] Ferrari G. C., Relazione del campo di prigionieri colerosi all’Isola dell’Asinara nel 1915 – 1916, Provveditorato Generale dello Stato, Roma 1929, pag. 291

[2] Ibidem, pag. 351

[3] Archivio dello Stato di Cagliari, Ruoli Matricolari anni 1880 – 1900

[4] Per le ricerche sui registri civili dei Comuni, www.familysearch.com