MARIO ANTONIO MASTRANDREA E ALFREDO SFORZINI – M.O.V.M. DI DICEMBREDI DICEMBRE

  

MASTANDREA MARIO ANTONIO

Sottotenente complemento fanteria, XI battaglione arabo – somalo.

                  

Uscito sottotenente dalla Scuola allievi ufficiali di complemento di Salerno il 16 giugno 1932 ed assegnato al 1° reggimento fanteria, veniva congedato il 1° settembre 1933. Profilatosi il conflitto in A.O. (Africa Orientale), chiedeva più volte di parteciparvi, desiderio accolto soltanto nel luglio 1936 e, richiamato, veniva destinato al LXXXI battaglione complementare A.O. dapprima, e, successivamente, al R.C.T.C. (Regio Corpo Truppe Coloniali) della Somalia. Sbarcato a Mogadiscio il 25 novembre dopo breve tempo e cioè nel gennaio 1937, otteneva l’assegnazione al 5° raggruppamento arabo-somalo delle truppe del Governo dei Galla Sidama e con l’XI battaglione partecipava alle operazioni contro le bande ribelli di Ras Destà ed a quelle successive di polizia.

“Comandante e combattente valoroso, in tutte le azioni di guerra, si impose all’ammirazione del nemico per il suo ardire ed ai propri dipendenti per cosciente valore. Dopo aver varcato il Cassam, inseguì lungamente l’avversario, incitando in ogni istante i propri uomini con la parola e l’esempio. Sebbene lui stesso ferito, animava e rincuorava i feriti del suo reparto, fino a quando, ferito ancora e mortalmente da più pallottole, non immolava sul campo la sua giovane esistenza, tutta dedicata alla grandezza della Patria.- Fulgido esempio di elette virtù militari e di supremo sacrificio. “ Burchicché – Uorrabà, 25 – 26 dicembre 1937.

Altre decorazioni: M.B. (Medaglia Bronzo) (Chevenna – Ponte Abù, 1937)

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SFORZINI ALFREDO

Partigiano combattente

Chiamato alle armi all’inizio della Seconda guerra mondiale, fu mandato in Jugoslavia. Rientrato in Italia, Sforzini al momento dell’armistizio si trovava a Cavour, caporale in un reparto corazzato del reggimento “Cavalleggeri Monferrato”. Per non farsi catturare dai tedeschi si diede alla macchia e divenne partigiano della IV Brigata Garibaldi, operante in Val Montuoso. Presto è nominato responsabile del Servizio Informazioni. In seguito a delazione, Sforzini è sorpreso mentre si trova nella locanda “La Verna Nuova” di Cavour. È trasportato a Saluzzo e, per estorcergli informazioni, è sottoposto a indicibili torture. Non dice una parola ed è condannato a morte per impiccagione. Riportato a Cavour su un autocarro, il valoroso partigiano, quando il camion si ferma all’angolo tra piazza Statuto e via Pinerolo per l’esecuzione, con le proprie mani si mette il capestro al collo e gridando “Viva la libertà!” si butta dal suo patibolo.

“Soldato carrista, all’atto dell’armistizio anziché arrendersi ai tedeschi passò alla lotta partigiana raccogliendo attorno a sé numerosi compagni accorsi per combattere. Fu organizzatore infaticabile e capo ardimentoso. Primo fra i primi in ogni audacia finché, per delazione e tradimento cadde nelle mani del nemico. Riconosciuto per la sua fama, ebbe addosso sbirri di ogni genere che si illudevano di estorcergli rivelazioni con le torture cui lo sottoposero. Ma seppe tacere e fu condannato a morire di corda. Con le proprie mani si pose il capestro attorno al collo e, dopo aver ringraziato Iddio di avergli data la forza di non parlare, si lanciò nel vuoto dall’autocarro che costituiva l’improvvisato palco del sacrificio. Mirabile esempio di quanto possa lo spirito quando la fede lo sorregge. “– Cavour, 21 dicembre 1943.