SOCIO D’ONORE DELL’ISTITUTO DAL 2007 – TESSERA N° 735
La firma dell’armistizio dell’8 settembre 1943 aveva riacceso le speranze dei cittadini di Piombino per una rapida cessazione delle ostilità, ma già la notte stessa si era verificato un primo episodio che anticipava gli eventi dei giorni successivi: un convoglio tedesco presente nel porto aveva effettuato un primo tentativo d’occupazione militare della città. La reazione da parte dei militari delle batterie di Piombino fu decisa e repentina e costrinse gli aggressori al ritiro ed alla consegna delle armi che avevano precedentemente sequestrato ai marinai italiani.
All’alba del 10 settembre infatti, alcune navi presenti davanti a Piombino, comandate dal capitano Karl Wolf Albrand, chiesero l’autorizzazione ad entrare e ad attraccare nel porto qualificandosi come navi italiane. Di fronte al rifiuto delle autorità portuali esse furono costrette ad ammettere la propria nazionalità tedesca. Il generale Cesare Maria De Vecchi, comandante della divisione costiera, impose di concedere l’accesso, nonostante le esitazioni delle autorità portuali. I tedeschi, appena sbarcati, iniziarono immediatamente a compiere atti palesemente ostili. La popolazione reagì con manifestazioni di protesta chiedendo una reazione immediata e decisa da parte dei militari e minacciando in caso contrario un’insurrezione.
La pressione sulle autorità militari italiane si fece sempre più forte e si giunse ad un punto di tensione tale che il generale Fortunato Perni ordinò ai carri armati presenti in città di aprire il fuoco a scopo intimidatorio per sciogliere la manifestazione popolare. Nonostante ciò, la popolazione continuò a manifestare e si fece promotrice di tutte le iniziative necessarie per ricostruire gli organici delle varie batterie e postazioni di artiglieria, per dare supporto ai carri armati nell’attacco contro i gruppi d’assalto tedeschi sbarcati per penetrare verso la città e verso gli impianti industriali. Contemporaneamente tra le gerarchie militari scoppiò un contrasto violento che aprì un pericoloso vuoto di potere. In questa situazione si inserì l’iniziativa dei cittadini e del Comitato di concentrazione antifascista che riuscì a rafforzare le batterie con i volontari sostenendo l’azione dei reparti corazzati con squadre di civili in armi e riuscendo a far assumere ruoli di comando determinanti ad alcuni ufficiali subalterni.
La situazione si avvicinava ad un tragico esito: da una parte si delineava con crescente chiarezza il disegno da parte dei tedeschi di occupare la città e dall’altra proseguiva la preparazione della difesa cercando di colmare le lacune dell’apparato bellico. Lo scontro a fuoco che iniziò alle 21,15 e si protrasse per alcune ore, vide operare nelle batterie i marinai, i civili ed i carri armati, affiancati sempre dai civili contro le squadre d’assalto tedesche, sbarcate a terra e dirette verso il centro della città. All’alba dell’11 settembre i tedeschi furono costretti alla resa, ma nel corso della mattinata giunse l’ordine del generale De Vecchi di liberare i tedeschi e di restituire loro le armi. Questo atto, che equivaleva alla consegna della città nelle mani del nemico, provocò immediate reazioni di protesta da parte della popolazione. Con una rapidità sconvolgente le strutture ed i comandi militari scomparvero immediatamente lasciando la città completamente abbandonata a sé stessa, senza la minima possibilità di difesa. Contemporaneamente il comando di divisione concordava la resa con i tedeschi che si impossessavano della città all’alba del 12 settembre. I protagonisti della battaglia contro i tedeschi (operai, marinai, ufficiali) si erano già ritirati nelle macchie circostanti la città e dopo poche settimane dettero vita alle prime formazioni partigiane.
Il 28 luglio 2000 il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha conferito al Comune la MOVM con la seguente motivazione:
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