L’ intervento americano in Vietnam (1956 – 1975)
Consalvo Dolce
Il contesto storico di riferimento
Nel 1954, con la caduta di Dien Bien Phu, roccaforte francese situata nel nord-ovest del Vietnam, l’esercito Viet Minh guidato dal generale Vo Nguyen Giap poneva fine alla guerra d’Indocina e, con essa, sanciva la conclusione del dominio francese nel paese asiatico.
Giap, il generale vittorioso, braccio militare del leader politico carismatico dei Viet Minh, Ho Chi Minh, era uno stratega militare di notevole acume, la sua strategia della “guerra prolungata” mutuata dalla Rivoluzione Cinese di Mao Zedong, aveva raggiunto lo scopo di logorare sia le truppe di occupazione sia l’opinione pubblica francese che, dopo cinque anni di guerra e 100.000 morti, cominciava a chiedersi se valesse ancora la pena continuare a combattere in quelle lontane colonie.
L’ assedio di Dien Bien Phu, protrattosi dal 13 marzo al 7 maggio 1954, e la resa del Corps expéditionnaire français en Extreme-Orient, influenzò in maniera decisiva l’andamento dei negoziati di pace e, il 21 luglio 1954, al termine della conferenza di Ginevra, la Francia abbandonava definitivamente l’intera Indocina, mentre il Vietnam veniva suddiviso temporaneamente in due distinte regioni separate lungo il 17° parallelo.
Tuttavia, gli accordi di Ginevra con la separazione del territorio in due stati distinti e la possibilità di indire elezioni nazionali per la riunificazione della Nazione, non ebbero gli esiti sperati. Infatti, la neo costituita Repubblica del Vietnam del Sud, di fatto, impediva al governo comunista di Hanoi di competere in libere consultazioni per designare il nuovo capo della nazione vietnamita.
Tale situazione alimentava una pericolosa instabilità geopolitica dell’area in quanto il Vietnam del Nord, comprendente i territori del Tonchino e di parte dell’Annam, nutriva serie aspirazioni di poter conquistare anche il Sud del Paese, riunificandolo sotto un’ unica bandiera.
In un tale contesto, gli Stati Uniti, impegnatissimi attori della “guerra fredda”, nell’ambito della loro “politica di contenimento” dell’espansione comunista, non potevano consentire che ciò avvenisse e, tra la seconda metà del 1954 e la fine del 1960, accrebbero gli sforzi per irrobustire lo stato del Sud e limitare quindi l’influenza comunista in Cocincina e nel resto dell’Annam.
Il confronto militare degli anni successivi tra nord e sud e, soprattutto, il malgoverno imperante a Saigon da parte del presidente Diem in cui gli americani e J.F. Kennedy erroneamente, avevano riposto speranze di stabilità politica, convinsero Lyndon Johnson, nel frattempo successore di Kennedy assassinato a Dallas, ad impegnarsi maggiormente nel conflitto ormai aperto.
Il 2 agosto 1964 motosiluranti nordvietnamite attaccarono il cacciatorpediniere della US Navy Maddox nel golfo del Tonchino e due giorni dopo un altro cacciatorpediniere, il Turne Joy, dovette difendersi nelle medesime acque.
In seguito a tali avvenimenti il Senato e la Camera statunitensi approvarono la c.d. “risoluzione del Golfo del Tonchino”, dando via libera al presidente Johnson, il quale, il 25 luglio 1965 comunicò alla Nazione la sua decisione di approvare i piani militari del generale Westmoreland e il conseguente invio di un consistente contingente di truppe da combattimento e di mezzi bellici con il duplice scopo di impedire il crollo del Vietnam del Sud ed ottenere una vittoria politico-militare frenando l’espansionismo comunista nell’area indocinese.
- La 1^ Divisione di Cavalleria degli Stati Uniti
Tra i Reparti che affluirono in Vietnam, la 1^ Divisione di Cavalleria Americana (1 st Air Cavalry Division) rappresentava l’elite dell’ U.S. Army e, nel contempo, la storia degli Stati Uniti in quanto erede delle “giacche blu” o “buffalo soldiers” che contribuirono alla conquista dell’Ovest americano. Inoltre, il suo 7° Reggimento, ricordava più di ogni altro l’epopea del West, avendo avuto quale Comandante il Generale George Armostrong Custer e combattuto la storica battaglia del 25 giugno 1876 al Little Big Horn.
Il Reparto, nella nuova conformazione “air assault” era in grado di trasportare rapidamente le sue minori unità in zona di operazioni servendosi di moderni e veloci elicotteri UH – 1 e dei Chinook CH 47 per il trasporto di mezzi pesanti e artiglierie. L’impiego degli elicotteri caratterizzerà tutto il conflitto vietnamita e risulterà di vitale importanza in un contesto ambientale e geomorfologico di grande ostacolo agli spostamenti sia appiedati che su mezzi tradizionali.
In tale ottica la dottrina d’impiego della “air cavalry” prevedeva:
- un iniziale fattore “sorpresa”, rappresentato dall’arrivo di truppe direttamente dall’alto mediante l’impiego della componente ad ala rotante;
- la possibilità di appoggiare gli sbarchi mediante il supporto di fuoco garantito da elicotteri pesantemente armati;
- il rapido afflusso di rinforzi direttamente sul campo di battaglia e la pronta evacuazione delle truppe logorate e dei feriti.
Tuttavia, alla prova dei fatti, nel corso del conflitto, contro un nemico sfuggente ed un ambiente geografico estremamente ostile, l’impiego della componente aerea avrebbe evidenziato alcune criticità rappresentate:
- dalla vulnerabilità dei mezzi al fuoco terrestre, anche di armi leggere;
- dalla necessità di individuare aree di atterraggio ( landing zone ) non troppo vicine al nemico al fine di garantire la sopravvivenza degli elicotteri;
- dalla necessità di impegnare uomini a difesa delle zone di atterraggio essendo queste ultime sempre a ridosso di un ambiente naturale che garantiva spesso l’occultamento del nemico.
- Lo scontro militare
Il 23 ottobre 1965, dopo l’incursione a Plei- Me del 19 ottobre e l’assedio patito a Duc Co da parte del 320° Reggimento nordvietnamita, il generale Westmoreland, Comandante del MACV (Military Assistence Command Vietnam), nell’ambito della strategia denominata “Search and Destroy” (Ricerca e Distruzione), ordinò alla 1^ Divisione di Cavalleria Aerea di intervenire in forze per una operazione da effettuare nella valle del fiume Ia Drang.
Si trattava di individuare le possibili basi da cui partivano le azioni dei battaglioni costituenti il 320°, il 33° e il 66° Reggimenti dell’Esercito regolare del Nord, nonché del battaglione H15 dei Vietcong, tutti giunti in Vietnam del Sud con un estenuante viaggio lungo il sentiero di Ho Chi Minh, attraverso il Laos e la Cambogia.
Dopo alcune infruttuose sortite, il Comandante della Divisione, generale Richard Knowles decise di impegnare la sua migliore unità, rappresentata dal 1° Battaglione del 7° Reggimento al comando del ten.col. Harold Moore, in una azione in profondità nella valle di Ia Drang.
L’operazione, denominata “Silver Bayonet”, ebbe inizio il 14 novembre 1965, ma, a causa della limitata disponibilità di elicotteri (solo 16 UH -1 Iroquois), i 495 effettivi del 1° battaglione dovettero essere trasportati a scaglioni, con numerose missioni dalla base di Pleiku alla zona di atterraggio (Landing zone) denominata X-Ray, una radura ai piedi del massiccio dei monti Chu Pong.
I primi uomini a sbarcare alle ore 10,45 dagli elicotteri del reparto volo al comando del Maggiore Bruce Crandall, furono i componenti della compagnia Bravo e lo stesso Harold Moore. Inizialmente gli americani non incontrarono resistenza, ma, grazie alle informazioni di un soldato nordvietnamita disertore, il ten.col. Moore venne a conoscenza della consistenza dell’avversario asserragliato proprio sui monti Chu Pong e forte di tre battaglioni (il 7°, l’ 8° e il 9°) del 66° reggimento di fanteria della 304^ divisione nordvietnamita, già distintasi a Dien Bien Phu, al comando del generale Nguyen Hu An. Inoltre, a poche ore di marcia stava sopraggiungendo il battaglione H15 dei vietcong, mentre il 320° reggimento di fanteria nordvietnamita era in marcia dal confine cambogiano a nord del fiume Ia Drang.
La battaglia si scatenò alle ore 12,45 e vide iniziali protagonisti la compagnia Bravo dislocata ai margini di X-Ray e grandi masse di fanteria nemica nel frattempo discesa dai rifugi situati sul monte Chu Pong. Gli scontri frontali assunsero subito un notevole connotato di violenza con combattimenti a distanza ravvicinata che misero in seria difficoltà la tenuta difensiva americana.
Ad aggravare la situazione contribuì l’isolamento del plotone al comando del tenente Herrick rimasto circondato al di fuori della Landing zone dopo aver incautamente inseguito un reparto nemico apparentemente in fuga. Il plotone dovrà poi combattere duramente nei successivi due giorni per evitare la completa distruzione.
Nel frattempo, nonostante le esigue disponibilità di mezzi di trasporto, anche le compagnie Alpha e Charlie riuscirono a posarsi sulla Landing zone andando così a rinforzare il dispositivo difensivo del battaglione. In tale ottica fu di estrema importanza la capacità di utilizzare gli ostacoli naturali offerti dalla conformazione del terreno e, in particolare, lo sfruttamento del letto di un torrente in secca che si rivelò un ottimo riparo per respingere le ondate di attacchi e consentì di vanificare i tentativi di accerchiamento.
D’altra parte, Harold Moore contava anche di poter sfruttare la potenza di fuoco di alcune batterie di obici da 105 mm posizionate nelle vicinanze, degli elicotteri “cannoniera” e dell’aviazione che poteva disporre, tra l’altro, dei bombardieri strategici B-52.
La preoccupazione principale del Ten.Col. Moore era però rappresentata dagli uomini del plotone isolato, ma il tentativo di disimpegnarlo con l’ausilio delle compagnie Delta e Bravo, quest’ultima giunta in rinforzo dal 2° battaglione, fallì con pesanti perdite.
Dopo due giorni di furiosi combattimenti, spesso corpo a corpo, con gli americani impegnati strenuamente ad impedire i tentativi di accerchiamento dei viet minh del generale Nguyen Hu An, il 16 novembre 1965, le numerose missioni di bombardamento effettuate dall’ Air Force e dalla componente aerea della U. S. Navy, il fuoco dell’artiglieria terrestre con l’esplosione di circa 4000 colpi e l’impiego tattico dei bombardieri B-52 sul massiccio del Chu Pong che devastarono letteralmente le retrovie nemiche, costrinsero i nordvietnamiti a rompere il contatto ed a ritirarsi verso la Cambogia.
Il ten.col. Harold Moore potè finalmente recuperare i pochi sopravvissuti del plotone rimasto isolato.
Nella battaglia, i soldati della Cavalleria aerea, pur inesperti, si dimostrarono valorosi ed efficienti combattenti, battendosi strenuamente, in condizioni difficili e su un terreno sconosciuto e ostile, contro la coriacea fanteria viet minh, infliggendo al nemico gravi perdite durante i drammatici scontri ravvicinati, senza perdere la coesione e la disciplina dei reparti.
- Epilogo
Gli scontri avvenuti nel 1965 nella provincia di Pleiku e la battaglia della valle di Ia Drang mantengono una grande importanza storica nel quadro complessivo dell’ intervento americano in Vietnam, poiché indicò alle parti in lotta la loro futura condotta in combattimento.
Ai nordvietnamiti la battaglia di Ia Drang insegnò che affrontare apertamente le unità americane voleva dire esporsi al loro tiro di artiglieria e agli attacchi dal cielo, a differenza di quello che era avvenuto con i francesi che, nel 1954, non disponevano di una simile potenza di fuoco. Da quel momento in poi le truppe di Hanoi e i vietcong, sotto la guida del generale Giap, preferirono sempre evitare gli scontri prolungati convenzionali di grandi dimensioni, a meno di esservi costretti e si affidarono quasi esclusivamente alla guerriglia, con azioni “mordi e fuggi” effettuate da piccole unità che si avvalevano della pista di Ho Chi Minh per i rifornimenti attraverso il Laos e la Cambogia e si rifugiavano rapidamente dopo ogni azione in complesse reti di bunker e tunnel sotterranei ricavati nella giungla impenetrabile del Vietnam centrale, ovvero si confondevano tra la popolazione dei villaggi. Per evitare le azioni di bombardamento i comunisti utilizzarono inoltre la tattica di “aggrapparsi alla cintura degli americani” serrando il più possibile le distanze di combattimento. In questo modo le artiglierie dello Zio Sam non potevano intervenire per il rischio del così detto “fuoco amico”.
Gli Stati Uniti dal canto loro sperimentarono, per la prima volta, con successo, il concetto di “aeromobilità” e la loro capacità di sviluppare un notevole fuoco di artiglieria e di supporto aereo in appoggio alla fanteria. L’impiego di elicotteri per il trasporto delle truppe, in un contesto di totale superiorità aerea, risultò determinante per tutto il resto del conflitto, pur in presenza delle problematiche operative sopra delineate. Peraltro le difficoltà incontrate a causa della conformazione del territorio che ben si prestava alla possibilità di attacchi di sorpresa da parte di un nemico sempre sfuggente, costrinse gli americani a non occupare mai il terreno conquistato, preferendo il rientro, dopo ogni azione, alle basi di partenza. Il successo di ogni operazione si valutava quindi non in base al terreno conquistato, ma in base al numero di perdite umane.
La battaglia della valle di Ia Drang non era però ancora conclusa, il 1° battaglione di Moore aveva fatto la sua parte e fu avvicendato dal 2° battaglione che, insieme ad altre unità, ricevette l’ordine di spingersi in profondità andando incontro ad un triste destino. I combattimenti proseguirono fino al 26 novembre 1965, ma questa è un’ altra storia.
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