SOCIO D’ONORE DELL’ISTITUTO DAL 1959 – TESSERA N° 1
La Resistenza del Friuli, iniziata l’8 settembre a Coccau è terminata ancora a Coccau il 10 maggio, quando gli ultimi reparti della Wehrmacht lasciarono il suolo italiano. A Tarvisio-Coccau la Resistenza iniziò l’8 settembre 1943 quando un battaglione della Guardia di frontiera, composto da poco più di 200 alpini agli ordini del tenente colonnello Giovanni Jon, sbarrò il passo a un reparto tedesco della forza d’invasione: nello scontro, durato ventiquattr’ore, quel primo reparto della Resistenza armata, ebbe 21 morti e 180 feriti.
La Resistenza friulana si distingue, dunque, da quella di tutte le altre regioni italiane non solo per la sua durata (8 settembre 1943-10 maggio 1945) ma anche per le seguenti altre ragioni:
1) La regione friulana era stata sottratta alla giurisdizione del governo fascista della Repubblica Sociale Italiana, e inclusa nel Litorale Adriatico, amministrato direttamente dall’autorità militare tedesca.
2) La posizione geografica determinò l’ingresso e la permanenza in Friuli di partigiani sloveni, fatto ignoto alle altre regioni italiane. A loro volta, i partigiani del Friuli, sconfinando, esportarono la resistenza in Austria.
3) La resistenza cominciò in Friuli prima e finì più tardi che in qualsiasi altra regione d’Italia.
4) Le formazioni partigiane del Friuli contarono nelle loro file soldati russi fuggiti dai campi di concentramento della vicina Austria con l’aiuto di partigiani italiani, nonché di cosacchi che avevano disertato.
5) Le rivendicazioni territoriali dei partigiani sloveni furono un grave problema politico per il movimento di liberazione friulano. I garibaldini, prevalentemente comunisti, erano infatti disposti ad assecondare le mire slovene, fieramente avversate dai partigiani delle formazioni osovane che erano apolitici, o cattolici o monarchici e che imperniavano la loro lotta sul motivo patriottico.
6) La diversità delle concezioni e dei metodi di lotta rese difficili i rapporti fra garibaldini e osovani. Questi tendevano, infatti, a limitare al massimo i danni alle popolazioni, cioè ad evitare azioni che provocassero rappresaglie e vittime innocenti. Quelli erano decisi ad agire in modo da coinvolgere nella lotta la popolazione civile, creando un solco sempre più profondo fra popolo e forze di occupazione, e accusavano gli osovani di attendismo.
7) Il carattere agricolo e montuoso del Friuli favorì una vasta partecipazione popolare
8) Un elemento di successo e di prestigio per i partigiani del Friuli fu la costituzione, nel 1944, della Zona libera della Carnia, la più vasta e la più duratura fra le poche create in Italia, e tuttavia meno nota della celebratissima Zona libera dell’Ossola.
9) Per eliminare la zona libera della Carnia, i tedeschi impiegarono un mezzo sconosciuto alle altre regioni italiane: l’occupazione della Carnia, da parte dei cosacchi e altri caucasici.
La “questione slava”, cioè il programma espansionistico sloveno, rese impossibile, nonostante i ripetuti tentativi, l’unificazione della Osoppo e della Garibaldi, ma creò problemi anche all’interno della formazione comunista. Soltanto alcuni reparti garibaldini accettarono, infatti, di passare alle dipendenze del IX Korpus sul finire del 1944, determinando un’incrinatura anche in una formazione che appariva monolitica.
La lunga durata della Resistenza friulana è ufficialmente attestata anche dal decreto del Consiglio dei ministri, che il 19 settembre 1949 attribuì al popolo friulano, e per esso alla Città di Udine, la medaglia d’oro al valor militare
«Fedele alle tradizioni dei padri, anelante a riscattarsi dalla tirannide e a rinascere a libertà, il Popolo Friulano, dopo l’8 settembre 1943, sorgeva compatto contro l’oppressione tedesca e fascista, sostenendo per 19 mesi una lotta che sa di leggenda. A domarne la resistenza, il tedesco guidava e lanciava, in disperati sforzi, orde fameliche di mercenari, mentre il livore fascista a servizio della barbarie, tradiva il generoso sangue del popolo. La fede ardente e l’indomito valore delle genti friulane vincevano sulle rappresaglie, sul terrore, sulla fame. Nelle giornate radiose dell’insurrezione, i suoi ventimila partigiani, schierati dai monti al mare, scattavano con epico eroismo per ridonare a vita ed a libertà la loro terra. Duemilaseicento morti, milleseicento feriti, settemila deportati, ventimila perseguitati che sentono ancora nello spirito le ansie e i patemi e nelle carni il bruciore delle ferite e delle torture, testimoniano il cruento e glorioso sacrificio offerto dal popolo alla madre comune, e dai roghi ardenti dei paesi distrutti si leva al cielo la sacra fiamma dell’amore per l’Italia e per la libertà».
(Settembre 1943 – Maggio 1945)