BARBINI GIOVANNI
Tenente di Vascello R.S.
Conseguito il diploma di capitano di lungo corso nell’Istituto nautico di Venezia nel 1921, ed arruolato in anticipazione di leva quale allievo nautico fu nominato aspirante guardiamarina nel novembre 1922. Promosso guardiamarina nel giugno 1923, prestò servizio non continuativo su unità di superficie e subacquee e assolse particolari incarichi presso il Comando Militare Marittimo dell’Alto Adriatico, la Scuola specialisti di La Spezia, il battaglione S. Marco, e la Difesa Marina Militare di Pola, ottenendo le successive promozioni a sottotenente di vascello nel marzo 1927 e a tenente di vascello nel novembre 1936. Il 19 novembre 1919 assunse il comando del cacciatorpediniere Bassini, sul quale si trovava alla dichiarazione di guerra l’11 giugno 1940. L’11 novembre 1940 ebbe temporaneamente il comando del Fabrizi di scorta ad un convoglio nelle acque del Basso Adriatico. A missione compiuta passò a disposizione del Dipartimento di Venezia e fu ricoverato in ospedale per le ferite riportate. Promosso capitano di corvetta nel luglio 1941 e capitano di fregata nel gennaio 1943 fu collocato a domanda in ausiliaria speciale nel marzo 1947. Richiamato in temporaneo servizio nel settembre 1952 ebbe successive destinazioni in Sardegna, al Comando della Nave Scuola Ebe e al Dipartimento Militare Marittimo di Venezia. Passato nella riserva nel febbraio 1955, prestò ulteriore servizio fino al luglio 1956 e fu promosso capitano di vascello dal 1° luglio 1961. Dal settembre 1956 è stato Direttore del Centro Marinaro della Fondazione Giorgio Cini e Comandante della Nave Scuola Giorgio Cini del Centro stesso. E’ morto a Rosignano Marittimo (Livorno) il 26 settembre 1998.
Comandante di torpediniera in servizio di scorta ad un convoglio, avvistate nottetempo soverchianti forze navali nemiche, si lanciava all’attacco con immediata decisione ed audace manovra. Fatto segno ad intenso fuoco nemico, si portava a distanza utile di lancio, che non poteva eseguire per le avarie al materiale prodotte dal tiro avversario; reagiva allora in modo deciso con le artiglierie attirando su di sé l’offesa nemica per dar modo ai piroscafi del convoglio di porsi in salvo. Dopo aver messo in atto ogni mezzo a sua disposizione per infliggere al nemico il massimo danno, e quando ogni azione offensiva era resa impossibile dalle condizioni di galleggiabilità della torpediniera ormai compromessa e dalla menomata efficienza delle artiglierie, manovrava per condurre l’inseguitore lontano dal campo di azione e verso i nostri campi minati. Ferito ad una gamba fin dall’inizio del combattimento, e pur perdendo sangue in abbondanza, si faceva prestare i primi soccorsi sommari solo ad azione ultimata, continuando a tenere il comando della sua unità fino all’ormeggio in una rada nazionale. Magnifico esempio di coraggio sereno, di sprezzo del pericolo e di audacia senza pari.” – Basso Adriatico, notte sul 12 novembre 1940.
Altre decorazioni: trasferito in s.p.e. per m.g. (1941)
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RUFINI MARIO
Tenente cpl. Fanteria – Partigiano combattente
Studente nella facoltà di economia e commercio nell’Università di Roma fu chiamato alle armi nel marzo 1940. Dopo aver prestato servizio nel 1° granatieri e nell’81° fanteria, fu ammesso alla Scuola allievi ufficiali di Palermo dalla quale uscì sottotenente nell’aprile 1941. Assegnato al 92° fanteria della Divisione Superga, alla dichiarazione dell’armistizio dell’8 settembre 1943 si trovava in Francia nel battaglione mitraglieri del I.C.A. Catturato e deportato in Polonia in un campo di concentramento tedesco, riusciva dopo alcuni mesi ad evadere ed a rientrare in Patria. Militò con i partigiani della Brigata di Valle Gesso in provincia di Cuneo, e comandò, sotto il nome di Roberto, la banda Entraque dipendente dalla 4^ Divisione alpina Giustizia e Libertà. Venne barbaramente fatto morire il 21 dicembre 1944.
“Comandante di formazioni partigiane capace, ardito e deciso, dava belle prove in numerosi combattimenti, particolarmente distinguendosi il 17 agosto 1944 quando in località Oros (comune di Valdieri) alla testa di una ventina di uomini respingeva, per tre volte nella stessa giornata, l’attacco di una compagnia da montagna tedesca. Caduto in mani nemiche ed offertegli vita e libertà a prezzo del suo asservimento, sdegnosamente respingeva la divisa che gli veniva presentata, pronunciando così, da se stesso, la sua sentenza di morte. Arso vivo dal barbaro nemico suggellava, con l’orribile sacrificio, la sua fede nella Patria e nella Libertà” Tetto Boa (Robilant di Cuneo) 20 novembre 1944.